ME
11 – Striscia la notizia (16.1.2007)
Per documentarmi sulla storia dell’elettrotecnica
in Italia ho sfogliato, tra l’altro, le varie edizioni, una ventina dal 1890 al 1970 circa, pubblicate dalla
Hoepli, del
Corso teorico-pratico di Elettrotecnica
e de Il Montatore Elettricista
dell’ing. Edoardo Barni,
e la Guida pratica per la posa in opera
di Suonerie, Telefoni, Parafulmini di Umberto
Zeda (1904).
Ne stralcio brevissimi brani relativi alla polarità e alla direzione della
corrente, si badi attentamente, “continua”.
Seguendo la regola convenzionale
degli elettricisti di mandare sempre al “bottone”
(pulsante o interruttore) il polo
positivo le riparazioni vengono assai
facilitate, potendo in un punto qualunque dell’impianto conoscere i poli senza
seguire i fili fino alla pila.
Vi sono diversi modi per determinare
la direzione della corrente in un conduttore. Il primo è quello della regola di Ampere dell’omino che vede
l’ago di una bussola deviare a destra o a sinistra (accennato nella News
precedente). Un secondo metodo sperimentale consiste
nell’immergere le estremità dei fili di rame denudati di cui si ricerca la
polarità entro una soluzione di solfato di rame o di acqua acidulata:
il polo positivo si corrode, il negativo si ingrossa di un deposito di rame. Un
terzo sistema consiste nell’usare dei pezzetti di carta con una soluzione
concentrata di ioduro potassico: strisciando su questa carta umida
l’estremità del filo, munita di un’appendice di ferro (un chiodo) il polo positivo lascia sulla carta una striscia decisa.
Questa carta si trova in commercio sotto il nome di carta reagente di Wilke: inumidita di un
po’ di saliva e sfregandovi il polo negativo dà un’intensa colorazione rossa.
Anche la carta cianografica blu può
servire da reagente.
La polarità si può riconoscere anche
inserendo nel circuito una lampada ad
arco e togliendola dopo pochi minuti: il carbone positivo rimane più acceso
e si spegne per ultimo.
Infine si può usare un cercapoli (vedi
immagine), un tubetto di vetro riempito di un liquido reagente, che viene decomposto al passaggio della corrente, il che provoca
una colorazione differente nelle due asticine.
Richiamo l’attenzione sul sistema di “notifica” chimica sulla
“striscia” di carta, analogo a
quello del telegrafo di Bain, che abbiamo già incontrato (vedi AG 20)
e sul quale dovremo tornare (in AG 21).