GA 25 – La ridondanza poetica (13.2.2006)

Quirino Majorana – un altro “Vasco Ronchi”, per chi non lo conoscesse! – che da bambino, a Catania, aveva assistito ad una violentissima mareggiata, diceva che le onde del mare, e non quelle sonore o elettromagnetiche, sono le uniche “tangibili”, perché visibili e direttamente misurabili.

Credo che la stessa immagine possa servire per la “teorica generalissima” di Lucidi, riferita dal De Mauro (vedi AG 4), della lingua “piena di ridondanze” e che i poeti fanno “funzionare” andandovi a “ripescare” tutto quel che serve.

Questo “ripescare” può dare un’idea “statica” della ridondanza, la cui “dinamicità” o “turbolenza” si può invece rendere meglio con “rinvangare, scozzare, rimescolare, sparigliare” (vedi BU 68, BU 69 e anche “L’aratro di Pigliacampo”).

I fisici sanno che nel regime turbolento ci sono “cozzi” (e dissipazioni energetiche), mentre in quello laminare no. Chi ha letto – e, naturalmente, assimilato – la mia telelinguistica di tali cozzi turbolenti ha un chiaro esempio nella “linea Morse” (dash). Ma anche chi non l’ha letta può afferrare benissimo questo capitalissimo concetto del “cozzare” (to dash): basta che ne sia stato “disturbato” il loro quieto vivere.

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