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“Non è un ricalco, ma
una riproduzione fedelissima, un fac-simile”. Così veniva pubblicizzata,
verso la fine dell’800, la “penna
elettrica” inventata da Edison (immagine a sinistra), il prototipo del
ciclostile, con cui si potevano produrre migliaia di copie da un solo originale,
manoscritto o disegno.
In un normale astuccio o portapenna c’era un sottilissimo
ago di acciaio che, grazie ad un eccentrico collegato ad un minuscolo motore
elettrico sulla sommità della penna, oscillava con “rapidità meravigliosa” (circa
100 Hz) producendo una fitta serie di buchi su un adatto foglio di carta o
cartoncino (matrice). Nella News successiva
vedremo degli esempi di questa particolare scrittura, e soprattutto la sua
importanza in psicologia sperimentale; qui basterà dire che le copie si
ottenevano, una alla volta, mettendo la matrice o “foglio traforato a giorno” sopra un normale foglio bianco e passandovi
sopra un rullo inchiostrato.
Malgrado le copie fossero perfette la penna elettrica non
ebbe molto successo per il prezzo eccessivo, per l’elevato consumo di pile (richiedeva grande forza motrice) e soprattutto
per il peso (
A quest’ultimo inconveniente si cercò di porre rimedio con
un altro “foracarta”, un “moltigrafo” non più elettromeccanico ma solo
elettrico. Con un rocchetto di Ruhmkorff
si applicavano impulsi di tensione (di migliaia di volt) tra uno scrittoio
di materiale conduttore e una leggerissima “matita
voltaica” (immagine a destra). Interponendo
un sottile foglio di carta questo veniva forato ogni volta che scoccava una
scintilla.