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2 – Un filosofo mancato (3.1.2006)
Chi è senza peccato scagli la prima pietra! Devo confessare,
a puro titolo di curiosità, che uno dei primi dirizzoni l’ho preso a 25 anni,
quando, verso il 1967 o il 1968, stavo per “imbarcarmi
tra i filosofi”, su consiglio, mi pare di ricordare, di Santino Caramella. Questi, intravedendo
forse in qualche mio scritto speculativo anche del rigore scientifico, mi fece
conoscere o mi mise in contatto con un celebre filosofo “ingegnere”, Roberto Pavese.
Il pensiero di questo prolifico autore – Logica sintetica, atomo integrale (vedi
schema) e della Prima Essenza, monadi, fase depotenziante e ripotenziante,
processo produttore di forme, metapsichica, ecc. – fece tanta presa su di
me che durante il servizio militare a Mestre andai a trovare il Pavese, che abitava a Venezia. Ricordo
le aspre discussioni scientifiche (poi
proseguite per lettera e l’estate dopo nella sua villa di Agordo) con quel
vecchio scorbutico filosofo che pur apprezzando la mia fervida immaginazione e
forse invidiando la mente fertile di un giovane, non tollerava le critiche di
un pivello e gli attacchi demolitori al sistema che aveva con passione
costruito, diceva, per oltre dieci lustri.
Pavese morì poco dopo, senza lasciare,
credo, molta orma di sé e forse anche col rimpianto di non aver potuto
addomesticare l’unico discepolo, ma “apostata”,
che era riuscito a formare. Naturalmente gli devo molto, ma la mia strada – che
dopo mi portò a incontrare ben altri giganti – non era la filosofia!