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– L’orecchio-microfono di Reis
Tanti, soprattutto dopo
William H. Vanderbilt died suddenly at his house on Fitfth-avenue
yesterdey. He is said to have been worth two hundred million of dollars.
Anche se parrà strano
questa frase di 23 parole, relativa alla morte improvvisa del magnate Vanderbilt, è stata “telefonata” e
perfettamente compresa usando il “macinino”
o “tramoggia” di Reis, che altro non erano che sensibilissimi “tasti Morse” (vedi Morse News 46, Lucidi News 41 e l’articolo
di E. J. Houston in The Electrician, July 9, 1886).
Nella sua memoria del 1860 “Sulla telefonia mediante la corrente galvanica” Reis confessa che già nel
Come racconta S. P.
Thompson in Nature del 7.6.1883 (da cui sono tratte le immagini qui riportate)
Reis crescendo maturò le
difficoltà dell’impresa, senza però riuscire a scacciare dai suoi pensieri quei
suoi vagheggiamenti giovanili. La questione cardinale era: come può un singolo strumento riprodurre le azioni totali di tutti gli
organi che cooperano nel linguaggio umano? Un giorno, per caso, gli capitò
di porsi la stessa domanda in altro modo: come può il
nostro orecchio rendersi conto (take cognizance) delle vibrazioni totali di tutti gli organi del linguaggio che operano
simultaneamente? In
altri termini, come facciamo a percepire le vibrazioni di parecchi corpi che
emettono suoni contemporaneamente?
Fu così che gli venne la genialissima idea di costruire un
microfono che utilizzasse lo stesso meccanismo (timpano, ossicini, incudine, staffa, martello, ecc.) dell’orecchio
umano. Intagliò un pezzo di quercia (immagine
al centro e a sinistra) e come timpano vi incollò un pezzo di vescica
animale su cui applicò con una goccia di ceralacca una minuscola leva (vedi dettaglio a destra) che si muoveva
in corrispondenza ai movimenti della vescica, a loro volta dipendenti dalle
rarefazioni e condensazioni dell’aria durante la fonazione o il canto.
La cosa importante era che il contatto non fosse brusco, ma
progressivo e loose. Questo l’ottenne
con delicatissime molle o, in certi modelli, utilizzando l’azione antagonista
della gravità. La forza del colpo di martello sul timpano (o più esattamente
l’inversa, dell’incudine sul martello) variava, tra l’altro, in funzione del
periodo di riposo più o meno lungo tra un colpo e un altro, quindi era in
qualche modo simile al Morse (telegrafo
acustico). Questi colpi dinamici si traducevano (o “trasducevano”) in scosse elettrofisiologiche impartite al nervo
acustico che, come è noto, ha il compito di portarli alla nostra coscienza. (Per avere un’idea, sia pur grossolana, di
questo funzionamento vedi l’animazione nella Lucidi News 22).
Con questo trasmettitore (a leva poco curvata, come nell’orecchio) Reis riuscì non solo a riprodurre melodie con stupefacente
esattezza e singole parole del parlato
(meno distintamente della lettura),
ma anche a trasmettere le inflessioni
di sorpresa, comando o interrogazione
della voce.