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– Vedere voci
Alcuni anni fa assistetti ad un congresso di sordi nella grande sala della Protomoteca al Campidoglio. Mi colpì
soprattutto il fatto che il conferenziere, mi pare
Leggendo, non ricordo se prima o dopo questa esperienza,
l’eccellente libro di Oliver Sacks sui
sordomuti (Seeing voices,
traduzione italiana Vedere voci, Adelphi 1991) compresi ancora meglio non tanto l’ovvia
necessità di una visuale libera tra due sordi che comunicano, ma che in una
stanza dove stanno dei sordi l’aria, in ogni angolo, vibra di conversazioni
silenziose, di voci visive.
Leggendo Sacks linguaggio e sistema nervoso si vedono in una nuova
prospettiva, si scopre che esistono non una ma infinite lingue dei segni, che queste sono diverse dal “paralinguaggio dei gesti” e soprattutto
che l’annosa, anzi secolare contrapposizione tra metodo orale e metodo manuale
nella istruzione dei sordomuti è, come minimo, fuorviante e, come massimo,
pretestuosa. Naturalmente io, essendo normudente,
posso solo intuire le problematiche dei sordi e quindi le mie opinioni possono
esser prese solo cum grano salis.
Bell,
l’inventore del telefono,
istruttore di sordomuti e partigiano dell’oralismo (labiolettura) è stato sempre
visto come la bestia nera dei sordi,
nella quasi totalità orientati verso l’insegnamento e l’uso dei “segni” e sostenitori del, per loro, più celebre Gallaudet. C’è da dire però che Bell conosceva
benissimo anche il metodo manuale e sapeva segnare con le dita con la stessa
facilità di un sordomuto, anzi pare che usasse le dita con una grazia e una
scioltezza che affascinavano.
Non è esatto che il sordo non sente la propria voce come non
ode quella dei circostanti. Gli udenti considerano le parole principalmente
come suoni, mentre il sordo che ha imparato ad
articolarle le riguarda come azioni che nascono e si esercitano entro lui stesso. Ciò, secondo Carlo Maggiorani (medico
orientato verso il metodo orale praticato in Germania), conferisce al
linguaggio un non so che di tangibile e adatto a essere ritenuto nella
memoria.
Intervento di Pigliacampo (16.10.05):
Carissimo Gaeta,
ho molto apprezzato quel che hai scritto in questa tua
ultima New. Hai capito, in poco
tempo, quel che i "testoni"
non hanno capito in 100 anni. Tanti segreti, per
capire la lingua, il linguaggio e la comunicazione (tre distinzione da fare bene e valutare
individualmente, come facciamo con le note, per poi
riorganizzarle in un
tuo Renato Pigliacampo.