56 – La magia di Edison

 

 

Due mesi dopo la presentazione americana il fonografo fu mostrato a Londra alla Society of Telegraph Engineers, al meeting del 27 febbraio 1878. Riporto e traduco un brano di Sir W. H. Preece:

“Il foglio di stagnola riceve le “impressioni” dello stilo del diaframma che vibra in risposta ai toni della voce. Essendo una sostanza cedevole, per niente elastica, le trattiene, di modo che guardando la stagnola vi si troveranno piccole intaccature (indentations), piccoli rapidi punti (dots) in linguaggio telegrafico, che in realtà, per quanto l'occhio può discernere, non sono altro che una serie di questi punti”.

Anche noi, oggi, esaminando i facsimili riportati nella News precedente, possiamo intravedere solo punti di tipo Morse, mentre le evidentissime linee continue non sono linee Morse (dash), ma hanno altra ragion d’essere. Dobbiamo però chiederci cosa diavolo sono o erano quelle stupefacenti “intaccature”: scrittura telegrafica, scrittura fonetica, onde sonore o cos’altro? Erano qualcosa di “scritto” o qualcosa di “orale”?

Per cercare di risolvere questo vero enigma, rimanendo coi piedi per terra, senza divagazioni filosofiche o “metalinguistiche”, cominciamo a farcene un’idea rivivendo, in qualche maniera, la “magia” del fonografo grazie alla magia del cinema prima e a quella di internet poi. Nell’immagine di apertura, un fotogramma del celebre film del 1940 con Spencer Tracy sulla vita di Edison (vedi anche Morse News 116), c’è un link ad un sito che contiene un breve filmato sul fonografo e quindi basta cliccarci su per rinnovare la meraviglia dei nostri antenati di 130 anni fa.

Quelle tacche, quei “segni” (o, forse meglio, “iposemi”) hanno la duplice e ibrida natura di grafemi e di fonemi, perché ospitano, per così dire, il carattere discreto della scrittura e, al contempo, quello continuo dell’orale. Inoltre presentano una stupefacente e, aggiungerei, lucidiananettezza articolatoria” (un cenno in De Mauro, 1967, cit.) proprio perché essendo costituiti solo di punti sono privi delle linee Morse, che la telelinguistica insegna essere alquanto “rumorose”.

Una riprova parziale, e comunque indiretta, di questo stato di cose viene dalla particolare “chiarezza” (clearness) con cui il fonografo pronunciava il proprio nome, nonché dal fatto probabilmente non casuale – e su cui ci sarà molto lavoro per i linguisti – che nel Morse americano la parola phonograh è costituita quasi esclusivamente di punti:

 

Intervento di Uberti (13.6.05):

Caro Gaeta, a me par di ricordare che i solchi delle prime registrazioni, compresi quelle su rulli di cera, fossero ottenuti per incisione in senso perpendicolare alla superficie del supporto e non, come più tardi nei nostri dischi, con tracciamento parallelo alla superficie stessa. Se ciò che ricordo è esatto, le intaccature erano quindi l'equivalente in profondità delle curve sul piano orizzontale a noi ben note dei solchi dei dischi.

Presumibilmente Sir W. H. Preece, che non poteva avere la nostra esperienza, interpretava gli avvallamenti e i dossi che vedeva sulla stagnola alla luce della SUA esperienza, che lo faceva ricondurre quei segni a quelli del Morse. Cordialmente. Mauro Uberti

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