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– La mano nuda
Egregio Luccio (e p. c. Chiarissimo De Mauro e cari accademici),
perdurando l’insensibilità
generale di voi intellettuali, Il segno tecnificato.
Poiché io La ritengo uno
psicologo non gregario (donde “l’egregio”) e il più vicino, tra quelli
che conosco direttamente, al mondo di Buccola,
mi prendo l’ardire di indirizzarLe questo terzo capitolo, La mano nuda, che era saltato dalla suddetta non programmata “pubblicazione clandestina e a puntate”.
(P.S. – Per non
appesantire questa email allego solo a lei il capitolo in formato Word,
enormemente più efficace per
(P. S. – Poiché credo che
(anche) l’amico Luccio non riceva le
mie mail o le cestini senza leggerle qualche suo collega potrebbe cortesemente inoltrargli
la presente)
3. La mano nuda
“I muscoli
della mano sono quelli più psichici” e N.
Vaschide – il Buccola francese,
morto anche lui giovanissimo e quasi ignorato – lo dimostra sin
dall’atteggiamento della sua mano nella foto che apre la sua opera principale, Psychologie de la main, pubblicata
postuma nel
Stando a contatto con i malati Vaschide scoprì bene la differenza tra sensibilità di contatto e sensibilità di pressione
della mano. I muscoli della mano che scrive, che telegrafa, che suona
strumenti, che stenografa, che dattiloscrive e che funziona per infiniti altri compiti possiedono una sensazione tutta
particolare per
Un grande capitolo di psicologia sperimentale è
stato scritto grazie alle reazioni della mano, soprattutto nell’atto dello
scrivere, che esige non solo una certa coordinazione motrice, ma un’abilità (skill)
tutta particolare. La mano tutta intera si trasforma in un apparecchio
unico. Certi malati scrivono bene a matita e male a penna: essa rende al malato
lo stesso servizio che la stampella rende allo storpio. Il modo di afferrare la matita poi,
soprattutto se è corta, è diverso da quello di afferrare la penna.
Vaschide, che ha curato (ad esempio col “guidamano”
della Morse News 6) ogni sorta di “follia muscolare” (contratture,
afasie, agrafie, dislessie, ecc.), non conosce alcun caso di crampo dei dattilografi, forse
perché qui la mano gioca un ruolo automatico e non modella nulla, né subisce
alcuna modificazione subcosciente come nella manoscrittura.
La mano che scrive nuda – anche se a rigore essa è pur sempre munita o “armata” di penna[1]
– è magistralmente studiata anche da C.
Vogt, E. Javal (per i quali
rimando a Fonti on line e AG 11) e A. Bertillon[2],
il fondatore dell’antropometria
giudiziaria, che, forse per primo, capì che non bisogna attaccarsi o limitarsi alla forma
più o meno geometrica o più o meno elegante della pagina scritta, come si fa in
grafologia, o all’opposizione estetica, o calligrafica, dei filetti e dei pieni alla quale lo scrittore, con più o meno sforzo volontario, si
conforma. Bisogna cercare invece di risalire ai movimenti fatti all’atto della redazione,
stesura o, letteralmente, “tessitura” del testo.
La posizione di corpo, avambraccio, polso, dita e
poi la pressione o forza muscolare soprattutto di indice e pollice sul
portapenna sono essenziali, come in telegrafia, per regolare l’asteggio o la
pendenza generale della scrittura e in particolare del famoso (almeno in altri tempi!) e pur misterioso
“colpo di penna” (stroke, coup de plume). Per produrre una lettera completa servono in media 5
colpi di penna e, ovviamente,
altrettanti stacchi o “levate di penna” dal foglio che ha appena ricevuto l’inchiostro.
Questi “grafismi”,
queste minuzie un tempo studiate da schiere di inventori di sistemi
stenografici alla ricerca della miglior scrittura se non della “scrittura dell’avvenire”, custodiscono
gelosamente un segreto, anch’esso un tempo cercato da molti fisiologi, e cioè
quello della “memoria organica” di Hering[3]
e, specialmente, di Buccola[4].
Se nell’atto della scrittura la penna è come se ripassasse su un percorso o ductus,
quasi “fonograficamente”[5]
immagazzinato nel cervello, tuttavia per un falsario, anche il più smaliziato,
il colpo di penna è il “carattere”
più difficile da imitare, per il semplice fatto che si tratta di una “scossa muscolare” involontaria e non “consegnata”, né consegnabile, alla
pagina.
“La mano, scrive Heidegger (vedi Cap. 4), è l’elemento essenziale e distintivo dell’uomo. Solo un essere che,
come l’uomo, ha la parola, può e deve
avere
[1] Si leggano, ad esempio, le acute osservazioni dello stenografo Bonfigli reperibili nelle mie Fonti on line.
[2] A. Bertillon, La comparaison des écritures et l’identification graphique. Revue Scientifique, 1897-98.
[3] Vedi E. Tanzi e E. Lugaro, Trattato delle malattie mentali, Milano 1905, p. 158.
[4] G. Buccola, La memoria organica nel meccanismo della scrittura (vedi Fonti on line).
[5] J. M. Guyau, La memoria e il fonografo (vedi Fonti on line).