74
– L’orma della parola
Caro Gambarara (e
p. c. Chiarissimo De Mauro e cari
accademici),
da circa un mese, come
ricorderà, ho pronto l’opuscolo Il segno tecnificato.
Non solo non riesco a trovare
un accademico “all’altezza” o con
mezza giornata libera per revisionarmi il tutto, ma addirittura quei pochi
riscontri automatici che ogni tanto mi pervenivano da qualcuno di voi
continuano a diradarsi sempre di più a misura che io centellino (costretto da
questo surreale stato di cose) la pubblicazione dei vari capitoli ed
“elemosino” un po’ di attenzione per il mio sudatissimo lavoro.
Non voglio fare la
vittima, né mi ritengo un “genio incompreso” (semmai un “inventore
incompreso”), però ritengo senza alcun dubbio un genio Mario Lucidi, il
dimenticato e sottovalutato (anche da Lei!) maestro che ha formato,
direttamente o meno, schiere di linguisti della “scuola romana”.
Dopo De Mauro
(Cap. 1, 2, 4), Dragoni (Cap. 5) e Di
Trocchio (Cap. 6) tocca a Lei l’“onore”, diciamo così, di essere il “primo
destinatario” del Cap. 7, il più importante dell’opera.
Lei privatamente mi ha
lasciato intendere di non aver chiuso (alla Morcellini!) la finestra di
attenzione ai miei lavori. Mi auguro di non aver frainteso. Gaeta
(P.S. – Per non appesantire
questa email allego solo a lei il capitolo in formato Word, enormemente più
efficace per
7. L’orma
della parola
Possiamo sintetizzare i concetti sin qui esposti
impostando la proporzione che costituisce il leit motiv di questo Atomo
e che presto estenderemo anche al rapporto tra segno non tecnificato e segno tecnificato (iposema):
Edison 1 (1877) : Edison 2 (1888) = Fonografo (mod. vert.) : Logografo (mod. orizz.)
Per cercare di colmare o rischiarare quella zona d’ombra, di una decina d’anni[1], tra il “fuoco di paglia” o l’euforia del primo fonografo[2] e l’inizio vero e proprio, cioè scientifico, della riproduzione sonora – che si svilupperà e si reincanalerà nell’alveo o, letteralmente, nel solco tracciato dai primi logografi – bisogna, per prima cosa, capire bene cos’era l’Edison primario, ossia il fonografo per antonomasia.
Uso di proposito l’attributo “primario”, e non semplicemente “primo”, per rimarcare la primitività o primordialità di questo apparato, la cui sconcertante semplicità o
apparente banalità – paragonabile a quella del telefono a cordicella, di cui, peraltro, il fonografo è un
derivato – balza evidente da questo gioco scientifico d’altri tempi:
Si tratta di una
variante della notissima raganella (crecelle, cricket, rattle, ecc.) con cui
si trastullavano i bambini (nel periodo
di Pasqua, in certi paesi): una qualsiasi ruota dentata (anche di legno, cartone, plastica, ecc.)
battendo un ostacolo flessibile (anche un
cartoncino) produce dei suoni la cui “musicalità”
veniva studiata dai fisici in una versione un po’ più scientifica, la ruota di Savart (seconda e terza figura).
Ora, se il profilo di questa ruota invece di avere denti regolari ha i “dentelli” di Edison (vedi Lucidi News 56 e 57), voilà, abbiamo un fonografo! Ma come si fa a mettere queste tacche ai bordi di una ruota? Ecco come fece Edison, nella prima descrizione del fonografo (di E. H. Johnson, Scientific American, 17 Nov. 1877).
Il geniale inventore applicò un piccolo cesello o punzone[3],
come quello ingrandito all’inizio di questo capitolo[4],
sul fondo di un cilindro A identico
al “trasmettitore” di un telefono a cordicella (un bicchiere di plastica va benissimo)
in modo che questi intaccasse una zona di carta scorrevole (come nella Morse a secco), piegata a /\ per essere cedevole ai “colpi” del cesello. Le deformazioni plastiche subite dalla carta servivano a “restituire i colpi” ad un bicchiere “ricevitore” B identico
al primo. Il passaggio poi dalla striscia di carta a un foglio di stagnola su
un cilindro è intuitivo.
Il fonografo allora non
conserva né vibrazioni sonore, né ductus, né “segnali”, ma soltanto orme, tracce, impronte
come quelle di passi su fango o neve[5].
Le vocali “fonografate”[6]
presentate all’inizio del capitolo sono una conferma dell’essenza del
fonografo: la lavorazione a sbalzo di un materiale duttile sotto i colpi della
parola.
[1] Grosso modo dal 1878-1888, l’epoca della fulgida attività di Gabriele Buccola.
[2] La ressa e la curiosità della gente era tale che una volta stava per crollare un pavimento!
[3] Si badi bene a non confondere questo indenting o embossing con l’engraving di grammofoni, logografi, Edison secondario, ecc. in cui lo stilo è incisore e asporta trucioli di cera dai cilindri, come nel tornio:
[4] Da Engineering, 8 marzo 1878 (il martello l’ho aggiunto io, per chiarezza didattica).
[5] Su impronte e grafismi si leggano i lavori di Javal (Fonti on line) e Vignini (Buccola News 51).
[6] P. Frazer, Examination of
the Phonograph Record under the Microscope”, Engineer, 24 Maggio 1878.