RE
40 – L’altro “Eureka!” (7.3.2012)
La storia della corona di Gerone
e della scoperta da parte di Archimede
della “frode
aurea” è notissima. Un orefice, che aveva avuto una massa d’oro con l’incarico
di trasformarla tutta in una corona votiva, effettivamente consegnò una
bellissima ghirlanda d’oro dell’identico peso della quantità d’oro ricevuta dal
sovrano di Siracusa, ma questi, subodorando una truffa, chiese ad Archimede di verificare se la corona era
realmente tutta d’oro massiccio.
Il geniale scienziato, com’è
noto, mentre faceva un bagno riuscì a sventare la frode e – come narra Vitruvio (vedi, per esempio, la Vita di Archimede del Mazzuchelli, da cui ho tratto l’incisione) – la sua esultanza
fu tale che, tra lo sconcerto dei presenti, uscì nudo e di corsa dalla vasca
gridando “Eureka! Eureka!” (Ho trovato! Ho trovato!). Sul come però Archimede
abbia fatto la scoperta c’è alquanta confusione (anche, anzi soprattutto, tra gli addetti ai lavori), come
ottimamente puntualizzato da Reuleaux
(Cinematica Applicata, p. 196 e sgg. – vedi RE 38 e Archive).
La bella animazione, tratta da Wikipedia, mostra chiaramente che una corona avente “in aria” lo stesso peso di una massa
d’oro (asta della bilancia orizzontale)
quando è immersa nell’acqua “perde”
parte del suo peso (asta della bilancia
inclinata) in virtù di una “spinta idrostatica”
maggiore di quella della massa d’oro (evidentemente
di minor volume). Tuttavia questa spiegazione, ineccepibile
sul piano oggettivo e sperimentale, è una tautologia scientifica o, se si
preferisce, una petizione di principio: dimostra il principio di Archimede usando …il principio di Archimede! Sembrerebbe cioè che Archimede, nel bagno, avesse scoperto il galleggiamento dei corpi
di peso specifico più basso di quello dell’acqua, cosa assurda sia perché la
navigazione esisteva dalla notte dei tempi, sia soprattutto perché nessuno
meglio di lui conosceva le formule per i volumi e i pesi dei corpi “regolari” (sfere, coni, ecc.).
L’Eureka! – osserva
acutamente Reuleaux – si riferiva invece e semplicemente al fatto che Archimede intuì come misurare il “volume” della corona. Vitruvio infatti
narra che la vasca era piena fino all’orlo e che Archimede, notando il “trabocco”
dell’acqua al momento della sua immersione, istantaneamente capì che
raccogliendola e misurandola con cura avrebbe avuto il volume del suo corpo,
nonché quello di qualsiasi altro oggetto “informe”
come, appunto, la corona.
Attenendoci all’autorevolissimo racconto di Vitruvio, e al rigore logico, Archimede
non scoprì né spinte né paradossi idrostatici, ma
semplicemente l’elevazione del livello dell’acqua. Da questo del tutto evidente “fenomeno”
– legato a vasi comunicanti, torchio
idraulico, areometro, ecc.
(e sintomaticamente omesso nell’animazione di
Wikipedia!) – egli probabilmente (purtroppo
i suoi trattati al riguardo non ci sono pervenuti…) “formalizzò” il principio che oggi porta il suo nome.