13 – Il grafotachimetro Vignini

Riporto la presentazione di un articolo di meccanica grafica di Filiberto Vignini (che si riconnette agli studi di Buccola sulla scrittura) pubblicato in Studi Grafici, fascicolo 142, Novembre – Dicembre 1958, a firma del suo direttore Giuseppe Aliprandi.

 

Nell’anno 1942, mentre il Vignini stava compilando una graduatoria delle durate dei segni stenografici, valendosi dei dati del Kaeding, dell’Aliprandi, del Boaga e di altri eminenti studiosi di meccanica grafica, si accorse, ad un certo punto, che tale graduatoria non si sarebbe potuta fare se non dopo un accurato controllo dei risultati pubblicati dai suddetti autori, e ciò per due importantissime ragioni:

1)   perché molti dati contrastavano fra loro o erano molto incerti;

2)   perché nessuno degli sperimentatori precedenti era riuscito a separare la durata del segno da quella dello stacco.

Sicché il Vignini concepì un mezzo meccanico, di cui costruì un modello nello stesso anno valendosi di mezzi di fortuna, e che battezzò “Grafotachimetro”, capace di calcolare sia la durata del segno, sia la durata dello stacco.

Fin dai primi esperimenti, però, il Vignini, impressionato dalla durata enorme degli stacchi rispetto ai segni brevi, pensò che qualche cosa non dovesse funzionare regolarmente. Le vicende della guerra distolsero poi del tutto l’autore dalla sua macchina, che scese in cantina e vi restò fino a pochi anni fa.

Ripresala in esame nel 1955, il Vignini restò nuovamente impressionato dalle spaventose durate degli stacchi, e finì con l’incolpare lo “scrittore elettro-magnetico” che, nella sua pur rapida corsa verso la “zona”, avrebbe – secondo lui – rubato traccia al segno per regalarla allo stacco.

Allora concepì il “Grafotachimetro” foto-elettrico e ne disegnò il modello. Il costo di tale mezzo è però rilevante.

Il Vignini si decise, alla fine, a riesaminare bene il problema relativo al modello elettro-meccanico 1942, e si accorse che, tranne una lieve percentuale, praticamente trascurabile, il suo “Grafotachimetro” non sbagliava; sicché, nel 1956, si decise a dare notizia della sua invenzione alle principali riviste stenografiche italiane: “Studi Grafici” (fascicolo n. 135, p. 16); “Corriere Stenografico” (n. 1-3, 1957, p. 29); “Lettere Mozze” (ottobre-novembre 1956, p. VIII); “Lettura stenografica”; “Rivista degli Stenografi”, ecc.

Fu così che ebbero inizio rilevamenti numerosi di cui diamo in questo articolo i primi risultati.

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