CA 28 – Il “castello” di Castelli (23.5.2010)

Descrizione: C:\Users\Andrea\Pictures\fontana Trastevere 2.jpg     Descrizione: C:\Users\Andrea\Pictures\fontana trastevere.jpg      Descrizione: C:\Users\Andrea\Immagini 2010\monaco Castelli 2.jpg

           Palazzo S. Callisto (a sinistra)                             Fontana S. Maria in Trastevere                   Benedetto Castelli (1577 – 1643)

 

Tempo fa, affascinato dalla lettura di quanto Poleni e Caverni scrivono sul padre Benedetto Castelli (a destra, dalla Storia dell’idraulica del Rouse), il riconosciuto fondatore dell’idraulica moderna, andai in “pellegrinaggio scientifico” all’abbazia di S. Callisto di Roma, dove Castelli visse nei primi decenni del ‘600. In particolare mi intrigavano le vicissitudini quasi romanzesche di alcuni manoscritti della “Misura dell’acqua corrente” abbandonati nella cella del frate dopo la sua morte, e su cui avremo occasione di tornare.

La chiesa e il convento di S. Callisto (o Calisto) si trovano nel cuore dell’antica Roma e sono adiacenti alla celebre chiesa di S. Maria in Trastevere (foto a sinistra), ma a causa di varie ristrutturazioni (l’ultima del 1887), non c’è più traccia o memoria né della cella di Castelli, né dei luoghi da dove s’irradiò la scienza sperimentale idraulica.

La trasferta però non fu inutile perché osservando da vicino la fontana al centro della piazza (foto al centro), della stessa epoca del Castelli, notai delle analogie con la “mostra” di Termini che possono servire a spiegare non solo il poco chiaro funzionamento idraulico (vedi CA 25) della fontana terminale dell’Acquedotto Cornelio, ma soprattutto a illustrare ai molti profani che i “castelli” d’acqua (o “castelletti”, vedi AG 28) sono, o erano, dei partitori e non dei serbatoi d’acqua.

L’acqua arriva dalla colonna montante centrale e, come si vede bene dalla foto, viene distribuita equamente ad un qualsiasi numero di utenze, che nel caso delle fontane di Trastevere e di Termini sono schematizzate da 4 cannelle leggermente inclinate (mimetizzate in teste di lupi o leoni). Ora, si badi molto bene, questo partitore può funzionare in due regimi idraulici del tutto diversi, a pressione o a stramazzo, secondo come sono dimensionate la canna di entrata e quelle di uscita. Se il livello d’acqua della conca supera quello dei tubi di uscita (vedi foto) questi lavorano “in pressione” o, come si dice in gergo, “a bocca piena”; se invece il diametro di tali canne è abbastanza grande da non permettere il riempimento della conca esse funzionano “a stramazzo”, cioè come tubi di sfioro o anche, come si dice, “a bocca scema”.

Chiarito questo, c’è un’altra cosa ugualmente, o ancora più importante: nel funzionamento in pressione nel tubo che va dal partitore all’utenza a causa della “continuità idrica si ha l’effetto sifone (vedi CA 20 e CA 23), se invece lo stesso tubo funziona a stramazzo la “discontinuità idrica”, dovuta alla compresenza di acqua e aria, interdice tale effetto sifone (vedi CA 11).

I tipici castelli idraulici romani erano a stramazzo e forse funzionava così anche la mostra di Termini, purtroppo dismessa – per non ben precisate ragioni (G. Navarra) – verso la fine dell’800. Ed è anche probabile, sulla base del dipinto di La Barbera e della vaga notizia fornitami da A. Navarra (vedi CA 25), che anticamente in cima a tale fontana ci fosse solo uno zampillo simile e funzionalmente analogo a quello della fontana di Trastevere, e non, come ritiene G. Mirabella, una statuetta della Madonna (collocatavi in tempi più recenti).

Il castello di Castelli (foto al centro) funziona invece chiaramente a pressione, ma può darsi benissimo che dietro l’espediente scenografico delle 4 conchiglie che raccolgono l’acqua dei getti sia figurata una lezione di idraulica, perché collegando le utenze a tali vasi si interromperebbe lo stesso la deleteria (vedi CA 3) continuità dei sifoni.

 

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