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– Il metodo Guarnieri
T. Guarnieri
– Come si diventa telegrafisti e radiotelegrafisti (1936)
NORME PER L’INSEGNAMENTO
Recezione
Non ci siamo
proposti di introdurre un nuovo metodo per l’insegnamento della telegrafia
Morse, ma una razionale ricerca di mezzi atti ad ottenere il maggior rendimento
nell’insegnamento, con uno sforzo il più limitato possibile da parte
dell’allievo.
Sistemi di
vario genere, regole mnemoniche, macchinose tabelle con i più svariati
richiami, sono mezzi ai quali ormai si ricorre quando si vuole infliggere agli
allievi un immeritato castigo come risposta all’entusiasmo col quale si
accingono ad apprendere la radiotelegrafia con la recezione acustica dei
segnali.
Lunghi
anni di esperienza hanno dato ragione ai nostri criteri didattici, che, del
resto, non rappresentano – come ripetiamo — nulla di particolare.
Prima
condizione è quella di far conoscere ai giovani che si accingono allo studio
che la loro fatica verrà coronata da successo anche per i mediocri, purché
essi frequentino regolarmente il corso d’insegnamento. L’insegnante, deve agire
con tatto e non peccare anche involontariamente, di presunzione per quello che
sa, onde non mettere l’alunno nella condizione di pensare seriamente se
intraprendere o no il faticoso lavoro della scuola ed i pavidi si allontanano
così fin dalle prime lezioni.
Con un po’
di ottimismo che non vuole ingannare alcuno l’istruttore deve ben chiarire agli
allievi che tutti possono riuscire ad apprendere e vincere con la costanza ogni
ostacolo. È ormai noto che, salvo qualche eccezione, si può raggiungere
l’idoneità alle mansioni di radiotelegrafista ugualmente con un minore o
maggiore numero di lezioni. L’inettitudine non si manifesta alla fine o alla
metà delle lezioni ma, se del caso, all’inizio del corso stesso.
All’alunno
non si infligga la punizione di imparare subito tutto l’alfabeto Morse a
memoria nè gli si comunichi il numero dei segnali da dovere apprendere. Infine,
s’incomincino gli esercizi di recezione che inizialmente non devono superare i
cinque-dieci minuti cadauno e, allo scopo di non affaticare eccessivamente la
mente nella traduzione dei segnali, si concedano alcuni minuti di riposo.
È noto che
le prime lezioni rimangono alquanto pesanti per gli alunni. Si vedono spesso
battere le dita sul tavolo con la cadenza del segnale ricevuto in un evidente
sforzo mentale per decifrarlo e trascriverlo sulla carta.
Nei
periodi di riposo sarà facile all’insegnante parlare agli allievi di nozioni e
richiami di vario genere tanto che si potrà constatare il curioso fatto di
vedere i giovani ritornare agli esercizi di recezione con vera e propria
soddisfazione.
La prima
lezione sarà bene sia limitata ai segni corrispondenti alle lettere e, i, a, h,
t, m, o, ch e punto. Nelle lezioni successive
si può passare alle altre lettere e
cioè una per lezione o al massimo due se si tratta di corso
accelerato. Come si vede, in pochi giorni si avrà imparato l’alfabeto senza
sforzo notevole.
Il numero
delle parole, e l’ordine delle medesime, sono state studiate in modo che,
trasmesse tutte, rappresentino il quantitativo sufficiente per passare ad altro
esercizio con segni diversi.
Non si
acceleri nella velocità di trasmissione anche se qualche allievo dà segni di
impazienza per la lentezza con cui vengono trasmessi i segnali, perchè è cosa
indispensabile che tutti possano ricevere, e che nessuno incominci a omettere
la trascrizione di un solo segnale.
Una buona
base d’insegnamento lento e metodico è condizione indispensabile per la buona
riuscita del corso. Accelerando la velocità nelle prime lezioni, si corre il
rischio di vedere allontanarsi dal corso quei giovani che a torto ritengono di
non avere alcuna attitudine.
Si ricordi
che, se taluni hanno doti di spiccata prontezza di intuito nella percezione dei
segnali, non sempre riescono buoni radiotelegrafisti per il fatto che con la
medesima facilità si distraggono, o peggio seguono il contenuto cercando
d’indovinare le parole per quella istintiva curiosità che è generale, specie
all’inizio.
Coloro che
invece si potrebbero definire tardi nell’apprendere, riescono spesso buoni ed
anche ottimi perchè fin dall’inizio si abituano a ricevere macchinalmente e
trascrivono i segni senza occuparsi di altro.
Il buon
radiotelegrafista riceve macchinalmente; cioè non deve fare altro che segnare
una vicina all’altra le lettere e le cifre che arrivano all’orecchio sotto
forma di segnali acustici, senza distrarre la mente per decifrare il contenuto
del telegramma stesso.
È logico
che per impedire fin dall’inizio l’abitudine durante la recezione, sarebbe bene
trasmettere segnali combinati in modo da formare parole di nessun significato,
oppure parole in lingua straniera: ma questo porta ad un altro inconveniente e
cioè l’alunno non trovando più interessante l’insegnamento stesso, si stanca
con maggiore facilità.
Anche in
questo esiste un compromesso e cioè un po’ di trasmissione in lingua madre e un
po’ di convenuto o lingua straniera.
Gli esercizi
sono appunto combinati in modo da soddisfare l’alunno e al tempo stesso
correggono gradatamente il difetto iniziale.
La
scrittura deve essere chiara con lettere in corsivo quindi niente stampatello,
le lettere e le cifre debbono essere vicine e legate le une altre sia nelle
parole che nei gruppi di cifre.
Sin dalla
prima lezione l’insegnante dovrà insistere energicamente su questo punto,
facendo ben capire agli allievi che, specie nel linguaggio convenuto o cifrato,
una scrittura dubbia può essere fonte di gravissime conseguenze.
Si insista
soprattutto affinché siano ben distinte le u dalle n, le b dalle l,
le c dalle e, ecc. Si faccia provare a scrivere in corsivo le k, le
y e le x, lettere, che essendo poco
usate nella nostra lingua, da qualcuno vengono scritte in maiuscolo o in
stampatello il che, nella recezione veloce, porta ad un impiego di tempo assai
maggiore oltre ad una irregolarità che poi rimane difficile correggere.
È buona
regola abituare l’allievo a scrivere lo stesso numero di parole o di gruppi per
rigo, cosa importante, che rende facile, in servizio il computo delle parole
del telegramma.
Vietare la
cancellatura delle lettere o parole errate con la gomma.
Come mezzo
di scrittura, la penna non è indicata a causa del continuo movimento necessario
per intingere il pennino che fa perdere del tempo. La penna stilografica è più
adatta, ma se dotata di pennino a punta grossa, rende indecifrabile il
contenuto, specie se scritto in fretta; inoltre l’improvvisa mancanza
d’inchiostro spesso ostacola o costringe ad interrompe la recezione.
Si dia la
preferenza al lapis. Questo — bene appuntito — può consentire di scrivere
lettere piccole e chiare.
Sarà bene
che sia appuntito da ambo le parti per evitare in caso di rottura della punta,
di dover perdere del tempo per rifarla e questa precauzione è importante
durante la prova di esame.
Non si
faccia scrivere su libretti, notes o fogli di piccole dimensioni; i frequenti
capoversi distolgono ed il contenuto della trasmissione rimane ammonticchiato in
poco spazio e quindi confuso.
I soliti
quaderni, impiegati nelle scuole elementari, servono ottimamente.
Si badi
infine che sotto ai fogli esista uno spessore di carta al fine di impedire che
la scrittura rimanga deformata dalle scabrosità della superficie del tavolo o
dalla vernice di esso.
Nel
presente testo, a fianco di ogni riga degli esercizi, è segnato un numero che
indica la quantità delle lettere che compongono il rigo stesso, questo serve a
facilitare il computo dei segnali trasmessi in un minuto primo. A fianco del
numero suddetto è aggiunto spesso un altro numero preceduto dal segno + questo
invece indica il numero dei segnali di interpunzione e delle cifre contenute
nel rigo stesso che, come è noto, vengono computati doppi.
Non si
comunichi mai all’alunno la velocità di recezione che si è riscontrata. Per
appagare la sua curiosità si potrà dire di aver raggiunta una velocità un po’
inferiore a quella effettiva. Non bisogna però esagerare in questo piccolo
inganno, perchè si provocherebbe scoraggiamento ed anche diffidenza verso
l’insegnante, ciò che invece è di massima importanza per la buona riuscita del
corso.
Non
possiamo indicare dati per la velocità di trasmissione perchè questo dipende
dalle ore di insegnamento, dalla qualità degli alunni ed dalla quantità e
dall’impegno di ognuno.
Come buona
regola, per portare quasi la totalità degli alunni a buon fine, è di
trasmettere con la velocità con la quale può ricevere un alunno mediocre.
Basta
collocare qualcuno di essi nei primi banchi, seguire i movimenti delle matite e
trasmettere il segnale successivo solo quando si vede che l’alunno si accinge a
trascrivere il segno perchè da quel momento la mente è già libera.
Si tenga
presente che dopo aver raggiunta la velocità di trenta caratteri al minuto
primo non si potrà aumentare detta velocità che dopo numerose lezioni. È un
passo questo che merita la maggiore attenzione da parte dell’insegnante.
Il giovane
allievo in questo periodo trasforma nella sua memoria il segnale
costituito da punti e linee in una figura fonetica di essi,
trasformazione che è lenta e progressiva ma non consente l’aumento di velocità
nella trasmissione.
Dopo
questo periodo si può procedere gradatamente ed a ogni lezione, si constatano
dei progressi.
Concludiamo
col dire che le tante difficoltà e i tanti mezzi complicati non rappresentano
secondo noi che errori di impostazione ad un corso per radiotelegrafia perchè
tutto è più agevole e più semplice di quanto si potrebbe immaginare a
condizione però che il metodo sia razionale, uniforme e progressivo.
Un ultimo
fattore non va dimenticato ed è di massima importanza, quello della buona volontà
sia da parte degli allievi che da parte di chi è predisposto
all’insegnamento.
Trasmissione
La manipolazione del tasto richiede anch’essa speciali attenzioni. I tasti
siano collocati ad una distanza di circa
L’alunno si collochi seduto, col corpo eretto, l’avambraccio destro
perfettamente in linea col tasto leggermente appoggiato sul tavolo, quasi a
sfiorarlo. L’impugnatura del tasto deve essere fatta nel modo seguente:
— l’indice e il medio quasi
verticali sul pomello;
—
l’anulare ed il mignolo piegati in
modo da rientrare nel palmo della mano;
—
il pollice dovrà sfiorare
lateralmente il pomello, sotto il suo orlo in modo da servire di guida;
—
la pressione sul pomello dovrà
essere leggera;
—
la molla antagonista del tasto dovrà
essere pochissimo tesa.
Il tasto
dovrà esse regolato in modo che la distanza dei contatti sia almeno di due
millimetri, perchè al principio degli esercizi è bene far sentire, accentuando,
lo sforzo necessario per trasmettere ad una determinata cadenza. La
trasmissione va fatta col solo movimento della mano, procurando di lasciare i
muscoli dell’avambraccio allo stato di riposo. Questo è bene sia osservato fin
dall’inizio allo scopo di non viziare l’allievo e rendere faticosa
L’insegnante
comincerà a trasmettere qualche lettera o parola composta dei primi segni
studiati e cercherà di farla ripetere all’alunno col movimento del tasto sempre
accompagnato dal suono dell’oscillofono.
Trattandosi
di insegnamento a classi numerose si potrà procedere alla trasmissione
simultanea. I primi tentativi rimarranno infruttuosi ma ben presto si avranno
buoni risultati tanto da udire in una classe di 20 ÷ 30 allievi il picchiettare
simultaneo di tutti i tasti. Gli errori o i segnali trasmessi fuori cadenza
sono facilmente individuabili.
Il metodo
inizialmente attuato a Torino con eccellenti risultati è oggi largamente
adottato da moltissime scuole governative e private; si insiste però nel ripetere
che l’insegnamento della trasmissione collettiva avrà ottimo esito alla sola
condizione che esso sia iniziato dopo almeno venti lezioni di recezione e cioè
solo quando gli allievi avranno appreso e valutato con esattezza il legame
fonetico dei segnali.
La
trasmissione dovrà essere lenta; l’insegnante dovrà andare cauto
nell’accelerare. Non sarà mai ripetuto abbastanza che in trasmissione occorre sacrificare
la velocità alla regolarità se si vuole ottenere una perfetta trasmissione
senza vizi o modi di battere particolari tanto che alla fine del
corso tutti gli allievi trasmettano allo stesso modo.
La
trasmissione simultanea non permette però di realizzare cadenze superiori a 40 ÷
50 caratteri perciò si dovrà passare ad un secondo metodo di insegnamento
cioè quello individuale.
Si tenga
presente però che la
cadenza base rimane già impressa ugualmente per tutti, l’accelerazione potrà
apportare delle imperfezioni individuali ma di poca entità.
Naturalmente
questo metodo è ottimo se l’insegnante possiede la qualità di buon
trasmettitore; in caso diverso, i difetti di esso verrebbero ad aggiungersi a
quelli che di per se stesso crea in seguito l’allievo.
Se si
dispone di un Morsofono, sarà bene impiegarlo in sostituzione della
trasmissione manuale, perchè con esso la cadenza è perfetta. La trasmissione
automatica non è possibile, e quindi efficace, se non dopo aver raggiunta la
cadenza di almeno 35 caratteri.
Cicalini.
— Viene ancora usato il cicalino
come generatore acustico dei segnali. Questi organi si sregolano facilmente,
variano la nota musicale emessa ed anche, a causa dei suono che assomiglia a
quello generato dalle onde tipo B (smorzate) non più usate, si prestano poco
all’uso.
Oscillofoni.
— Assai migliori
dei cicalini sono gli oscillofoni alimentati con corrente continua. Essi
emettono una nota musicale continua e costante ed è più gradita all’orecchio di
quella emessa dai cicalini. La frequenza acustica che sembra dare maggior
gradimento è quella di 700 ÷ 800 periodi al m” corrispondente alle note
musicali sol e la sopra i righi.
Per quanto
riguarda gli oscillofoni alimentati integralmente dalla corrente alternata non
diamo consigli di effettuarne la costruzione se non si è dotati di buone
qualità tecniche e pratica di montaggio. Essi presentano l’inconveniente di far
variare la nota durante i segnali lunghi e
di far sentire il colpo di lamina prodotto dal tasto. La
recezione rimane così assai fastidiosa. Questo è dovuto al fatto che, col
variare l’intensità di corrente alle valvole si produce al tempo stesso un
abbassamento di tensione e da questo la variazione della nota emessa.
Inserendo
il tasto nel circuito di uscita si ha spesso anche l’inconveniente di procurare
permanentemente un rumore di fondo residuo dovuto all’effetto capacitivo
prodotto dai cordoncini che partono dal tasto stesso.
Altoparlante.
— Qualsiasi
altoparlante si presta allo scopo, esso deve funzionare con potenza tale da
poter essere udito in tutta l’aula.
Alle prime
lezioni, quando l’orecchio dell’alunno è duro, è necessario impiegare
grandi intensità di suono, ma in seguito occorrerà ridurlo gradatamente fino a
portarlo al limite puramente necessario.
Cuffia.
— La recezione con
la cuffia si presenta migliore che con l’altoparlante perchè l’allievo rimane
più raccolto e la mente non viene distratta dai rumori esterni. L’intensità dei
segnali deve giungere alle cuffie moderatamente e questo si può ottenere
mediante l’inserzione di un potenziometro nel circuito delle cuffie stesse.
Tale
potenziometro viene poi regolato a volontà dall’istruttore.
Per
l’insegnamento individuale, a coppie, è consigliabile il semplice schema in
testa all’articolo.
Intervento
di Dragoni
(21.6.04)
La ringrazio
moltissimo per i numerosi e interessanti articoli di cui mi fa cortese omaggio.