DA
36 – Un monumento “inaudito” (15.6.2013)
all’attenzione e alla sensibilità del Chiar.mo Prof. Oscar Belvedere
il più autorevole referente accademico sulla topografia imerese
“Diffudit sermonem,
ubi non est auditus” (Niccolò Palmeri – vedi DA
6)
Se il ponte di Daidone (vedi DA 1 e DA 2) potrebbe
sicuramente fregiarsi del titolo di “monumento
nazionale”, come ha recentemente ricordato lo storico Aldo Bacino, altrettanto potrebbe dirsi, e
soprattutto “farsi”, per i derelitti
“castelletti” termitani, sui quali
tanto, e ahinoi “inauditamente”, abbiamo
richiamato l’attenzione in questi Atomi
(a partire da AG 28 –
La città sbancata).
Il castello idraulico qui
raffigurato, il principale di Termini (sito
in via Genova), non è un ammasso di tubi, né tanto meno un “ecomostro” come qualcuno l’ha definito,
ma una testimonianza concreta, un monumento, non solo archeologico ma
soprattutto “scientifico”, della
cultura idraulica romana, perpetuata nei secoli con l’“alta ingegneria termitana”, per citare le parole di Angelo Casà, un altro concittadino sensibile alla
storia della nostra città.
Mi lusingo di credere, e non mi
stanco di ripetere, che queste “risorse”
(in senso culturale, ma anche in senso
economico!) potranno essere valorizzate solo se saranno prima studiate, poi divulgate e infine tutelate.
La prima fase potrebbe
limitarsi ad una ricostruzione di massima di qualche mappa topografica e
soprattutto altimetrica (“circuiti
idraulici”) dei principali castelli di distribuzione all’interno della
città vecchia, a cominciare dai due di via Diaz (sono certo che gli amici Giuseppe Torina e Aldo Neglia
avrebbero le competenze storico/tecniche per fare un lavoro egregio); la
seconda fase, ancora più semplice con le risorse multimediali oggi disponibili
(fotografie, pubblicistica, internet, ecc.),
potrebbe essere affidata ai giovani d’ingegno di cui Termini sicuramente
abbonda; sulla terza fase, quella della salvaguardia, la più dispendiosa,
certamente bisognerebbe investire di più. Ad esempio, per il castelletto della
foto l’ideale sarebbe una calotta trasparente che, quanto meno, arresti il
degrado dovuto agli agenti atmosferici.