43 – Le malizie carcerarie
Il famoso Manuale di Polizia Giudiziaria di Hans Gross (Torino 1906, ma qui cito anche dalle
edizioni francese e tedesca del 1899), da cui è tratta l’immagine di apertura di questa News,
è una miniera di notizie sulla criminologia scientifica e, in particolare,
sulle “malizie carcerarie” di lombrosiana memoria. Tra queste sono per noi
particolarmente interessanti quelle dei mezzi di comunicazione in prigione.
“Contrariamente a quel che si crede, questa sorta di
corrispondenza carceraria per quanto di necessità frammentaria, ridotta, ha
tuttavia molta importanza per i detenuti, e a loro basta a comunicarsi quello
che vi può essere di più importante per combinare la loro difesa, per stabilire
l’alibi, trovar testimoni, far sparire le tracce del delitto…: è quanto basta per sottrarre alla giustizia punitiva i più
temibili e recidivi criminali.
Tutte le nostre carceri, per chi abbia orecchie da udire,
risuonano notte e giorno, nelle celle e nelle passeggiate “all’aria” di frasi,
di parole, di cifre, di suoni inarticolati… E le risposte non si fanno
aspettare; il che prova che tutti questi rumori sono stati compresi, altrimenti
questo sistema non si continuerebbe, tanto
metodicamente.
Si raccontano in proposito cose
straordinarie: quando i detenuti cantano o fischiano non bisogna soltanto
rallegrarsi del loro buon umore: spesso il canto è in stretto rapporto col loro
delitto o col loro processo. In una prigione erano chiusi due ebrei che erano molto
devoti e cantavano dei salmi tutti i giorni; ma la cosa strana era che non
cantavano mai contemporaneamente, apparentemente per non disturbarsi l’un l
Il sistema detto “Hakesen”, cioè comunicazioni con l’aiuto di colpi battuti su un
oggetto, ha avuto una così enorme diffusione che si sono dovute costruire
apposite carceri in modo da poterne evitare i deplorevoli effetti: nelle
carceri di Weimar
si sono appesi sonori pendoli nei corridoi per disturbare le comunicazioni; in
altre si costruirono celle con triplice parete, dette celle schek.
Avé-Lallemant
sostiene poi che al giorno d’oggi, nelle prigioni, si
impiega quasi sempre il sistema del telegrafo Morse.
Si sa che questo sistema rappresenta le lettere dell
Se si considera il numero di persone che, all
Gross precisa che non ha avuto mai l
Spesso, si dice, i prigionieri chiusi allo stesso piano comunicano tra loro nel seguente modo. Si coricano a ventre piatto per terra, e parlano lentamente e
distintamente sul pavimento. Se l
È certo che è possibile corrispondere così: si ricordi a
quali distanze incredibili si sente il rumore del cannone, il galoppo di
cavalli, il passo degli uomini, ecc. quando si pone l