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16 – Melloni secondo Luvini (23.1.2007)
Scoprire
una verità e comunicarla al pubblico è solo la metà dell’opera. Per renderla
feconda bisogna che essa sia adottata dalle generazioni presenti e future che ne
devono trarre, prima o poi, tutto il partito di cui essa è suscettibile. E per
questo non basta stamparla. In realtà vi sono mille casi di osservazioni
ingegnose, che contengono i germi delle più importanti scoperte e che per
secoli sono rimasti poi dimenticati nella polvere delle biblioteche. Bisogna
anche saper presentare l’idea sotto il suo vero punto di vista, variarne la
forma, riprenderla a proposito, ripeterla spesso, finché gli autori dei
trattati destinati all’istruzione pubblica non l’abbiano inserita nelle loro
opere, perché è là che si trovano inseriti i risultati generalmente ammessi e
possono servire come punto di partenza per altre scoperte.
Questo brano di Macedonio Melloni, credo dell’introduzione della Termocrosi, è drammaticamente vero:
finché i nomi di Buccola, di Lucidi o dello stesso Melloni non entreranno nei libri di
testo le loro idee ammuffiranno nelle biblioteche. A quanto mi risulta la scoperta, o il teorema fondamentale
dell’induzione elettrostatica di Melloni,
entrò soltanto nel Trattato di Fisica
di Giovanni Luvini, pubblicato nello
stesso anno della clamorosa scoperta (1854).
Peraltro l’autore se ne pentì subito (come
lui stesso ebbe a confessare venticinque anni dopo) e nelle numerose
edizioni successive di tale Trattato
della teoria melloniana non c’è più traccia. Sperando di fare cosa utile alle
attuali generazioni di fisici, e avvertendo al contempo che l’apparente
semplicità inganna, la riporto così come appare nel testo del Luvini (pag. 262).
Tutti questi fatti dell’elettrizzamento
per induzione spiegansi nella vecchia teoria dell’induzione elettro-statica
ammettendo che l’elettricità della sfera scomponga il fluido neutro o naturale
del cilindro, attraendo verso l’estremità più vicina il fluido di nome
contrario, e respingendo verso l’altra estremità, se il cilindro è isolato, o
nel suolo, se col suolo comunica, il fluido di diverso nome.
Dissi nella vecchia teoria, poiché recentemente il più volte citato Melloni,
in uno degli ultimi lavori della sua vita, ha dimostrato che l’elettricità
libera ed agente sui pendolini del cilindro, tanto all’una che all’altra delle
sue estremità, è dello stesso nome che quella della sfera. Infatti, se invece
di indagare la natura di questa elettricità col piano di prova, o con altri corpi
sottoposti, durante la sperienza, all’influenza
dell’elettricità della sfera, la quale viene a complicare il fenomeno, si
sottragga a questa influenza il corpo analizzatore, come ha fatto Melloni, si verrà tosto in chiaro della
verità enunciata. Si sottrae un corpo all’influenza di un
altro frapponendo tra i due corpi una lastra conduttrice comunicante col
suolo. Ecco una delle disposizioni delle sperienze di
Melloni. In vece del cilindro della sperienza
precedente, si lascino solamente le sue teste B, C (vedi figura) comunicanti per una lastra
o spranga conduttrice. Supponendo il cilindro isolato e sotto l’influenza di
una sfera elettrizzata A, si vedranno divergere i due pendoli di cui sono munite le
teste del cilindro. Prendasi ora una verga coibente elettrizzata e si accosti
contemporaneamente ad ambedue i pendolini. Questi verranno tutti e due attratti
se la verga ha un’elettricità contraria a quella della sfera, respinti nel caso
contrario. Questo fatto prova evidentemente che l’elettricità libera e mobile,
od agente, alle estremità del cilindro è della stessa natura di quella della
sfera. Come dunque spiegare le indicazioni della bilancia di Coulomb e degli altri mezzi elettroscopici a questo riguardo? Melloni ne suggerisce la via.
L’elettricità della sfera agisce per induzione
sull’elettricità di nome contrario del cilindro; l’attira parzialmente verso di
sé e l’accumula maggiormente sulle parti del cilindro più vicine alla sfera.
Questa elettricità rimane ivi accumulata allo stato latente o dissimulato.
L’elettricità del cilindro, omologa a quella della sfera, non più trattenuta
dall’elettricità contraria, rimane libera e si diffonde su tutto il cilindro,
divenendo sensibile, e accumulandosi più verso le estremità conformemente alle
leggi della distribuzione del fluido elettrico sulla superficie de’ corpi
conduttori. Quindi ancorché sull’estremità del cilindro più vicina alla sfera
vi sia realmente più di elettricità contraria a quella della sfera, che
dell’altra omologa a quella della sfera, essendo nondimeno tale elettricità
dissimulata, l’altra soltanto rimane sensibile. Portando il piano di prova in
contatto con questa estremità del cilindro, esso caricasi di ambedue le
elettricità, della dissimulata cioè e della sensibile, nella stessa proporzione
secondo cui esse trovansi ivi accumulate. Finché il piano di prova rimarrà
sotto l’influenza della sfera, la sola elettricità omologa a quella della sfera
sarà su di esso sensibile, ma allontanandolo
per portarlo ad agire sulla bilancia, le due elettricità tenderanno a
neutralizzarsi; rimarrà però sempre un eccesso di elettricità libera di nome
contrario a quella della sfera. Se il piano di prova si fosse portato
sull’estremità opposta del cilindro, l’elettricità che sarebbe sul medesimo in
eccesso sarebbe quella omologa all’elettricità della sfera.