PO 5 – I sifoni di S. Callisto (10.10.2010)

Descrizione: C:\Users\Andrea\Immagini 2010\2010-05-12\sifoni callisto 2.jpgDescrizione: C:\Users\Andrea\Immagini dal 2007\Tufo 29 e 30.9.10\Callisto dettaglio 4.jpg

Prima che le mie ricerche storiche mi portassero al '600 (curiosamente a ritroso nel tempo: Lucidi → Buccola → Morse → Melloni → Beccaria → Poleni...) ritenevo, come presumo tutti gli italiani di cultura media, che Galilei, l’eretico per antonomasia, fosse, o fosse stato, in rotta con la Chiesa. Oggi, lo confesso candidamente, non so quali fossero i suoi “veri” nemici (rispondere “gli aristotelici” può forse appagare storici e filosofi, non certo tecnici come chi scrive), ma di certo non erano le alte sfere ecclesiastiche (cardinali e papi), presso le quali egli era introdottissimo. E i “luogotenenti” di Galilei a Roma erano uomini di pari potere, come Benedetto Castelli e il segretario di questi Evangelista Torricelli, che risiedevano nel palazzo apostolico di S. Callisto, una “dependance”, per così dire, del Vaticano (vedi CA 28).

Castelli, matematico di vaglia, si scervellava (o “ghiribizzava”, come ebbe a confidare in una famosa lettera al suo maestro Galilei) sui gravi problemi di idraulica (inondazioni, bonifiche, fortificazioni di argini, diversioni di fiumi, ecc.) che affliggevano i territori della Chiesa e nel 1628 pubblicò la celeberrima “Della misura dell’acque correnti”, opera considerata il primo trattato scientifico di idraulica e al centro – ancor oggi, dopo quattro secoli! – se non della ricerca scientifica, di certo dei dibattiti degli storici.

Quest’opera tuttavia non è stata esente da critiche, ad esempio le ricorrenti accuse di plagio degli scritti di Leonardo (ad alcuni dei quali, custoditi dai Barberini, Castelli aveva o poteva avere facile accesso) e quelle più tecniche – e spesso, per motivi comprensibili, più “in sordina” – sul merito di alcune sue deboli argomentazioni, come quella, celebre, del “qual si sia la cagione” della diversità di efflusso delle cannelle di una botte (vedi PO 2).

A tali critiche Castelli rispose, s’intende indirettamente, con una “dichiarazione” esplicativa (analogia tra corde d’acqua e trafilature dei metalli) inserita tra le righe (pag. 5) della seconda edizione (1639) del libro e con una lettera, dello stesso anno, a Mons. Ferrante Cesarini (favola della pezza senza fine di damasco che esce dalla spelonca).

Il pezzo forte però con cui Castelli tentò di rintuzzare le critiche fu un modellino idraulico che fece installare bene in vista nell’androne d’ingresso del S. Callisto, dove c’era un via vai di prelati, nobiluomini, nobildonne, scienziati (come Raffaello Maggiotti e Antonio Nardi), ingegneri (come G. B. Barattieri e P. Petronio), ecc.

Le prime descrizioni e i primi schizzi (vedi disegni a sinistra) di questa (presunta) meravigliosa macchina idraulica, per quanto allo stato mi risulta, stranamente apparvero solo circa venti anni dopo la morte di Castelli, nella terza edizione (1660, pag. 95) del suo libro e nell’“Architettura d’acque” di G. B. Barattieri (1663, pag.64).

Come si evince dalla mia ricostruzione (foto a destra) si trattava di una serie di “canne pendenti” o sifoni posti sull’orlo dell’“intestatura” (diga) di un canale (con l’acqua mantenuta sempre allo stesso livello), le cui uscite confluivano in un altro canale leggermente inclinato. Con questa prova “dilettevole ed economicaCastelli avrebbe dovuto mostrare (o svelare) chissà quale “segreto” della legge di continuità idraulica (principio che, com’è noto, è stato via via attribuito ad Archimede, Erone, Leonardo e allo stesso Castelli), corroborando anche la “dimostrazione” (rimasta manoscritta e forse incompleta) – o più semplicemente il “paralogismo” – della ben nota (agli storici della scienza) sua “seconda proposizione del secondo libro”.

Di fatto i sifoni di S. Callisto mostrano una “regola aurea” abbastanza ovvia, cioè che l’aumento di livello dell’acqua, in ogni punto del canale di raccolta, non è linearmente proporzionale alla quantità d’acqua immessa, ma è molto inferiore perché, per legge di natura, una maggiore massa idrica comporta una maggiore velocità. Con i miei esperimenti ho verificato che se con un sifone l’altezza (viva) dell’acqua è 3 mm, con quattro sifoni non è 12 mm come ci si potrebbe aspettare, ma solo 6 mm. Se le canne fossero addirittura 100, quanto pare fossero a S. Callisto, l’effetto sarebbe forse più spettacolare (il livello aumenterebbe non di 100 volte, ma soltanto di 10 volte), ma senza nulla di trascendente.

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