BE 44 – L’altra induzione (26.2.2008)

 

Dal quadro sinottico della News precedente vediamo che un elettroscopio si può caricare in tre modi. Tralasciando per il momento il terzo, quello più complicato (perché legato all’elettricità vindice e, si badi, alle sue temporizzazioni), consideriamo i primi due, relativamente più chiari.

Nel primo caso si avvicina una bacchetta di vetro al pomello dell’oscilloscopio senza toccarlo, nel secondo invece si avvicina una bacchetta di resina e si tocca il pomello. Si usa dire allora che nel primo caso si è caricato l’elettroscopio per induzione e temporaneamente, mentre nel secondo caso lo si è caricato permanentemente e per contatto o conduzione.

Il fatto che nei due casi si sono usate bacchette diverse che danno rispettivamente elettricità vitrea e resinosa è inessenziale ai fini dei fenomeni di carica. L’autore le avrà sicuramente introdotte per completezza didattica, forse senza avere piena coscienza che la spinosa e ancora irrisolta querelle scientifica tra le “teorie” dei due fluidi e del fluido unico, estromessa dal portone ufficiale dalla Scienza, continua a rientrarvi furtivamente dalle finestre. Per evitare inutili e fuorvianti complicazioni noi ci riferiremo, salvo esplicita indicazione del contrario, solo a induttori di vetro (electricity from glass).

La teoria dell’induzione elettrostatica accettata da oltre due secoli (a sinistra) è da rigettare per la sua ambiguità. È ben difficile infatti concepire che il pomello dell’oscilloscopio nell’istante del contatto (a destra) inverta radicalmente, drasticamente, qualitativamente e algebricamente la sua elettricità/polarità.

È molto più verosimile, come sostenuto da Franklin, Beccaria e Melloni, che l’elettricità, sia “indotta” che “condotta”, sia omologa ed equiripartita con quella del corpo induttore (al centro).

 

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