72 – “Marianna, come stai?”

  

 

Nel XVIII° secolo si sviluppò grande interesse per gli automi. Furono costruiti giocatori di scacchi, uccellini canori e infiniti altri dispositivi meccanici non solo per il divertimento delle corti europee, ma anche per elevazione culturale. Verso la fine del secolo l’interesse si indirizzò sul linguaggio umano, anche grazie a un concorso indetto dall’Accademia Imperiale di San Pietroburgo per una ricerca sulla natura delle vocali. Un premio fu assegnato al prof. Kratzenstein che costruì una serie di tubi che, applicati al mantice di un organo, imitavano con tollerabile accuratezza, grazie ad ance vibranti come quelle del clarinetto, i cinque suoni vocalici. Tralasciando gli infiniti tentativi successivi (Kempelen, Willis, Wheatstone, Rush, Reale, ecc.) citiamo soltanto la “meravigliosa” macchina parlante del prof. Faber di Vienna, che fu esibita a Londra nel 1846 e poi, verso il 1880, perfezionata dal nipote, al teatro Houdinì di Parigi (vedi immagini).

Questa macchina cercava di imitare gli organi umani del linguaggio ed era perciò complicatissima: una massa di meccanismi intricati, leve, mantici e pulegge, che conferivano un’aura di sovrannaturalità alle molte parole e frasi emesse. Consisteva di tre parti: un mantice a pedale per creare la corrente d’aria, un “tratto vocale” e un sistema di leve di comando come un pianoforte. Labbra e lingua erano di caucciù. Una specie di mulino a vento creava il ronzio o rullo della lettera R. Sapeva parlare in varie lingue, e in italiano educatamente chiedeva con tono uniforme: “Marianna, come stai?”.

 

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