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– Ricordo di Mucciarelli
Di psicologie ne esistono almeno due: quella umanistica e
quella scientifica. Le facoltà italiane di psicologia sono della prima
categoria e gremitissime di studenti, qualche superstite istituto di psicologia
scientifica (come quello, alla Sapienza, accorpato ad Antropologia, e già di De
Sanctis, Ponzo e Canestrelli) è invece stranamente sempre deserto.
Quindici anni fa scoprii che una psicologia adatta alle mie
corde di uomo di scienza esisteva quando lessi la ristampa del libro del 1883
di Buccola, il Wundt italiano. Questa riedizione di
un dimenticato “classico” della psicologia italiana e la lucida riscoperta di
Buccola le dobbiamo, rispettivamente, al compianto Giuseppe Mucciarelli e a
Mucciarelli l’ho conosciuto, purtroppo non di persona ma
solo per telefono e per email, pochi mesi prima della sua morte (febbraio 2001, vedi il necrologio
ufficiale dell’università di Bologna). La mia aspirazione era che egli
mettesse a disposizione degli studiosi i miei “strumenti”
su Buccola, invece Mucciarelli, dopo averli letti e molto apprezzati, volle
pubblicarmi anche gli “spunti” su Buccola, nella
dichiarata prospettiva di un rilancio di questo autore, incompreso e osteggiato
dai suoi contemporanei e dimenticato dai posteri. Come riportato, con qualche
dettaglio, nel capitolo “Il cronoscopio
di Gaeta” in AG 13 - tenuto
doveroso conto delle integrazioni e rettifiche della precedente News -, i rapporti tra me
e Mucciarelli furono però inquinati da qualcuno che, nella primavera del 2000,
ebbe interesse e occasione di screditare il sottoscritto “inzuppando il pane”
sull’appena uscito mio pamphlet dall’invitante titolo “Il Bitnick incompreso”.
Non comprendendo, allora, il voltafaccia (da
un cordialissimo e fraterno “tu” a un freddo e imbarazzato “lei”) del mio
mancato mentore, fui indotto a scrivergli, con un moto di orgoglio d’altri
tempi, che “ragioni di opportunità, sulle
quali posso fornire ogni chiarimento, mi inducono a rinunciare, sia pure a
malincuore, all’ospitalità che Lei, forse incautamente, mi aveva accordato
nella Sua prestigiosa rivista. Gli Atomi continueranno a vivere con le loro
deboli forze e forse troveranno un alleato in Internet. Spero che la mia
decisione non Le crei (altri) problemi e che sia capita”. Ma Mucciarelli
capì (ben prima e più di me!) come erano andate le cose e nell’ultima
telefonata (4 settembre 2000) ebbe
parole paterne (“Non ti devi scusare,
Gaeta, capisco perfettamente, sono vecchio…”), mi riconfermò la sua totale
stima, mi fece gli auguri per “la battaglia del Bitnick” e vagheggiò
megaprogetti per la psicologia scientifica e per rilanciare Buccola, grazie anche al mio “lavoro
preparatorio di sicura affidabilità”.
Pochi mesi dopo Mucciarelli, e con lui le speranze mie e,
oso aggiungere, della psicologia sperimentale italiana, morirono. Stamani,
scorrendo l’ultimo numero di Physis,
la prestigiosa rivista di storia della scienza, ho avuto la dolorosa conferma
che di Buccola e di cronoscopi si continua a parlare solo filosoficamente o,
per usare una parola a cui non posso non attribuire una connotazione negativa,
“accademicamente”, come se Gli Atomi di Gaeta, come già quelli
ottocenteschi di Buccola, non esistessero.
Intervento di Gaeta (7.12.04):
Inserisco la fotografia di Giuseppe Mucciarelli
(1939 – 2001) inviatami, come promesso, dal suo allievo Prof. Roberto
Brigati, che infinitamente ringrazio.