ME
1 – Macedonio Melloni telegrafista (1.1.2007)
Pubblico oggi, sia on line che in edizione cartacea, il fascicolo 20 della mia collana Gli Atomi, il primo di una serie che intendo
dedicare all’elettrotecnica, alla sua storia e ai suoi veri pionieri,
specialmente al danese Oersted e
all’italiano Macedonio Melloni.
Parallelamente a tale programma editoriale
diffonderò (ad una mailing list via via aggiornata) una serie di agili schede, le Melloni News, di cui la presente è appunto la
prima.
Poiché lo scopo di questa News è unicamente quello di presentare il Melloni nelle inedite vesti di “telegrafista”
o “elettricista”, titoli un tempo riservati ai dotti che si intendevano di “elettricismo applicato”, mi limito a riportare la
copertina (vedi sopra) e
l’introduzione (vedi sotto) del
menzionato fascicolo (AG 20),
sperando di invogliare alla lettura approfondita dei testi melloniani.
Aggiungo solo che l’elettrotecnica, come ho “scoperto” da una dozzina d’anni, non è nata nelle aule di fisica o nei
gabinetti scientifici, ma nelle stazioni del telegrafo, cioè negli uffici
postali (vedi AG 7, p. 4).
Questo Atomo AG
20
è uno strumento di lavoro
– non di semplice consultazione – per poter studiare l’opera di Macedonio Melloni, lo scienziato
italiano che nel 1834 fu insignito
della medaglia Rumford,
il “premio Nobel” dell’ottocento, e
si acquistò, senza purtroppo poterla mantenere, fama europea non inferiore a
quella di Volta, Faraday o Newton.
In rete è abbastanza semplice trovare notizie
biografiche di Melloni, cominciando
per esempio dalle pagine
web di
Invece, purtroppo, manca
una raccolta delle numerose opere del Melloni,
disperse in riviste di difficilissima reperibilità o addirittura introvabili,
ad esempio Il Progresso delle scienze,
delle lettere e delle arti, edita a Napoli per una trentina d’anni a metà
ottocento (spero che gli storici Federico
Di Trocchio e Marta Fattori, che
ho cercato di sensibilizzare al problema, possano scovarne qualche copia). Cinquant’anni fa c’è stata, sì, la ristampa anastatica, a
tiratura limitatissima, della melloniana Termocrosi, o “colorazione del calore”, ma fu solo
un libro celebrativo, oserei dire una strenna senza utilità scientifica –
anche, e forse soprattutto, perché in francese.
Il risultato, un po’
paradossale, di questo stato di cose è che del Melloni forse si conoscono più le carte private che le
pubblicazioni, sintomo eloquente che la scienza ufficiale dà per scontate, e
quindi svaluta e banalizza, le geniali scoperte del Melloni “termologo”
o “meteorologo” (G. Imbò),
e ignora del tutto, o peggio disconosce, i suoi ancora più importanti, a
giudizio di chi scrive, contributi di “elettricismo”, quelli che il Nostro fece in tempo a licenziare prima di incappare negli “artigli del colera”.
In questo Atomo vengono allora recuperati, anzi
riscoperti, tali scritti, e precisamente: sul parafulmine, sull’induzione
laterale (fenomeno da cui ebbe poi
origine il moderno concetto di autoinduzione),
sulla velocità delle correnti elettriche (nei
fili telegrafici), sull’induzione elettrostatica (e sull’elettricità
all’epoca detta “dissimulata”) e su
un elettroscopio di nuova concezione.
Come appendice vengono anche riesumate alcune pagine coeve (relazioni accademiche e necrologi) utilissime a lumeggiare la
statura di Melloni, gli ostracismi
dei molti detrattori e le incomprensioni degli stessi fedelissimi, come il Nobile o il Volpicelli,
che – essendo “fisici” e non “elettricisti”, vale a dire “telegrafisti” o, come diremmo oggi, “elettrotecnici” o “ingegneri” – travisarono il nuovo, o presunto, “Teorema
fondamentale sull’induzione elettrostatica” di Melloni.