PO 20 – Una mappa ritrovata (14.12.2010)

A Roma per “marrane” (anzimarane”) e “marranelle” si intendono gli acquitrini o le acque di scolo dei “fossi” delle borgate, quelle celebrate da Pasolini o Alberto Sordi. Chi non ricorda, ad esempio, le prodezze in marrana (“Americà, facce Tarzan!”) del mitico Nando Moriconi?

C’è però una marrana “doc” che si distingue da tutte le altre per essere un vero fiume o, meglio ancora, un vero “acquedotto” che ha alimentato per almeno 8 secoli (dal 1100 al 1900 circa) una ventina di mulini, ferriere, ramiere, ecc. dislocati lungo i circa 25 km di percorso, dai “castelli” romani fino allo sbocco nel Tevere (all’altezza della Basilica di S. Maria in Cosmedin, dove c’è la celeberrima “Bocca della Verità”).

Per distinguerla dalle altre questa Marrana principale era chiamata “di S. Giovanni” (perché passava vicino S. Giovanni in Laterano, dove infatti ne sono state trovate tracce durante i lavori della linea C della Metropolitana) o anche, forse per assonanza, “dell’acqua Mariana”.

Malgrado la sua plurisecolare importanza, specie dal punto di vista idraulico, questo acquedotto, per quello che mi risulta, è stato snobbato da archeologi e ingegneri. Eppure il suo percorso, le pendenze, gli sbarramenti possono aiutare non poco a capire il funzionamento degli altri condotti più nobili (Claudio, Felice, ecc.) a fianco dei quali la Marrana scorreva. In rete si trovano sue foto al casale di Roma vecchia e a Porta Furba; altre ne presenterò anch’io, non per folklore, ma se ci potranno dare delle lezioni di idraulica.

Credo di fare cosa utile, nonché meritoria, iniziando a pubblicare una parte della “Charta topographica cursus Marranae atque Almonis” (vedi foto), enorme mappa in cartone telato (circa 500 x 120 cm) disegnata da Ernesto De Mauro nel 1871, conservata all’Accademia Britannica di Roma e rintracciata dopo un paio di mesi di ricerche – e solo grazie alla lucidità dell’emerito, e più che ottuagenario, prof. Lucos Cozza.

Dalla mappa, sapendola leggere e conoscendo bene i luoghi, si vedono un’infinità di cose. Mi limito a far rilevare il percorso in via Appia Nuova (ex strada di Albano) da piazza dei Re di Roma (ex bivio Baldinotti) a porta S. Giovanni. Naturalmente le didascalie moderne sono mie.

 

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