14 – Il glossografo Gentilli

   

Il marchingegno qui raffigurato (da Elektrotechnische Zeitschrift, luglio 1882) era la versione meccanica, presentata alla Società Elettrotecnica di Lipsia il 23 maggio 1882, del “glossografo” che Amedeo Gentilli, un geniale ingegnere di Udine, aveva derivato da uno strano apparecchio di Züppinger (1870) per scrivere (con un “poligrafo” a 6 leve, vedi esempio a destra), mediante levette o “tamburelli trasmettitori” di Marey messi in bocca (vedi esempio in Lucidi News 13) tutto ciò che un oratore diceva, o uno stenografo “glossografista”, con questa specie di “dentiera mobile” in bocca, ripeteva sottovoce.

“Il Glossografo è l’unico strumento basato sulla fisiologia della parola perché registra automaticamente tutti i caratteri essenziali dei suoni e si distingue dal Fonografo nel fatto che mentre quest’ultimo incide le onde sonore in una materia plastica e le riproduce facendo vibrare un timpano, il Glossografo registra le funzioni dell’articolazione, cioè i movimenti della lingua e delle labbra e indirettamente anche quelli delle corde vocali e della respirazione. Il Fonografo non parla che all’orecchio, essendo la sua scrittura talmente microscopica che nessuno potrebbe decifrarla, il Glossografo invece fornisce segni visibilissimi, di facile interpretazione”.

“Due sottilissime leve, una posteriore per i suoni gutturali e una anteriore per i palatali, sono governate dalla lingua, due altre dalle labbra, un’ala viene agitata dal fiato e un interruttore è messo in azione dalle vibrazioni dei suoni nasali. Si tratta di una rivoluzione dell’arte stenografica e l’ingegner Gentilli sta perfezionando l’apparecchio per ottenere segni alfabetici invece di segni convenzionali”.

Un’altra applicazione del glossografo avrebbe potuto essere, sulla scorta del Visible Speech di A. G. Bell, l’istruzione dei sordomuti: “Vari fisiologi si sono presi molta pena nell’inventare un sistema di notazione illustrativo del meccanismo del linguaggio, ma i loro segni erano puramente convenzionali e non fecero altro che gravare inutilmente la memoria. I segni del glossografo invece non sono convenzionali, ma rappresentano l’immagine più diretta e immediata di tutti gli elementi del suono articolato, sono veramente il linguaggio visibile. Ammesso che un glossografista possa ripetere, mentre ascolta, il discorso di un oratore per trascriverlo col sistema Gentilli, la lettura dello stenoscritto importerebbe tale una perdita di tempo, tale una fatica di interpretazione che non ne varrebbe la pena: mentre nei segni stenografici non l’analisi fonetica dei suoni si vuole, ma la sintesi morfologica, e soprattutto logica, della parola”. Gli apparati stenografici a tastiera (nei quali con una ingegnosa disposizione si possono riprodurre in una sola volta delle intere sillabe a guisa di accordo) non si sono diffusi perché la preparazione mentale per trovare l’aggruppamento conveniente dei tasti faceva quasi perdere il tempo guadagnato nel fare l’aggruppamento medesimo.

Per la registrazione automatica della parola vi sono due metodi, l’acustico e il meccanico. I segni tracciati acusticamente sono geroglifici illeggibili anche ingrandendoli. Val la pena procurarsi la chiave di questa “scrittura naturale”. Sul sistema stenografico usato finora, basato più sul modo di abbreviare la scrittura mercè il massimo numero di omissioni che su quello di seguirla, il glossografo ha il vantaggio di non richiedere alcuna tensione di mente e di non costare alcuna fatica (impaccio minimo). L’oratore ovviamente, per motivi estetici, non può tenere l’apparecchio in bocca, ma lo terrà un apposito impiegato che ripeterà a bassa voce le sue parole, poiché ciò basta alla produzione intelligibile dei segnali non avendo la voce, sull’apparato, influenza alcuna.

(vedi L’educazione dei sordomuti, 1910, 1911 e 1912, articoli del Gentilli, dell’istruttore dei sordomuti Brovelli e del fisiologo Saffiotti).

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