121 – Il battente di Matteucci
Qualche lettore forse ricorderà il commutatore “a catenaccio” (Pierucci) accennato nella Morse News 104. Il Matteucci, ne “Il Nuovo Cimento”,
1855, p. 160, e nell’edizione del
1861 del suo Manuale di Telegrafia, p.
350, ne fornisce qualche altro interessante particolare.
Dopo una velata critica al telegrafo
che il celebre Bonelli,
direttore dei telegrafi di Sardegna, installava a bordo delle locomotive, Matteucci prospetta una sua soluzione per il collegamento
durante la marcia del treno (con una linea aerea laterale e una
spazzola-pantografo sulla carrozza telegrafica; migliorando la messa a terra
delle rotaie; ecc.) e, quel che più interessa, ci ragguaglia sulla linea
sperimentale a circuito chiuso Siena-Poggibonsi, da lui installata dal 1850 e da allora
funzionante egregiamente.
Dopo aver provato commutatori di diversa forma, tra cui
ovviamente appunto quello “a catenaccio”, il più semplice e affidabile si è
rivelato una specie di grosso tasto Morse o martello
battiporta (più o meno come il battente
del disegno). La comunicazione è stabilita dal contatto della testa del
martello sopra una specie di incudine e il compito del
casellante si limita ad alzare e indi far ricadere il martello, dando così tanti colpi
sull’incudine quante sono le unità del numero che designa il suo casello (o casotto).
Con questo sistema elementare, se ho ben capito, in tutte le
stazioni della linea si monitorava, diciamo in real time, la corsa dei treni e si sapeva da
quale casotto il treno era passato. Finita la corsa gli
indici degli strumenti delle stazioni estreme, se il “sincronismo” era mantenuto, tornavano al punto di partenza dopo
aver compiuto un giro completo (diviso in
5 settori, uno per ogni casotto).
Per avere segnalazioni supplementari, aggiunge Matteucci, sarebbero occorsi ferrovieri-telegrafisti, abili e intelligenti, e soprattutto casotti trasformati in vere e proprie stazioni telegrafiche, munite di pila e di terra (quindi non il semplice circuito chiuso con i commutatori in serie), e soprattutto personale in grado di assicurare la manutenzione delle pile che, specie in regime permanente, si alterano in continuazione e se ne deve sorvegliare l’andamento.
Matteucci sottolinea
anche che per regolare il movimento dei treni è pericoloso affidarsi unicamente
al telegrafo.