MA 2 – Il segreto
dell’arrotino (21.4.2007)
Lo studio della macchina umana – ivi compresa, Buccola docet, la sfera psichica – non solo non può prescindere da quello della
cinematica degli infiniti “meccanismi”
che l’uomo ha inventato, ma soprattutto può trarre profitto dalle altrettanto
infinite analogie impiantabili. Questo discorso vale, in particolare, per le
macchine diciamo “elementari” in cui
c’è simbiosi, interazione e “collaborazione”
tra l’uomo e il mezzo.
Le biciclette, le automobiline a pedali (chi se le ricorda?), le macchine da
cucire, i carrelli usati dai guardalinee ferroviari o telegrafici, il “baromotore” di Boserian (vedi immagini),
sono alcuni degli innumerevoli esempi in cui la macchina umana e la “macchina” tout court fanno corpo unico.
L’esempio più semplice, e al contempo più
eloquente, è però quello dell’arrotino, “accoppiamento”
cinematico uomo-macchina derivante dal primordiale tornio a pedale, in cui una
corda o correggia lega e collega una stanga o pedale con una pertica elastica (in alto, nell’illustrazione), dopo aver
fatto uno o due giri sul “pezzo” da
tornire.
È questa corda o “tirante”, che nei vecchi trattati veniva chiamata anche “nervo”, il trait d’union
tra l’organo conduttore o “movente” e
l’organo condotto o “cedente”, cioè
tra il piede e la mola. Il movimento della stanga è alternativo, e soprattutto
lento; quello della mola è continuo, veloce e soprattutto bidirezionale, perché la ruota, superando facilmente i punti
morti grazie alla sua inerzia, può girare in entrambi i versi, a “volontà” dell’arrotino.
Il “link”
dell’arrotino, che solo apparentemente, o comunque solo parzialmente, si badi
bene, assomiglia al sistema rigido biella-manovella,
è la chiave di volta per cominciare a risolvere l’enigma del “motore di Pegna” (vedi ME 9).
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