48 – Una lettera a Gori Savellini

           Roma 5.2.96

 

           Cara professoressa Gori Savellini,

in attesa che da Palermo siano rese disponibili le lettere di (anzi a) Buccola, soprattutto per poter sciogliere i nodi relativi alla causa, al luogo e alla data della malattia di Buccola (su cui, come lei sa, abbiamo notizie contraddittorie, frammentarie e anche leggendarie, forse per indebita sovrapposizione con il dramma di Gudden e Ludwig), ho intenzione di scandagliare le biblioteche di Torino, il museo Lombroso, la vecchia sede del manicomio (se esiste ancora), con l’aiuto del prof. Barcia, uno dei discendenti di Buccola.

Infatti la Morreale nel suo saggio, da una cartolina del 9.11.1884 in cui Kraepelin, nel comunicare a Buccola di avere “iniziato” (?) la lettura della Legge del tempo, si mostra preoccupato per la salute dell’amico, ipotizza “che già durante il soggiorno in Germania Buccola abbia avuto i primi gravi segnali della malattia... il che inoltre spiegherebbe l’errata notizia della sua morte in Germania data nel dizionario dell’Hirsch”.

Come certamente ricorderà, anche lei, nella conversazione che avemmo lo scorso anno, mi mise altre “pulci nell’orecchio”: fu Gudden a fare la prima diagnosi a Gabriele, mentre un amico (chi?) lo avrebbe consigliato di tornare in Sicilia a farsi curare in una clinica di malattie nervose e mentali...

Forse qualcosa sarà chiarita dall’epistolario, ma sarebbe ugualmente opportuno poter conoscere le fonti (Garin?), almeno, di ciò che lei cortesemente e molto generosamente mi ha accennato. Anzi, a questo proposito, vengo al dunque di questa mia lettera e cioè a chiederle se Lei sarebbe disposta a concedermi un altro breve colloquio per approfondire un po’ questi temi (v. anche punti [a, j, m, n] della mia “Agenda Buccola”).

Concludo con un’ultima preghiera: il nome di Cougnet, assistente di Lombroso (che ho incontrato più volte in qualche cartolina di Morselli), Le dice niente associato a Buccola?

           La ringrazio ancora e Le porgo i miei più cordiali saluti. Andrea Gaeta

 

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