La memoria organica

nel

meccanismo della scrittura

 

Ricerche sperimentali

Rivista di Filosofia Scientifica, 1882

(Le parti evidenziate in giallo sono state aggiunte neLa legge del tempo nei fenomeni del pensiero”)

 

I.

Se i tessuti viventi, ed in ispecial modo la sostanza nervosa, non avessero il carattere di conservare e di riprodurre le attività funzionali già sperimentate, non potremmo comprendere il meccanismo di qualsiasi fenomeno biologico. Le fibre muscolari si contraggono e dànno luogo ai vari e molteplici movimenti, i tubi nervosi si prestano alla trasmissione degli stimoli, e le cellule gangliari sentono, percepiscono e trasformano gli eccitamenti di senso in impulsi motori coordinati, solo perché nei muscoli, nei nervi e nei centri nervosi esiste una proprietà fondamentale che diciamo memoria, per la quale si riproducono quei dati processi fisico-chimici avvenuti nella tessitura anatomica degli organi, accompagnandosi nello stesso tempo ai processi funzionali corrispondenti. In diversa maniera è difficile od impossibile, ad esempio, rendersi conto della mirabile perfezione che si manifesta nei movimenti acquisiti, detti anche azioni automatiche secondarie, e nei movimenti di gran parte del mondo animale, che ci sembrano spontanei e primitivi. Nell’uno e nell’altro caso è la memoria che agisce, ora per l’esperienza dell’individuo, ed ora per l’esperienza della specie trasmessa e conservata dalle leggi universali e ineluttabili di eredità. Il bambino che apprende lentamente e con sforzi ripetuti e penosi a muovere i primi passi, e poi raggiunge siffatta capacità motrice che i suoi muscoli si contraggono e compiono il proprio lavoro con automatismo sorprendente; l'ape che spinta da abitudini congenite costruisce con le leggi della simmetria la più estetica le sue cellette, che sembrano un miracolo di natura, e il ragno che tesse la sua tela esilissima con l'intreccio meraviglioso e sapiente di fili innumerevoli, sono i più belli episodi della memoria nel grande poema della vita.

Il campo che oggi la psicologia assegna alla memoria è immensamente esteso e contiene nel suo grembo tutti i fenomeni della vita, dalla contrazione del muscolo all'associazione delle idee. Come i nostri movimenti volontari raffigurerebbero sempre atti goffi e mal destri, se a ciascun gruppo muscolare dovessimo col concorso della coscienza impartire questo o quell'altro impulso volitivo, ossia se i centri nervosi che presiedono al moto non avessero una memoria; così, a dire dell'Hering, la nostra facoltà di percezione rimarrebbe sempre in uno stato di sviluppo assai basso e quasi rudimentale, se dovessimo ogni volta costruire coscientemente le singole percezioni con gli elementi che ci vengono forniti dagli organi dei sensi, ossia se i centri percettivi, analogamente ai centri motori, non serbassero memoria delle loro attività funzionali. Lo stesso vale per qualsiasi processo psichico.

Descrivere quindi la memoria come una facoltà dello spirito è un errore della vecchia psicologia, che si compiaceva nella creazione di tipi; credere che la memoria sia un ricettacolo, in cui le immagini e le idee si trovano accumulate e disposte in varie categorie, è una contraddizione alle prove cotidiane che ci somministra la biologia. La memoria rappresenta l'aspetto psicologico della persistenza dell'energia; e come niuna manifestazione di forza va perduta nel mondo fisico, così niuna impressione o eccitamento che opera sopra un tessuto vivente sparisce del tutto. La memoria infine, ed è questa la dottrina fondamentale della psicologia contemporanea, più che un fatto particolare della coscienza, è un fatto di natura biologica, o, per meglio dire, è un attributo dell'incosciente, che è la vera base della personalità animale. La memoria veramente psichica costituisce nella storia dell'individuo e della specie una piccola parte rispetto al dominio estesissimo della memoria generale ed organica, in cui è scomparsa quasi del tutto ogni partecipazione della coscienza[1].

Un esempio evidente di memoria organica ci offre la scrittura, la quale appartiene alla categoria delle azioni che l'Hartley chiamò automatiche secondarie, per distinguerle dalle azioni automatiche primitive o congenite. La scrittura, come il linguaggio parlato ed il linguaggio mimico, è un atto psicofisiologico, col quale traduconsi all'esterno gli stati di coscienza. Ma se i movimenti mimici del volto hanno dei caratteri innati, il suono vocale ed il segno grafico invece sono un prodotto dell'esercizio, dell'esperienza, e ad essi si conviene opportunamente il nome di riflessi acquisiti, o per usare la frase del Bain, di acquisizioni meccaniche.

Io non voglio posso discutere sull'origine della scrittura che noi oggi adoperiamo, cioè la scrittura fonetica, e molto meno toccare la grave questione, dirò così, etnologica che vi si collega. Tutti sappiamo, per citare le due forme più classiche, che mentre nella scrittura semitica le lettere sono allineate in senso centripeto, nella scrittura aryana, che è la nostra, pur conservandosi la medesima disposizione delle linee, le quali stanno l'una sopra l'altra, le lettere invece hanno una direzione centrifuga per rispetto all'asse del corpo. O in altre parole, la scrittura semitica è di adduzione, la nostra di abduzione. Il tal caso l'ordinamento delle lettere e la direzione delle linee dipende da leggi fisiologiche, da necessità di struttura e di conformazione anatomica, o non sono piuttosto, come sostiene il Vogt, effetto di cause esterne differenti[2]? Quest'ultime, a giudizio del sommo antropologo, in epoche assai remote spiegarono la loro influenza sui primi uomini, e, sebbene possano sembrare scomparse, hanno in forza dell'eredità e dell'abitudine conservato nei discendenti la maniera particolare nella formazione dei segni grafici. Certo è, per non impigliarci in così difficile argomento, che la scrittura centripeta, stando ai fatti più immediati, è propria delle razze inferiori, e che nelle razze alte non solo il modo di esprimere graficamente i propri pensieri, ma tutte o quasi tutte le operazioni manuali, nelle quali si richiede facilità, precisione, eleganza, sono compiute con movimenti centrifughi, e sembra che nella evoluzione fisiologica delle funzioni motrici i movimenti dei muscoli abduttori abbiano ottenuto il predominio sopra quelli degli adduttori. Quindi la scrittura in senso centrifugo per noi deve essere stimata quale un fatto naturale e, come suol dirsi, più conforme allo scopo, a causa della maggior libertà dei movimenti che il braccio, per riguardo all'asse del corpo, acquista rivolgendosi verso l'esterno. ciò vale solo pel braccio destro, ma anche pel sinistro; e i fisiologi han potuto dimostrarlo con la cosiddetta "scrittura a specchio" o "litografica", la quale si osserva nei fanciulli che imparano le prime volte a tracciare segni grafici, e più specialmente e con maggiore evidenza in talune persone adulte obbligate a scrivere con la mano sinistra, avendo la paralisi reso inerte la metà destra del corpo.

Ma dove e come si formano le immagini delle singole lettere e perciò delle parole scritte?

Quivi l'analisi fisiologica è riescita a decifrare il meccanismo di questi fenomeni estremamente complessi.

Senza dubbio chi regola i movimenti della scrittura presso tutti i popoli è l'emisfero cerebrale sinistro, il quale, come è noto, presiede anche alla funzione del linguaggio. Una connessione intima, dimostrabile più che altro dalla patologia, passa tra il linguaggio e la scrittura, che rappresentano in fondo due fasi di un medesimo processo psicofisiologico. Mentre il linguaggio nel suo schema fondamentale è costituito da imagini acustiche, sia di natura sensoria che motrice, cioè da imagini di eccitamenti sonori che entrano nel cervello per mezzo dell'udito e da imagini dei movimenti necessari alla formazione coordinata dei suoni, nella scrittura invece troviamo delle imagini visive anch'esse sotto l'aspetto del senso e del movimento: ossia, il meccanismo mnemonico della parola scritta ha doppia sorgente, essendo composto dalla memoria dei segni scritti come complesso di percezioni visive e dalla memoria dei segni scritti come forme di movimento. Le abitudini ereditate di generazione in generazione hanno fatto si che noi dopo un certo periodo di vita e quindi di esperimento, giungiamo senza difficoltà a stabilire una perfetta equivalenza tra le imagini visive della parola scritta e le imagini acustiche della parola parlata; e poichè il linguaggio fonetico nella evoluzione individuale precede la scrittura, si può quasi sicuramente affermare che l'uso universale di scrivere con la mano destra deve anzitutto la sua origine alla funzione del linguaggio, che ha sede ben definita nell'emisfero sinistro del cervello. Pertanto l'ipotesi dell'Erlenmeyer, secondo la quale noi siamo cerebro-sinistri perchè siamo mano-destri, scambia la causa per l'effetto; e molto meno poi ci sembra conforme al vero l'opinione del medesimo autore, che vorrebbe far dipendere il predominio della destra nelle operazioni manuali da ciò che la nostra scrittura va da sinistra verso destra[3]. La prevalenza della mano destra in tutti i movimenti dell'uomo, e che pur si osserva negli animali più affini all'uomo, come le scimmie, deve avere cause organiche, alla cui costituzione concorsero e concorrono tuttavia l'eredità e l'arte educativa: anzi, secondo alcuni, coteste cagioni consisterebbero nello sviluppo embrionale più sollecito dell'emisfero sinistro, che ammesso dal Gratiolet fu però posteriormente dall'Ecker e dal Vogt, nel maggior peso assoluto e relativo del medesimo emisfero, le cui circonvoluzioni frontali hanno una morfologia più complicata, e nella copia maggiore di onda sanguigna che vi accorre dalle arterie.

Per noi sta il fatto che nell'emisfero sinistro devesi trovare la sede principale della formazione delle lettere e che la genesi della parola grafica richiede, come notammo, due condizioni: una serie di eccitamenti luminosi, che per mezzo dell'organo della visione si recano ai centri cerebrali e vi perdurano sotto forme di imagini sensorie, ed una serie simultanea di impressioni muscolari, dipendenti dalla funzionalità degli apparecchi motori dell'avambraccio, della mano e delle dita, che anch'esse si organizzano nel cervello sotto forma di imagini motrici. Senz'altro modo non potrebbesi formare nella nostra mente la rappresentazione dello spazio figurato. La ripetizione poi e l'esercizio valgono a rendere queste imagini non solo permanenti, ma ad associarle intimamente fra di esse e quasi a fonderle insieme, di guisa che nel prodursi dell'immagine visiva della lettera o della parola scritta si sveglia nello stesso tempo la corrispettiva imagine motrice: onde prima di segnare sulla carta il simbolo grafico noi abbiamo una visione interna della figura della lettera o della parola, che, integrandola, rivestiamo con la memoria di quei movimenti vari e complessi, alla cui esecuzione, dapprima con grande sforzo di volontà e dispendio di energia muscolare, ci ha abituati l'esperienza tutte le volte che dovevamo tradurre con segni sensibili le nostre idee. Così tra la parte sensoria e la parte motrice nel fenomeno della scrittura si stabilisce tale intimità di legami e di rapporti che è quasi impossibile distinguere le due fasi del processo: solo il fatto patologico, che è un esperimento delicatissimo della natura, giunge a scomporre nei suoi elementi costitutivi il linguaggio fonetico e il linguaggio scritto.

Ora, se ben si noti, le imagini visive e motrici, che troviamo nel meccanismo mentale della scrittura, e che hanno, come dicemmo, origine diversa, presentano alcuni caratteri particolari, che ci aiuteranno moltissimo alla ricerca definitiva della sede organica.

Gli eccitamenti ottici, che servono di base alle imagini sensorie, sono binoculari, e però, secondo le prove anatomiche e fisiologiche, debbono interessare le cellule psichiche dei due emisferi; ma la memoria dei movimenti, coi quali componiamo lo spazio figurato, non ha sorgente doppia, poichè qui entrano solamente in campo i movimenti dell'arto destro, che stanno sotto l'esclusiva dipendenza della metà sinistra del cervello. Ciò importa, come fa notare il Vogt, che la rappresentazione della forma delle lettere, per abitudine già ereditata e per associazione già divenuta organica tra l'immagine visiva e l'imagine motrice, deve compiersi prevalentemente nell'emisfero sinistro; mentre tutto quello che si riferisce alla rappresentazione della distanza fra le singole lettere aggruppate in parole, del collegamento mutuo delle parole e del modo con cui sono dirette le linee, deve aver luogo nei due emisferi in proporzione di gran lunga maggiore del primo caso. Una prova evidentissima ne è fornita dalla esperienza comune, nella quale chiudendo gli occhi noi siamo in grado di scrivere esattamente con la mano destra: però se la forma delle lettere rimane integra, o meglio se l'espressione grafica di ogni lettera non soffre alcun cambiamento nei filetti, nei tratti arcuati e nelle aste, invece le commissure tra le parole, gli intervalli che separano una lettera dall'altra od una parola dall'altra e la direzione delle linee rivelano incertezza e talvolta confusione, che non possono avere altra causa se non la mancanza della visione binoculare. Ciò non toglie che con lungo esercizio non si possa vincere questa difficoltà fisiologica. Tuttavia nell'emisfero destro, sebbene l'abitudine e l'esperienza ne abbiano scemato la compartecipazione all'uso quotidiano dello scrivere, esiste, direi quasi, la capacità funzionale grafica: moltissimi scrivono, quantunque difficilmente, con la mano sinistra e ad occhi chiusi e, quel che è di più, i paralitici dal lato destro possono scrivere con l'altra mano e con agevolezza. Se non che dobbiamo fare una distinzione di non lieve interesse: mentre noi in cui è integro il potere funzionale dei due emisferi del cervello, è persistente l'efficacia dell'educazione acquisita ed è viva la memoria dei segni grafici tracciati dalla mano destra, volendo scrivere con la sinistra non facciamo altro che sforzare i muscoli dell'arto a rappresentarci in modo sensibile le imagini visive interne nella forma e nella direzione, con le quali furono sempre rivestite dall'altra mano, e quindi eseguiamo uno scritto di adduzione; nei paralitici, per contrario, le imagini mnemoniche dei movimenti muscolari della mano destra essendo scomparse del tutto nell'emisfero sinistro del cervello per la lesione morbosa che ha dato luogo alla paralisi, ed essendosi in cambio conservate nell'emisfero destro, avverrà che i muscoli dell'arto sinistro, nel proiettare l'immagine, eseguiranno un movimento centrifugo identico a quello che avrebbe fatto l'arto destro, e l'imagine visiva, rispetto all'apprezzamento ordinario della scrittura, sarà tracciata a rovescio. Il perché è semplicissimo: l'impressione dei movimenti di un arto si conserva pure nell'emisfero dello stesso lato, ma sotto forma rovesciata. Se con la mano destra compio come nella scrittura comune una serie di movimenti centrifughi, nel mio emisfero cerebrale omonimo perdura la memoria di questi movimenti; e quando esso deve entrare da solo e necessariamente in funzione, è naturale che provocherà la contrazione di quei muscoli dell'arto sinistro che sono i corrispondenti dei muscoli del lato destro, e i movimenti consecutivi, simmetrici sempre rispetto all'asse del corpo, avverranno in linea centrifuga: allora la scrittura in tali condizioni apparirà capovolta. Questo fenomeno singolare, che incontrasi spesso e con la massima chiarezza nei casi patologici, dove per alterazioni profonde dell'emisfero sinistro è annullata la memoria motrice e sono resi inefficaci gli effetti dell'esperienza e dell'attenzione volontaria, avviene pure nel dominio fisiologico; e il Vogt con lunga serie di esperienze ha potuto dimostrare che nelle persone sane, malgrado persista la funzione simultanea e, soggiungeremo, perturbatrice dell'emisfero sinistro del cervello, la scrittura litografica è la scrittura normale della mano sinistra, specialmente quando si elimina l'influenza del senso della vista con la chiusura degli occhi[4]. Sopra di me stesso e d’altri ho constatato che ad occhi chiusi la scrittura rovesciata con la mano sinistra è più facile, più spedita e più estetica della scrittura normale eseguita in direzione centripeta (da sinistra a destra) con la stessa mano. I fanciulli in modo particolare, come osserva il Buchwald, scrivono quasi incoscientemente in forma litografica con la mano sinistra, e vi spiegano un'abilità come nella scrittura usuale compiuta con la destra[5]. E non è raro il caso di fanciulli che, sollecitati a scrivere il proprio nome con la sinistra e a collocare, non senza sforzo di attenzione e lentezza, le lettere nella stessa maniera che nella scrittura normale, riescano a fare dei movimenti centrifughi e quindi una scrittura litografica appena si esige che la parola venga tracciata con una certa celerità. Son pochi però gli individui che non verghino lo scritto con la mano sinistra nella medesima direzione e forma che vien data allo scritto con la destra, e non siamo capaci contemporaneamente di vergare segni grafici rovesciati con la mano sinistra. È un fenomeno il quale non può interpretarsi se non ammettendo che, per lunga e inveterata abitudine di scrivere, la memoria motrice delle lettere e delle parole è così tenacemente organizzata da esercitare uno sforzo incosciente sui muscoli dell'arto sinistro, ottenendo che i movimenti grafici compiano una scrittura della stessa forma e direzione di quella eseguita con la mano destra. E quando in uno di questi individui avviene la perdita del braccio destro per una causa traumatica o per un processo morboso qualsiasi, può l'arto sinistro supplirlo mirabilmente nell'esercizio dello scrivere; di cui ora, avendone considerato per sommi capi l'aspetto psicofisiologico generale, credo opportuno, per intendere meglio lo scopo delle mie ricerche, ricordare ciò che riguarda il lato puramente estrinseco della esecuzione dei movimenti.

Ed invero a chi è poco esperto negli studi fisiologici parrà semplice e tutt'affatto naturale il meccanismo motore della scrittura; per contrario esso è complicatissimo, e basti pensare al grande numero di muscoli che prendono parte all'atto dello scrivere, ai nervi che conducono l'energia motrice, la quale si dirama uniformemente e con somma regolarità dai centri nervosi, e più che altro alle contrazioni armoniche degli apparecchi di movimento.

Gli studi recenti, come per la funzione del linguaggio, hanno messo in chiaro le condizioni meccaniche della scrittura, e la scienza oggi è in grado di svelarne i più minuti particolari.

Nessuno ignora l'attitudine generale che assumono l'avambraccio, la mano e le dita nell'atto dello scrivere: come del pari tutti conoscono la posizione alquanto obliqua che d'ordinario diamo al nostro foglio di carta, in cui la linea diagonale, tirata dall'angolo superiore di destra all'angolo inferiore disinnesta, riesce quasi perpendicolare al tavolo di sostegno.

Nell'esecuzione meccanica della scrittura dobbiamo distinguere vari punti di appoggio: uno, che è fondamentale e della massima importanza, è collocato nell'antibraccio e in special modo nella regione del gomito, un altro risiede sul lato esterno della mano o sul margine ulnare dell'ultima falange del dito mignolo, ed un terzo, assai debole, trovasi sulla punta della penna scrivente. Il primo è stabile, perché nei movimenti progressivi della scrittura costituisce una specie di pernio intorno al quale si muove il segmento che gli sta innanzi fino alla punta della penna disegnando un arco di cerchio: gli altri due invece sono mobili, per la ragione semplicissima che partecipano agli esercizi grafici. Ma se l'avambraccio non poggia per intiero, allora il punto fermo del pendolo scrivente corrisponde a quella parte che riposa sul margine della tavola: nondimeno qualunque sia il punto fermo, per legge fisica noi dobbiamo scrivere nella direzione di un arco di cerchio, il cui raggio ha una lunghezza eguale alla linea che dall'apice della penna va fino al punto stabile dell'avambraccio. La scrittura naturale quindi deve essere foggiata in maniera circolare; e se spesso, o quasi sempre, non riesciamo a farla arcuata, egli è perché nell'uso comune adoperiamo fogli di carta assai stretta, in cui non apparisce la curvatura che devono assumere i segni grafici e per cui l'esperienza ripetuta ed acquistata col senso visivo e muscolare ci ha educato, col concorso simultaneo di qualche piccolo spostamento del braccio, anche nel tracciare linee non troppo brevi, a correggere le deviazioni fisiologiche dei movimenti a pendolo ed a collocare, più che possibile, le parole in linea diritta, cioè in una linea parallela al margine orizzontale della carta. Però la rapidità e, diciamo pure, la regolarità della scrittura, è favorita grandemente quando il gomito agisce da centro, ed è alcun poco impedita se trasportiamo più in basso il punto fermo: infatti nel primo caso la rotazione dell'avambraccio si fa grado a grado e le parole possono essere scritte l'una dopo l'altra senza dispendio di tempo, mentre nel secondo caso si è costretti, durante i movimenti progressivi della penna lungo la linea di scrittura, a spostare l'antibraccio, la qual cosa è causa di ritardo.

Tutta questa parte materiale dello scrivere è piuttosto generica: ciò che costituisce la natura specifica del fenomeno fisiologico che vogliamo studiare è la formazione delle singole lettere, ossia la formazione degli elementi onde si compone ciascuna lettera, nella quale come è noto vanno considerati il filetto, il corpo o tratto fondamentale ed i segmenti curvi o archi.

Il filetto decorre in linea diritta: è prodotto da un movimento semplicissimo di estensione, cui partecipano il muscolo estensore comune delle dita, quello proprio dell'indice e gli interossei, dai quali dipendono i movimenti della seconda e della terza falange del dito medio e dell'indice nel cui mezzo è collocata la penna. Oltre a ciò, siccome il pollice, nella positura abituale dello scrivere, esercita una lieve pressione sulla penna e segue nella scrittura l'estensione delle altre due dita, così è necessario che la sua ultima falange, già flessa, sia distesa dal muscolo lungo estensore, e nello stesso tempo il pollice fa un piccolo movimento di adduzione per opera di un altro muscolo speciale. In tal modo la mano scrivente può tracciare una linea sottilissima, che è il filetto.

Il corpo, che anch'esso decorre in modo diritto e forma sulla carta, dall'alto in basso un tratto più o meno grosso, dipende da una serie di movimenti di flessione. Nella scrittura di lettere piccole si contraggono il flessore profondo delle dita, che fa piegare l'ultima falange dell'indice e del medio, e il flessore lungo del pollice; ma quando devono essere disegnate lettere maiuscole, nelle quali sono richiesti movimenti più larghi, vi partecipa anche la mano per opera del muscolo flessore radiale del carpo. L'Erlenmeyer soggiunge che talvolta si contrae il flessore superficiale delle dita, specialmente in coloro che nello scrivere mantengono una posizione assai pronata della mano e debbono per conseguenza premere sulla penna con la seconda falange dell'indice. Infine negli archi o tratti arcuati, a seconda della direzione centrifuga o centripeta, funzionano i muscoli abduttori o adduttori della mano scrivente, che ricordiamo soltanto senza discendere alle particolarità anatomiche.

Ma oltre il concorso di così molteplici contrazioni muscolari è ammirabile nel meccanismo della scrittura soprattutto la coordinata distribuzione degli impulsi motori lungo i nervi, che si diramano nell'apparecchio destinato ai movimenti grafici. Ciascuna delle parti elementari, onde è composta una lettera, non è l'effetto dell'eccitazione isolata di un unico nervo; poiché nel descrivere il filetto entrano in attività i nervi cubitali, radiale e mediano; nel formare il corpo è mestieri l'azione contemporanea del mediano e del cubitale, e nell'eseguire le linee arcuate, sia in senso centripeto che in senso centrifugo, occorre l'opera simultanea di tutti e tre i tronchi nervosi. Tutto questo noi sappiamo dallo studio fisiologico dell'organismo; né i fenomeni, di cui abbiamo discorso, potrebbero prodursi con ordine ed armonia se i centri nervosi, le fibre conduttrici e i muscoli, educati da mille tentativi di esercizio, sul quale poggia l'edifizio della nostra vita incosciente, non conservassero memoria della loro speciale funzionalità.

L'efficacia dell'esercizio nella scrittura, e in tutti gli altri movimenti acquisiti, è immensa ed ha tale importanza fisiologica e psicologica che val la pena anche qui di discorrerne un istante.

Nei movimenti complessi, di cui dispone ogni individuo, più che alla energia delle contrazioni muscolari devesi riflettere al regolare coordinamento delle contrazioni medesime: la qualcosa, come ha osservato il Du Bois-Reymond, dimostra che il vero meccanismo dei movimenti composti ha sede nei centri nervosi, dai quali per via delle fibre conduttrici, si diramano le infinite varietà di impulsi motori. E se con la ripetizione riesciamo a compiere atti delicatissimi, che richiedono un equilibrio meraviglioso nella funzione dei nostri muscoli, egli è perché nei centri che presiedono all'innervazione motrice non solo rendonsi più abituali le scariche che provocano i movimenti adatti, ma scompaiono poco a poco le tracce dei movimenti concomitanti che non si conformano allo scopo[6]. Avviene, insomma, una specie di selezione di energie motrici: si sopprimono i movimenti inutili e si fissano e si organizzano stabilmente quelli appropriati. L'esercizio fa sì, ed è questo il suo effetto principale, che al primitivo e scompigliato abuso di forze e alle inconsulte esplosioni sottentri un impiego economico e regolare delle energie motrici. A questo risultato certamente non si perverrebbe se non esistessero dei meccanismi anatomici preformati e capaci di condurre, accumulare e trasmettere gli eccitamenti: ciò che manca è la connessione funzionale di siffatti meccanismi, che nei movimenti acquisiti si ottiene con l'uso ripetuto, vale a dire con l'esercizio[7]. Così ci spieghiamo perché il bambino, cui nei primordi dei suoi tentativi di scrittura era quasi necessaria la contemporanea mobilità della lingua, della faccia e perfino degli arti inferiori, riesca nell'età più adulta a significare speditamente i suoi pensieri coi movimenti isocroni del solo pugno sinistro; così pure ci spieghiamo perché il pianista sia ora capace di muovere con rapidissima armonia le sue dita sui tasti dello strumento, fondendo in un solo istante l'impressione visiva del segno musicale, gli sforzi coordinatori degli atti muscolari, la nozione di ogni singolo impulso e della sua durata speciale nell'organo periferico: tutte cose che prima gli erano costate grave fatica ed enorme dispendio di forze. La legge di associazione per contiguità governa pure le manifestazioni motrici della vita psichica e fa sì che i movimenti giungano a concatenarsi e a richiamarsi l'un l'altro formando delle successioni seriali e quasi ritmiche.

Ma l'efficacia dell'esercizio nella scrittura non si spiega soltanto sulla parte motrice del sistema nervoso e quindi sugli apparecchi muscolari; essa educa nello stesso tempo le attività sensorie e psichiche propriamente dette, poiché la distanza e la forma delle lettere, la loro connessione in parole, gli intervalli tra le lettere e tra l'una e l'altra parola, la disposizione delle linee, la traduzione fedele dei pensieri nei simboli grafici, e tutti quei particolari che si convengono alla scrittura corretta non potrebbero essere convenientemente conservati se, per non dire altro, il senso visivo, il senso muscolare e l'intelligenza non partecipassero al meccanismo del linguaggio grafico, che alla fine, quando le attività psichiche, sensorie e motrici si sono organizzate in modo stabile, diviene del tutto incosciente. Collegando ripetute volte un atto percettivo o una idea ad un movimento di forma determinata, per legge psicologica succede che la manifestazione motrice finirà per compiersi fuori della volontà e della coscienza, appena la percezione o l'idea si presenteranno innanzi alla nostra mente. Gli esempi che ci offre la fisiologia sono infiniti, e possiamo citare quello della lettura ad alta voce recato dallo Spencer. Se la vista delle lettere stampate è stata in principio seguita dalla imagine dei suoni, e l'immagine dei suoni dai movimenti vocali, con lento esercizio in prosieguo la lettura diventa così rapida e così intimo il legame tra gli eccitamenti visivi e i moti fonetici che si perde la coscienza del meccanismo funzionale e si può leggere ad alta voce senza badare al suono delle parole ed ai pensieri che in esse vengono raffigurati.

 

 

II.

Dopo tutto quello che si è detto parmi non siavi bisogno di altre considerazioni per dimostrare che la trama psicofisiologica del fenomeno della scrittura è sommamente complicata, e che solo per opera di un lungo esercizio e delle attitudini ereditate il cervello umano è divenuto quasi un organo automatico nel conservare e riprodurre la varietà infinita di imagini visive e motrici e nel rappresentarle all'esterno con simboli grafici.

Con non lieve difficoltà ciascuno può osservare sopra gli altri e sopra se stesso come si vada a poco a poco organizzando la memoria nel meccanismo della scrittura, e come i movimenti muscolari, la cui associazione primitiva costò molta fatica, siansi così armonicamente collegati che la mano traccia rapida sulla carta i simboli delle nostre idee e gli impulsi cerebrali, senza il penoso accompagnamento dell'attenzione volontaria, corrono per le vie nervose con estrema agevolezza suscitando moti simultanei nei diversi gruppi muscolari dell'arto scrivente.

Sulla fisiologia della scrittura sono state eseguite molteplici ricerche, sia per vedere col metodo grafico i muscoli che vi prendono parte, sia per istudiare la forma dei vari segni ottenuti in condizioni diverse. Il Vogt ha fatto in proposito delle esperienze, le quali confermano che la sede precipua delle imagini delle lettere è l'emisfero sinistro del cervello per la grandissima rassomiglianza tra la scrittura ad occhi aperti e quella tracciata ad occhi chiusi con la mano destra, rassomiglianza che aumenta con l'età e quindi con l'esercizio; ma queste esperienze nel medesimo tempo dimostrano, come vedemmo, l'influenza che ha la visione binoculare sulla direzione delle linee e sugli intervalli delle parole. Il Vogt studiò inoltre la scrittura litografica o a specchio, la quale non è altro che la scrittura propria della mano sinistra, perché, oltre ai casi patologici, lo scritto fatto al rovescio con la destra e ad occhi chiusi non somiglia a quello eseguito in condizioni visive naturali, anzi molto spesso riesce impossibile tracciarlo, e perché la mano sinistra compie dei segni quasi identici nella forma, sia che si faccia partecipare o no l'organo della vista. Però la scrittura si avvicina dippiù al tipo normale quando vien chiusa la sorgente delle impressioni luminose.

Ma io credo che siavi un mezzo più obiettivo e più scientifico per dimostrare il limite di perfezione cui giunge la memoria organica nell'esercizio fisiologico della scrittura, ed è la misura del tempo applicata ai movimenti che dobbiamo eseguire nel disegno di una lettera o di una parola. Facendo scrivere per diverse volte una stessa frase, noi giudichiamo dalla grande somiglianza o dall'identità di forma nei vari spazi figurati che l'imagine dei segni si è stabilmente organizzata nei centri nervosi ed è tradotta all'esterno con la stessa veste. Nondimeno, se ben si noti, l'apprezzamento della forma per sola non è assolutamente sicuro, e basti pensare alle lievi oscillazioni individuali che ci accompagnano in simili giudizi. La memoria dei segni grafici, nel suo vero e proprio significato, se è comunemente desunta dalla forma degli spazi figurati, deve pur confrontarsi al criterio della celerità più o meno isocrona dei movimenti, la cui misura non può esserci fornita che dal tempo: infatti io posso scrivere due parole formalmente identiche, ma diverse nella durata dei movimenti grafici. Giudichiamo adunque perfetto il meccanismo mnemonico della scrittura quando le singole lettere o le parole combacino nelle varie proprietà degli elementi figurativi e nel tempo che si è impiegato per la funzione degli apparecchi muscolari, i quali devono descrivere quelle date imagini: così nelle nostre ricerche entrano come elementi indispensabili i due criteri della forma e della durata, l'uno più soggettivo che obiettivo e dipendente dall'educazione del senso della vista, l'altro del tutto impersonale ed assolutamente più corretto e più preciso.

Io credo di aver soddisfatto alle esigenze sperimentali del problema adoperando strumenti semplicissimi.

Con una penna comune e nella posizione ordinaria di scrivere, sopra una piastra di metallo levigata e rettangolare traccio delle lettere, delle sillabe e delle parole. La penna e la lamina metallica per mezzo di fili conduttori sono in comunicazione con l'apparecchio cronometrico, il quale registra l'istante in cui la penna tocca la piastra di rame (chiusura del circuito elettrico) e l'istante in cui, compiuti con la mano i movimenti necessari alla formazione della lettera, della sillaba o della parola, la penna viene rapidamente allontanata dalla superficie di contatto (apertura del circuito).

Le mie esperienze, le quali assommano a parecchie migliaia, sono state fatte con lo scopo di valutare il tempo che si impiega nel descrivere un medesimo spazio figurato in giorni ed anche in mesi diversi, adoperando nell'esecuzione materiale la celerità dei movimenti che si usa dalla grande maggioranza delle persone esercitate quando si vuol vergare uno scritto qualsiasi. E siccome per ciascun simbolo le esperienze sono molte, così, confrontando le varie serie, possiamo determinare con un criterio assoluto, quale è quello fornitoci dal tempo, il grado di memoria organica nella formazione di uno stesso segno grafico. Sotto questo riguardo le mie esperienze furono istituite sopra lettere semplici, sia vocali che consonanti; sopra una stessa lettera ripetuta di seguito due, tre, quattro e sei volte; sopra parole simboleggianti nomi proprii e composte di varie sillabe. Per ragioni facili a comprendersi, nelle parole da me scelte mancano le lettere accompagnate da punti o da accenti, pei quali nella scrittura ordinaria si richiede un'interruzione durante la meccanica dei movimenti, interruzione che, essendo operata dai più, reca, come ha dimostrato il Javal, dei cangiamenti nella filettatura, che possiamo chiamare il tessuto connettivo delle lettere di una parola, e cagiona anche un ritardo notevolissimo perché vi abbisogna maggior tempo a mettere un punto sopra un i e riprendere il corso regolare e progressivo dei movimenti che a tracciare due o tre aste[8]. Conservando poi nelle figure grafiche le medesime proporzioni dei filetti, del corpo, degli archi e delle connessioni e distanze fra le lettere, si può benissimo dal tempo trascorso osservare l'uniformità o no dei movimenti muscolari, che sono la parte fondamentale del meccanismo della scrittura. Questa ricerca vien fatta calcolando le oscillazioni delle singole cifre che compongono una data serie e valutando comparativamente l'errore medio nelle diverse serie sperimentali attinenti ad una medesima parola, sillaba o lettera. Lo stesso processo vale anche per la determinazione del tempo bisognevole a segnare sulla carta i segni grafici più elementari, che sono il punto e la virgola.

Prendendo poi come esempio tipico una parola, ho voluto da una parte studiare le possibili variazioni di tempo tra la scrittura eseguita ad occhi aperti e quella eseguita ad occhi chiusi; e dall'altra determinare quali cangiamenti nell'errore medio, tenuto conto delle rispettive durate, si verificano nella parola scritta con i movimenti ordinari in paragone con la parola disegnata con movimenti più lenti, che si avvicinano a quelli proprii di una scrittura estetica o calligrafica.

Aggiungo che non ho trascurato il tentativo di provare sperimentalmente la superiorità dei movimenti di abduzione sopra quelli di adduzione della mano destra, e di instituire alcuni confronti, sia per la forma che per il tempo, tra la rappresentazione grafica di uno stesso segno eseguito nel modo comune con le due mani e fra la scrittura normale e rovesciata fatte ambedue con la mano sinistra.

Infine, per meglio rilevare i caratteri della memoria organica, feci alcune esperienze comparative fra il tempo di una parola scritta con la mano destra e il tempo necessario alla riproduzione mentale della stessa parola: anzi, a dir vero, estesi l'esperimento cronometrico ai singoli elementi componenti la parola, cioè alle lettere, e notai le differenze e gli errori medi, che debbono apparire nell'atto fisiologico della scrittura e nell'atto puramente psichico di riproduzione.

Come si vede, il campo delle mie ricerche, così molteplice e vario, è stato ideato con unità di scopo, che è quello di studiare per via obbiettiva e sperimentale i fenomeni della memoria organica nel meccanismo della scrittura.

 

ESPERIENZE SULLE LETTERE

 

Comincio anzitutto dai segni elementari dell'alfabeto, e scelgo la serie di esperienze che si riferiscono ad alcuni di essi nella loro doppia espressione di lettere piccole e maiuscole. Ripeto che ciascuna serie di esperimenti è stata fatta in giorni e talvolta in mesi diversi, di guisa che vi esiste una completa indipendenza; se per riguardo alla forma del simbolo grafico posso garantire una perfetta corrispondenza anche dei più minuti particolari, per riguardo al tempo in cui furono eseguiti i movimenti mi basta di mettere sott'occhio i seguenti prospetti:

 

A)  Lettere semplici

Le cifre del tempo rappresentano millesimi di secondo

Segni

grafici

Serie

delle

esperienze

Numero

delle

esperienze

Media

del

tempo di scrittura

Errore

medio

 

 

a

1a

10

0,456

± 0,0106

2a

10

0,441

± 0,0100

3a

12

0,441

± 0,0105

4a

15

0,462

± 0,0099

5a

15

0,405

± 0,0120

6a

15

0,407

± 0,0110

7a

12

0,403

± 0,0094

8a

10

0,422

± 0,0149

 

m

1a

12

0,543

± 0,0113

2a

15

0,567

± 0,0120

3a

12

0,508

± 0,0090

 

A

1a

20

0,626

± 0,0113

2a

20

0,552

± 0,0114

3a

15

0,579

± 0,0100

4a

20

0,566

± 0,0164

M

1a

15

0,624

± 0,0130

2a

15

0,671

± 0,0177

 

Altre esperienze fatte sulla stessa lettera sarebbero queste:

 

Segni

grafici

Serie

delle

esperienze

Numero

delle

esperienze

Media

del

tempo di scrittura

Errore

medio

 

 

B

1a

40

0,663

± 0,0175

2a

18

0,670

± 0,0210

3a

22

0,691

± 0,0189

4a

16

0,668

± 0,0170

5a

29

0,712

± 0,0118

G

1a

10

0,602

± 0,0120

2a

30

0,651

± 0,0117

 

 

B)  Lettere multiple

Segni

grafici

Serie

delle

esperienze

Numero

delle

esperienze

Media

del

tempo

Errore

medio

Differenza

tra

max e min

 

aa

1a

10

0,757

± 0,0190

0,058

2a

10

0,752

± 0,0190

0,065

3a

12

0,739

± 0,0178

0,059

4a

15

0,729

± 0,0189

0,065

aaa

1a

10

1,148

± 0,0340

0,123

2a

12

1,159

± 0,0260

0,105

 

aaa

1a

10

1,556

± 0,0330

0,095

2a

12

1,540

± 0,0265

0,114

3a

15

1,550

± 0,0246

0,094

 

aaaaaa

1a

12

2,335

± 0,0330

0,125

2a

20

2,320

± 0,0290

0,135

3a

20

2,392

± 0,0280

0,116

4a

13

2,332

± 0,0320

0,139

 

In tutte queste cifre noi possiamo ravvisare alcuni fenomeni degni di studio.

Prima di tutto, ciò che colpisce la nostra attenzione è la regolarità quasi perfetta del tempo durante il quale la mano delinea i vari e complicati movimenti della scrittura. Si pensi che ciascuna serie di esperienze relative ad ogni singola lettera od a lettere duplicate, triplicate e via dicendo, è stata eseguita in giorni diversi da quelli delle serie analoghe: anzi fra talune di esse corre un intervallo di tre e perfino di quattro mesi. Inoltre, non solo rispetto al tempo medio di scrittura, ma rispetto alla variazione media od errore di ciascuna serie, vi è concordanza esattissima, la quale, tenuto conto della maggiore durata, è più completa nelle esperienze sopra le lettere multiple che nelle esperienze sopra le lettere semplici.

In secondo luogo, confrontando gli esperimenti sul tempo di scrittura della vocale a, troviamo che le medie si fanno due, tre, quattro e sei volte più grandi a misura che la vocale deve essere scritta due, tre, quattro e sei volte di seguito. Tuttavia non mi sembrano inutili alcune osservazioni in proposito.

Prendendo le medie aritmetiche dei tempi di a, aa, aaa, ecc. abbiamo press'a poco le seguenti cifre:

 

a                   0,430

aa                 0,745

aaa               1,150

aaaa            1,550

aaaaaa        2,345

    

Ora i multipli numerici di a, cioè di 0,430, sono progressivamente maggiori delle cifre che segnano la durata dei multipli grafici della medesima vocale a, e la serie delle differenze in più potrebbe essere formulata in questo modo:

0,115

0,140

0,170

0,235

 

Come si spiega il fatto? Con attenta osservazione si nota che quando scriviamo di seguito due volte a, malgrado la forma della lettera sia identica e la rapidità dei movimenti appaia uguale come quando scriviamo quella lettera una sola volta, esiste tuttavia un lievissimo risparmio di tempo specialmente nella descrizione del tratto finale discendente dell'a, risparmio che si accresce con l'aumento del numero della lettera; e ciò è provato con evidenza dalle cifre. Se facciamo invece la somma dei precedenti, si ottiene con maggiore esattezza il numero che corrisponde al susseguente:

0,430 + 0,745 = 1,175

che è quasi uguale alla durata di aaa (1,150).

Indi:

1,150 + 0,430 = 1,580

che sarebbe la durata propria di aaaa (1,550).

E finalmente:

1,550 + 0,745 = 2,295

che è il tempo di scrittura di aaaaaa (2,345), il quale si ottiene anche sommando i valori medi di a, aa ed aaa (0,430 + 0,745 + 1,150 = 2,325) o moltiplicando per due il valore di aaa (1,150 x 2 = 2,300).

Questi calcoli aritmetici elementari dimostrano, parmi, a chiarissime note, che i tempi della scrittura aumentano in proporzioni corrispondenti a misura che il segno grafico deve essere espresso un numero di volte doppio o triplo; ma gli errori o variazioni medie non seguono questa legge, cioè non crescono in ragione diretta con l'aumento dei tempi relativi. Se la legge si verificasse anche in quest'ultimo caso, dovrebbe l'errore medio dell'ultima serie sperimentale aaaaaa essere molto più grande di quello che è. Non è molto difficile trovare la ragione del fenomeno, e vi torneremo in seguito dopo aver esposto i risultati cronometrici ottenuti sulla scrittura delle parole.

 

 

ESPERIENZE SULLE PAROLE

 

Le esperienze sulle parole, le quali costituiscono i veri materiali della scrittura, hanno un'importanza maggiore delle precedenti.

Ho scelto alcune parole che significano nomi proprii e che spesso ci accade di scrivere: ad esempio Dante, Omero, Roma, Alessandro, Colombo. Sono parole che come mille altre presentano più o meno la medesima facilità nella esecuzione grafica. Altre invece, tolte da lingue straniere, riescono, si intende in senso relativo, alcun poco difficili, non tanto perché si ha l'abitudine di non scriverle frequentemente, quanto perché abbondano di consonanti non affini alla parola italiana per il loro aggruppamento e per l'espressione fonica, le quali impediscono la rapida ed armonica coordinazione dei movimenti: cito ad esempio le parole Humboldt ed Helmholtz. Ma in seguito, abituandosi con l'esercizio e con la pratica speciale che fornisce il modo con cui sono condotte le nostre esperienze, avviene che, per l'organizzazione della memoria dei segni grafici, la scrittura della parola non incontrerà nessun ostacolo nel registrare le imagini con i movimenti, i quali alla fine dovranno prodursi con precisione ed esattezza. Ed il fatto conferma appieno l'ipotesi.

Ecco raccolti i risultati delle mie esperienze:

Parole scritte

Serie

Numero

Media

Errore

max

min

 

Dante

1

20

1,742

0,0232

1,806

1,660

2

20

1,755

0,0240

1,811

1,706

3

23

1,773

0,0239

1,822

1,724

Roma

1

32

1,793

0,0233

1,866

1,744

2

30

1,849

0,0240

1,930

1,788

Omero

1

20

1,612

0,0238

1,666

1,567

2

26

1,641

0,0180

1,683

1,607

 

Colombo

1

25

2,300

0,0260

2,413

2,238

2

25

2,370

0,0320

2,440

2,225

3

25

2,343

0,0336

2,424

2,269

4

25

2,413

0,0329

2,463

2,331

Alessandro

1

30

3,100

0,0245

3,180

3,038

2

20

3,023

0,0244

3,071

2,985

 

Le cifre del prospetto offrono un andamento regolarissimo, le cui oscillazioni sono appena tali da non essere tenute in conto. Ma ciò che più sorprende non è tanto la eguaglianza nella durata dei movimenti grafici delle singole parole, quanto la corrispondenza tra le variazioni od errori medi di ogni serie.

L'uniforme regolarità dei singoli esperimenti risalterebbe ancor meglio se di ogni parola mettessi sott'occhio del lettore le variazioni del tempo grafico disposte secondo il metodo delle serie. Sceglierò come esempio le parole Dante e Colombo, aggiungendo ai numeri effettivi anche le proporzioni percentuali[9].

 

Variazione del tempo grafico

Dante

Numeri effettivi

Proporzioni %

 

Tempo

1a serie

2a serie

3a serie

1a serie

2a serie

3a serie

1651 - 1700

2

-

-

8

-

-

1701 – 1750

10

10

5

50

50

21,7

1751 – 1800

7

8

13

35

40

56,5

1801 – 1850

1

2

5

5

10

21,7

 

Colombo

Numeri effettivi

Proporzioni %

 

Tempo

1a serie

2a serie

3a serie

1a serie

2a serie

3a serie

< 2.250

2

-

-

8

-

-

2251 - 2300

10

1

3

40

4

12

2301 – 2350

12

7

12

48

28

48

2351 – 2400

-

12

8

-

48

32

2401 – 2450

1

5

2

4

20

8

 

I risultati poi delle esperienze sulle parole Humboldt ed Helmholtz hanno un significato assai notevole per l'esercizio della scrittura, dimostrabile sopratutto dalla progressiva diminuzione degli errori seriali[10]:

 

Parole scritte

Serie

Numero

Media

Errore

max

min

 

Humboldt

1

20

3,098

0,0450

3,186

2,952

2

25

3,244

0,0370

3,364

3,157

3

27

3,291

0,0321

3,368

3,162

 

Helmholtz

1

13

3,315

0,0540

3,396

3,200

2

13

3,330

0,0340

3,397

3,267

3

25

3,271

0,0294

3,360

3,188

4

23

3,280

0,0305

3,346

3,212

 

 

La prima serie nell'una e nell'altra parola differiscono dalle serie consecutive per l'alta cifra che raggiunge l'errore medio. Chiunque si metta a scrivere per molte volte di seguito e a brevissimi intervalli quelle due parole, è necessario che, per ottenere l'esattezza di forme e di tempo della scrittura comune nelle esperienze che compongono una serie, faccia attenzione sulle varie lettere, dalla cui unione risulta la parola; e cotesta partecipazione cosciente dei fattori psichici è causa d'incertezze. Se potessi qui rappresentare con una tavola grafica l'andamento delle singole esperienze, si vedrebbe che mentre nella prima serie la curva soffre oscillazioni assai rilevanti, nelle altre invece le oscillazioni sono minori, ed i saggi di scrittura, specialmente attinenti alla parola Helmholtz, non si differenziano affatto per la quantità dell'errore dai saggi già registrati di altre parole.

La grandezza dell'errore medio e la conseguente diminuzione si spiega con le cause che ho accennato, e ricordo tuttora che le prime volte in cui mi provai a scrivere sulla lastra di rame le due parole Humboldt e Helmholtz, volendo far presto e bene come in tutte le altre esperienze, sentii un certo sforzo nel coordinare i movimenti muscolari, anzi in taluni casi mi accadde di saltare qualche consonante o di tracciarla confusamente. Di questi risultati erronei non tenni conto nel computo delle medie, né mi venne fatto di incorrervi negli esperimenti posteriori, poiché, avendo acquistato esercizio nel trascrivere molte volte quei due nomi sulla carta, la trasformazione dell'imagine in simbolo nei saggi definitivi sopra la lamina di rame compivasi con la medesima agevolezza, con la quale avrei potuto esprimere un'altra parola d'uso comune e già organizzata nella memoria. Così gli errori medi si fecero più piccoli e toccarono i confini, intorno ai quali oscillano con certa costanza gli errori delle esperienze sul tempo di scrittura di altri nomi.

E qui appunto mi cade opportuno di fare alcune osservazioni.

Gli errori medi, cui abbiamo attribuito un'importanza capitale in tutte le ricerche psicometriche, perché essi rappresentano l'indice regolatore dei fenomeni, sono compresi entro limiti ben definiti nelle presenti esperienze sulla durata dei segni grafici.

In generale, la grandezza dell'errore medio, pel concorso di varie circostanze, non sta in proporzione diretta con la grandezza del tempo che s'impiega a scrivere una lettera. Da numerosi saggi sperimentali, che qui non posso riprodurre, instituiti in condizioni sempre identiche, sopra tutte le lettere dell'alfabeto, mi risulta che non sempre il minimo della durata nell'esecuzione di una lettera, sia maiuscola che minuscola, confrontata con le altre lettere, si accompagna al minimo dell'errore medio. Inoltre ho potuto verificare che due lettere, le quali hanno presso a poco lo stesso tempo grafico, non mostrano sempre un'equivalente variazione media. Se fra le lettere dell'alfabeto minuscolo trovo ad esempio che l'i, l'o, la v sono quelle che richiedono una durata più piccola ed hanno, si noti bene, per l'estrema facilità con cui possono essere disegnate sulla carta, un minimo di errore; trovo pure che l's, che ha un tempo uguale a quello della vocale a, o l'y che è uguale ad m, presentando delle variazioni più rilevanti di a e di m. Il medesimo fenomeno con intensità più grande si osserva nelle lettere maiuscole, per le quali si esige maggior copia ed estensione di movimenti muscolari: e mi basti, oltre agli esempi già sopra riferiti, citare l'N, il cui tempo di scrittura è quasi identico a quello della D, mentre il suo errore medio è più piccolo della metà. La ragione precipua del fenomeno è tutta meccanica, dipende cioè dalla natura particolare dei movimenti, che nelle diverse lettere, e principalmente nelle maiuscole, ora sono più semplici e spediti, e per conseguenza più isocroni, ora al contrario offrono, benché piccolissima, una certa resistenza massime nelle curve di adduzione[11].

Ma il criterio sugli errori medi delle singole lettere non può applicarsi con la stessa misura agli errori medi delle sillabe e molto meno delle parole, le quali nella nostra memoria hanno un'organizzazione più stabile delle lettere: onde se il segno grafico di una parola possiamo supporlo quasi eguale al tempo grafico dei singoli elementi che la compongono, la variazione media invece, pur crescendo in senso assoluto, relativamente però all'enorme aumento della durata è piccolissima. Basti il confronto tra gli errori medi della lettera A e della parola Alessandro, che è costituita, insieme all'A, di dieci lettere. V'è ancora dippiù: noi dobbiamo tenere moltissimo conto dei caratteri, pei quali una parola ed una lettera si differenziano cronometricamente, cioè della variabilità numerica nelle diverse serie sia rispetto al tempo medio che alla variazione od errore. La variabilità di cui parliamo è minima sempre, ma nelle parole ed in genere nelle lettere multiple in proporzione è assai meno sensibile che nelle lettere semplici. Bisogna riflettere che nel nostro cervello l'imagine delle lettere isolate non costituisce il linguaggio scritto, dello stesso modo come l'imagine degli elementi acustici, onde si compone una parola, non è il linguaggio articolato. Noi pensiamo sempre con imagini composte, e traduciamo le nostre idee con parole: quindi la parola, sebbene sia un complesso di lettere, ha radici più profonde e più organiche, e quando vogliamo obbiettivarla nello spazio figurato si riscontra che la memoria della forma e dei movimenti impressi ai nostri muscoli è più fedele che non la memoria analoga delle semplici lettere. Il fenomeno è confermato dall'errore medio, che nelle lettere multiple si rende visibilmente ed in senso relativo assai più piccolo, tosto che la quantità dei simboli si avvicina al numero, di cui suol essere costituita una parola[12].

Nelle lettere semplici poi l'errore medio ha un limite minimo, che ho potuto valutare sperimentalmente ed è ± 0,0060. Sono riuscito a questo calcolo esercitandomi per lunga pezza a scrivere le quattro vocali e, i, o, u che nelle esperienze comparative ed estese a tutte le lettere dell'alfabeto mi avevano già dato i risultati più uniformi per le loro speciali e facili condizioni grafiche. Dopo moltissimi saggi ripetuti, registrai sulla lamina metallica i tempi di scrittura in due giorni diversi, ed ottenni le seguenti cifre, talune delle quali rappresentano appunto il minimo errore cui sia arrivato.

 

 

 

esperienze

Tempo medio

Errore

Max

min

 

1a serie

e

12

0,275

± 0,0080

0,290

0,260

i

12

0,203

± 0,0060

0,219

0,195

o

12

0,250

± 0,0075

0,272

0,235

u

12

0,380

± 0,0070

0,393

0,369

 

2a serie

e

12

0,280

± 0,0095

0,294

0,255

i

12

0,214

± 0,0064

0,231

0,201

o

15

0,236

± 0,0098

0,251

0,214

u

12

0,379

± 0,0090

0,393

0,360

 

E che il limite minimo dell'errore medio sia quello da me stabilito, cercai di provarlo con altro mezzo, adoperando la registrazione cronometrica del punto e della virgola, che fanno parte della scrittura ordinaria, ne sono l'elemento più facile ad eseguirsi ed hanno una durata piccolissima. Or bene, anche in queste ricerche, che a prima giunta non dovrebbero palesare variazione, ho potuto verificare che l'errore medio esiste e non si abbassa al di sotto dei confini già segnati.

Tanto sul punto che sulla virgola, dopo non breve esercizio preventivo, feci alcune serie di esperienze: le prime due rappresenterebbero la durata propria nelle condizioni grafiche ordinarie di questi che chiamerei elementi figurativi embrionali; nelle altre in cambio usai movimenti della penna alquanto più rapidi di quelli che sogliono usarsi abitualmente. I risultati sono qui riassunti:

 

 

Serie

Esperienze

Media

Errore

 

Punto

1

15

0,082

± 0,0060

2

20

0,093

± 0,0068

3

17

0,074

± 0, 0067

4

15

0,073

± 0,0065

 

Virgola

1

15

0,130

± 0,0070

2

15

0,118

± 0,0070

3

15

0,085

± 0,0078

 

Per le parole, anche abbastanza lunghe, i lettori hanno già veduto, quali siano i confini che circoscrivono l'errore medio[13].

Proseguendo oltre nello studio cronometrico devo ora fare a tocchi rapidi l'esposizione di nuove serie di esperienze. Ed anzitutto intendo parlare delle ricerche comparative tra una medesima parola scritta ad occhi aperti e ad occhi chiusi.

Ognuno di noi può verificare sopra di sé stesso, a meno che non abbia fatto lunghi e continuati esercizi, come la parola scritta con gli occhi chiusi non sia perfettamente uguale a quella che tracciamo in condizioni normali. Più che nella forma delle lettere, la dissomiglianza consiste nella direzione delle linee, negli intervalli e nelle commissure che devono collegare una lettera all'altra. L'errore che ne consegue è grande e risalta viemmaggiormente dal giudizio tutto obiettivo e sperimentale, che desumiamo dalla misura del tempo, anziché dalla semplice osservazione della forma grafica. Le esperienze che ho fatte in proposito sono di un'evidenza significante, e rivelano certi aspetti del fenomeno, che sarebbero sfuggiti se mi fossi affidato al solo criterio formale.

Io ho scritto ad occhi aperti la parola Alessandro, e dopo una mezz'ora ho ripetuto graficamente la medesima parola con gli occhi chiusi, ponendo tra un'esperienza e l'altra un piccolo intervallo di tempo bastevole a non affaticare l'attenzione.

Ecco le esperienze:

Alessandro

 

Durata della scrittura

Ad occhi aperti

Ad occhi chiusi

3,024

2,874

2,994

2,921

3,055

2,915

3,000

2,911

3,064

2,901

3,035

3,140

3,021

3,202

2,985

-

2,997

3,038

3,071

3,045

3,065

3,080

3,040

2,943

3,061

2,997

3,017

3,007

3,004

3,018

3,039

-

3,022

3,082

2,992

-

2,988

3,026

2,993

3,042

 

2,990

 

3,000

 

3,070

Media generale

3,023

3,010

Variazione media

± 0,0244

± 0,0642

Cifra massima

3,071

3,202

Cifra minima

2,985

2,874

Differenza

0,086

0,328

 

La differenza tra le due serie è così chiara che non ho bisogno di molte parole per dimostrarla. Nella prima la regolarità delle singole cifre è sorprendente e ne deriva per ragione naturale la piccolezza numerica della variazione media (± 0,0244), e la differenza poco apprezzabile tra le due cifre che stanno agli estremi della scala cronometrica. Invece nella seconda l'oscillazione tra le singole esperienze è sensibilissima, la variazione media raggiunge un valore quasi triplo della prima e la differenza tra la massima e la minima è circa quattro volte maggiore. Potrei riprodurre altre serie di esperimenti, e tutte più o meno conducono al medesimo risultato, il quale non è altro che una conferma luminosa dell'influenza che la visone binoculare dispiega sul meccanismo della scrittura.

Aggiungo inoltre che nelle presenti ricerche ad occhi chiusi la parola Alessandro fu scritta dopo che m'ero esercitato a tracciarla per venti volte di seguito e con somma facilità tenendo gli occhi aperti, e che durante le prove sperimentali avvertii un certo senso di penosa difficoltà meccanica e psichica nella formazione grafica di quella parola, specialmente delle ultime tre consonanti: infatti i tratti di linea, interpolati nella serie, indicano l'insuccesso delle corrispondenti esperienze. Da ultimo faccio rilevare una particolarità meritevole di nota, ed è che, dopo tante oscillazioni numeriche ed errori nella scrittura, le cifre sperimentali, in forza dell'abitudine e dell'esercizio, assumono nelle ultime prove un andamento regolare e si avvicinano molto alla durata media della parola scritta in condizioni normali (ordinarie).

 

Quasi le medesime considerazioni dovrei fare per riguardo agli esperimenti sulla durata di un stessa frase eseguita con due speciali modi di movimento: l'uno, che chiameremmo normale, proprio della scrittura epistolare e comunissimo nella pratica giornaliera; l'altro meno abituale del primo, più lento e quasi proprio della scrittura calligrafica.

Reco ad esempio il nome Roma. Con la scrittura comune, fra trentadue esperienze, ottenni delle cifre numeriche comprese tra i seguenti limiti:

 

 

Quantità di tempo

delle esperienze (totale 32)

Al di sotto di 1,750

1 (1,744)

Da 1,751 a 1,800

22

Da 1,801 a 1,850

7

Al di sopra di 1,851

2

Media generale

1,793

 

Variazione media

± 0,0233

Cifra massima

1,866

Cifra minima

1,744

Differenza

0,122

 

La medesima parola invece scritta con movimenti più tardi diede i tempi, che trascrivo nella loro integrità:

Roma   (scrittura lenta)

 

3,617

3,568

3,590

3,437

3,597

3,700

3,587

3,472

3,610

3,880

3,586

3,270

3,424

3,800

3,496

3,751

3,572

Media generale

3,586

Variazione media

± 0,101

Cifra massima

3,880

Cifra minima

3,270

Differenza

0,610

 

La enorme variabilità dei valori numerici di queste ultime esperienze è così manifesta che risalta di un tratto all'esame più superficiale. Solo io intendo richiamare l'attenzione sull'immensa importanza che nel meccanismo mnemonico della scrittura dispiega la durata dei movimenti muscolari. A descrivere uno stesso spazio figurato, identico o quasi identico nella forma, come nel caso nostro, si può impiegare un tempo diverso: però la scrittura eseguita con la celerità dei movimenti, che chiameremo comuni, presenta, e ne abbiamo già dato le prove, errori piccolissimi, i quali non dimostrano altro che il perfetto isocronismo del fenomeno; mentre la parola tracciata con movimenti più tardi, come difficilmente si sperimentano nella pratica abituale, dà, anche per rapporto all'accresciuto valore delle cifre, errori molto alti, che indicano la deficienza dell'automatismo grafico. Si paragonino quest’ultime esperienze a quelle di sopra ricordate, in cui la durata media del tempo di scrittura ha un'espressione numerica quasi uguale, e si vedrà la grande differenza che passa fra i loro errori o variazioni medie. Si confrontino infine direttamente i risultati sperimentali della stessa parola Roma scritta con movimenti diversi: la media della scrittura comune è 1,793 e il suo errore 0,0233; la media della scrittura meno rapida è 3,586 e l'errore medio 0,101. Facendo una proporzione troviamo che:

                                     1,793  :  3,586  =  1 : 2

                                     0,0233 : 0,101  =  1 : 4,33

 

ossia che mentre la durata media si fa doppia, l'errore cresce più di quattro volte: e tutto ciò parmi che giustifichi abbastanza il mio pensiero.

Nella scrittura, invece, eseguita con movimenti più celeri di quelli usati abitualmente, l'errore medio del tempo grafico è quasi identico all'errore che abbiamo trovato nel tracciare i segni con l'ordinaria velocità. Mi basti citare le parole Roma ed Helmholtz.

 

Roma   (scrittura celere)

Media                 1,664

Errore                ± 0,0210

Massima    1,728

Minima               1,613

 

Variazioni del tempo grafico

1,601 – 1,650    (8 esperienze)

1,651 – 1,700            16

1,701 – 1,750              1

 

Helmholtz (scrittura celere)

Media                 3,175

Errore                 ± 0,0338

Massima             3,267

Minima               3,077

(25 esperienze totali)

 

Infine, a complemento delle presenti ricerche, devo riassumere altri risultati sperimentali, che mi sembrano di qualche valore.

Io ho fatto delle esperienze comparative tra un simbolo scritto nella forma e direzione ordinaria sia con la mano destra che con la mano sinistra, e scelsi per maggiore facilità i numeri cardinali 1, 2 e 3, ingegnandomi di eseguirli con la sinistra nello stesso tempo e possibilmente in forma consimile. Per questa ragione ho dovuto con la destra rallentare alcun poco i movimenti, e le cifre che riproduco, confrontate con le congeneri che riferii sopra, lo confermano appieno anche nel lievissimo aumento che ha subito la variazione media. Considerando le esperienze dal punto di vista formale, dirò che fra le cifre segnate con la destra e quelle scritte con la sinistra v'è, come ciascuno può osservare sopra di sé medesimo, molta dissomiglianza, specialmente nella estensione delle curve e nelle proporzioni generali del corpo del numero. La sola cifra 1 fa in qualche modo eccezione. A questa dissomiglianze di forme corrispondono analoghe differenze nella durata del tempo, le quali sono tanto più sensibili, quanto più sono complicati i movimenti grafici. I numeri raccolti nel prospetto ne sono (costituiscono) una prova evidentissima:

 

Scrittura normale[14]

Mano destra

Mano sinistra

Cifra

Tempo medio

Errore

Cifra

Tempo medio

Errore

1

0,318

± 0,0120

1

0,410

± 0,0326

2

0,343

± 0,0093

2

0,507

± 0,0393

3

0,426

± 0,0139

3

0,689

± 0,0722

 

Proporzionando a 100 i valori delle medie e degli errori in ciascuno dei numeri scritti con la mano destra e con la sinistra otteniamo:

 

1

0,318 : 0,410 = 100 : 129

0,0120 : 0,0326 = 100 : 272

2

0,342 : 0,507 = 100 : 147

0,0093 : 0,0393 = 100 : 422

3

0,426 : 0,689 = 100 : 161

0,0139 : 0,0722 = 100 : 519

 

Poi volli con la mano sinistra tentare alcune esperienze di confronto tra la scrittura litografica ad occhi chiusi e la scrittura diritta comune ottenuta nelle condizioni visive normali. Gli esperimenti, a dir vero, son pochi e rappresenterebbero un semplice tentativo di ricerca: nondimeno i risultati generali avuti dalla esecuzione di uno stesso simbolo, il numero cardinale 3, concorrono ad appoggiare le idee che ho esposto nelle pagine precedenti. Avrei trovato che la scrittura a specchio, per tutto ciò che si riferisce alla parte grafica, nei vari saggi è più uniforme e corretta della congenere scrittura ordinaria; ma, quel che è più, riguardo alla durata e agli errori medi occorsi nelle due serie di esperimenti, i rapporti, del cui valore indiscutibile niuno può dubitare, potrebbero formularsi con la proporzione matematica seguente: la durata della scrittura litografica sta alla durata della scrittura normale come 100 : 105, e l'errore medio della prima sta all’errore medio della seconda come 100 : 160.

Il lettore può da sé apprezzare il significato importantissimo che si racchiude nelle cifre or ora enunciate.

Da ultimo, a comprovare per via obbiettiva e sperimentale la superiorità dei movimenti di abduzione sopra quelli di adduzione nella mano destra, eseguii alcune ricerche semplicissime.

Nella lamina metallica tirai due segni paralleli e perpendicolari al margine inferiore di essa. Questi due segni contenevano uno spazio rettangolare della larghezza di 3 ½  centimetri. Con la penna io scriveva un tratto trasversale, uniforme nel moto e continuo nell'estensione, che avesse per limite i due segni di ritrovo, sui quali cadeva a perpendicolo. Dopo il primo tratto se ne doveva tracciare un secondo, un terzo e via di seguito, adoperando o sforzandomi di adoperare sempre la stessa celerità nei movimenti della penna. Siccome la lamina metallica e la penna comunicavano con l'apparecchio cronometrico, potevasi senza difficoltà registrare la durata della formazione delle linee trasversali.

In una prima serie di esperimenti le linee erano tracciate mercé movimenti di abduzione dell'arto, in un'altra invece da movimenti di adduzione, ossia da destra a sinistra: le linee, insomma, erano tirate l'una in senso inverso dell'altra.

Ora senza pur attendere ai risultati cronometrici, ciascuno, mettendosi in condizioni eguali alle mie, può osservare che mentre nei movimenti di abduzione havvi una celerità in apparenza costante, l'equilibrio di innervazione motrice è fedelmente mantenuto e le linee decorrono in perfetto parallelismo; per contrario i movimenti di adduzione non si avverano con costanza uniforme, gli impulsi motori non sono trasmessi con equanime intensità e il più spesso trascinano l'arto ad una corsa rapida e la forma delle linee non conserva sempre il carattere delle rette parallele. Cotale giudizio presupposto è confermato dal suggello dell'esperienza e ne siano prova le seguenti cifre:

 

Tracciamento di una linea retta[15]

Con movimenti di abduzione

Con movimenti di adduzione

Durata media          

0,745

Durata media          

0,693

Errore medio

± 0,0220

Errore medio

± 0,0410

Massima

0,792

Massima

0,831

minima

0,703

minima

0,576

N° esperienze

18

N° esperienze

22

 

Le conchiusioni che possiamo dedurre dalle cifre numeriche sono queste: il movimento di adduzione non è regolare, la sua media è compresa tra confini molto estesi, la differenza tra la massima e la minima supera del triplo la differenza congenere delle cifre di abduzione, e l'errore medio è quasi maggiore del doppio.

A viemmeglio infine delineare i caratteri della memoria organica nel fenomeno della scrittura, chiuderò questo mio studio sperimentale (darò termine al capitolo) mettendo in rilievo le differenze che trascorrono fra la durata effettiva dei segni grafici e la durata della loro riproduzione.

Già in altri lavori (nelle pagine antecedenti) ho discorso della riproduzione delle percezioni e molte cose dette troverebbero luogo nel problema di cui ora mi occupo[16]. Qui però devo dire che trattasi in ispecial modo di rappresentazione di movimenti delle proprie membra, di ricordo cioè di sensazioni muscolari, fuori delle quali non possiamo raffigurarci alcun movimento. Ora è un fatto, e ne ha tenuto parola di recente lo Stricker in alcune sue indagini, che il richiamare coteste sensazioni nello stato di quiete non è gradevole, poiché vi si accompagna sempre un certo sforzo, che è di grado diverso secondo le diverse rappresentazioni motrici, alle quali appartiene anche il meccanismo della scrittura[17].

E le mie esperienze comprovano l'assunto.

Scrivendo le parole Dante e Omero, di cui i lettori conoscono la durata, ho voluto determinare il tempo che sarebbe necessario perché immaginassi la mia mano muoversi sulla lamina metallica e disegnare le varie lettere, onde sono composti quei nomi. Il tempo di riproduzione mi segnò sempre cifre più alte; e per non allungare di soverchio il discorso sulla esposizione dei valori numerici e sul modo con cui furono condotte le esperienze, dirò che indicando con 100 le durate reali grafiche delle parole Dante e Omero, trovai che le loro durate immaginarie potrebbero essere significate per Dante dal numero 134 e per Omero da 125.

Inoltre nella parola Dante volli determinare il tempo di riproduzione delle singole lettere immediatamente dopo che ne aveva stabilito il tempo effettivo di scrittura. Anche quivi la riproduzione ha una durata più lunga del fatto riprodotto, e pare anzi che la grandezza del tempo di riproduzione sia in rapporto proporzionale inverso col tempo impiegato a tracciare i vari segni grafici elementari.

Raccolgo nel seguente prospetto i valori numerici, affinché il lettore possa acquistarne una chiara idea:

 

Lettere

Tempo reale grafico

Tempo di riproduzione

Cifre proporzionate a 100

D

0,541

0,732

100 : 135

a

0,429

0,567

100 : 132

n

0,410

0,550

100 : 134

t

0,425

0,689

100 : 162

e

0,310

0,494

100 : 159

 

Gli errori medi del tempo obiettivo grafico di ciascuna lettera e del tempo mentale sono poi espressi da numeri, di cui a nessuno può sfuggire il significato.

 

 

Errore medio

del

Tempo reale grafico

Errore medio

della

imagine

D

± 0,0130

± 0,0378

a

± 0,0112

± 0,0338

n

± 0,0095

± 0,0466

t

± 0,0073

± 0,0646

e

± 0,0086

± 0.0352

 

Facendo infine la somma dei singoli tempi reali delle lettere e delle durate di riproduzione, ho trovato che essa è maggiore nell'uno e nell'altro caso del tempo di tutta la parola scritta o riprodotta, ma relativamente è cresciuta di più la somma delle durate riproduttive.

A me pare che tutte queste esperienze potrebbero essere considerate sotto un altro aspetto: intendo parlare del senso del tempo, che ora è l'effetto di un processo quasi incosciente, come avviene nella scrittura di una lettera o di una parola, ora è l'effetto di un'operazione del tutto mentale e sottoposta all'attenzione volontaria. Un largo campo quindi di indagini comparative potrebbero essere istituite sopra il senso del tempo dipendente da meccanismo fisiologico e da ragioni puramente psichiche; ma non è qui il luogo di studiare siffatto problema, che pel suo interesse e la sua importanza scientifica merita delle ricerche particolare, alle quali attendo da parecchi mesi[18].

Torino, 31 luglio 1882



[1] Maudsley, Physiologie de l’esprit. Cap. IX. Paris. 1879.

Kussmaul, Die Storungen der Sprache. Cap. X. Leipzig, 1877.

Hering, Ueber dal Gedachtniss als eine allgemeine Function der Materie, Vortrag ecc. Wien, 1876

Ribot, Les maladies de la memoire. Cap I, Paris, 1881.

[2] Vogt, L’ècriture considerèe aut point de vue phisiologique, nella Revue scientifique, giugno, 1880.

[3] Wir sind “Linkshirnig” weil wir “Rechtshandig” sind, nicht umgekehrt; und “Rechtshandig” sin wir, weil unsere Schrift mit der rechten Hand nach rechts hin geschrieben werden muss.

Erlenmeyer, Die Schrift. Grundzuge ihrer Physiologie und Pathologie. Stuttgart, 1879, pag. 6.

[4] È importantissimo l'esperimento che ognuno può ripetere sopra di e con risultati sempre costanti. Volendo scrivere nello stesso tempo, e meglio ad occhi chiusi, una stessa parola con le due mani, si osserva che la scrittura fatta con la sinistra è rovesciata, mentre l'altra è normale. Se si sforza poi la mano sinistra a tracciare la scrittura comune, si proverà un grave senso di pena, e malgrado ogni attenzione si tracceranno sempre delle lettere a rovescio.

[5] Buchwald, Spiegelschrift bei Hirnkranken, nella Berliner Klinische Wochenschrift, Nr. I, 1878.

[6] Du Bois-Reymond, Ueber die Uebung. Rede gehalten zur Feier etc. Am 2 August 1881. Berlin, 1881.

[7] Kussmaul, l. c.

[8] Javal, Le mècanisme de l’ècriture, nella Revue Scientifique, maggio 1881.

[9] Questa parte evidenziata è stata aggiunta neLa legge del tempo”.

[10] Avverto che in tutti gli esperimenti il taglio trasversale della lettera t è fatto in basso.

[11] Anche nelle cifre ottenute sul tempo di scrittura dei numeri cardinali ricaviamo i medesimi risultati che trascrivo integralmente:

 

Numeri

Esperienze

Media

Errore

1

12

0,237

± 0,0073

2

12

0,277

± 0,0100

3

12

0,393

± 0,0113

4

12

0,342

± 0,0096

5

12

0,361

± 0,0140

6

12

0,267

± 0,0080

7

12

0,291

± 0,0090

8

12

0,306

± 0,0084

9

12

0,360

± 0,0075

10

12

0,459

± 0,0110

 

Il numero 1 e il 0 del 10 sono uniti con un sottilissimo filetto.

[12] L'errore medio di aa, tenuto conto delle rispettive durate, è più alto del congenere degli altri multipli di a. Ho trovato poi che in altre lettere doppie, il cui tempo grafico è compreso tra i 650 e gli 850 millesimi di secondo, l'errore medio oscilla da 0,0130 a 0,0180.

Ecco alcuni esempi:

                                                  media     errore

                                  ab           0,758       0,0158

                                  ba           0,854       0,0181

                                  eb           0,624       0,0150

                                  be           0,660       0,0130

 

Sul tempo di scrittura delle tre vocali aeu ho avuto i seguenti risultati:

                                                                                                                                media     errore

                                                                                                                                0,879       0,014

I singoli valori grafici erano così distribuiti:

                                                                                 al di sotto di 0,850               N° esperienze       1

                                                                                 da 0,851 a 0,875                                                   12

                                                                                 da 0,876 a 0,900                                                   16

                                                                                 da 0,901 a 0,925                                                   3                                                            

[13] Posso aggiungere anche il risultato di 27 esperienze di scrittura del mio cognome:

 

                                                                                 media                     2,223

                                                                                 errore                ± 0,0298

                                                                                 massima                2,292

                                                                                 minima                   2,165

 

La disposizione seriale dei valori numerici è questa:                     

                                                                                                 2,165 – 2,200        (8 esperienze)

                                                                                                 2,201 – 2,250                         11

                                                                                                 2,251 – 2,300                         8

Aggiungerò inoltre che la parola Garibaldi scritta senza puntini sull’i diede una media di 2,875 e un errore di ± 0,0320.

Le variazioni dei singoli tempi di scrittura si disponevano così:

                                                                                                                2,801 – 2,850         (5 esperienze)

                                                                                                                2,851 – 2,900                         9

                                                                                                                2,901 – 2,950                         5

                                                                                                                sopra 2,950                           1

[14] Le esperienze con la mano sinistra furono eseguite sempre dopo quelle con la mano destra.

[15] Credo opportuno di segnare i limiti di tempo entro i quali oscillano le varie esperienze:

 

movimenti di abduzione                       movimenti di adduzione

da 0,701 a 0,730 (5 esperienze)             da 0,601 a 0,630 (1 esperienza)

da 0,731 a 0,760          9                          da 0,631 a 0,660            1

da 0,761 a 0,790          3                          da 0,661 a 0,690            2

da 0,791 a 0,800          1                          da 0,701 a 0,730            5

                                                                 da 0,731 a 0,760            2

                                                                 da 0,800 a 0,831            2

[16] Buccola, La riproduzione delle percezioni di movimento nello spazio visivo e nello spazio tattile, nella Rivista di filosofia scientifica, anno 1°, fascicolo 4° e 6°.

[17] Stricker, Studien uber die Bewegunggsvorstellungen, pag. 12. Wien, 1882.

[18] Il capitolo de “La legge del tempo” termina invece con questo periodo: Non v'è bisogno che faccia lusso di molte parole per chiarire il mio pensiero. Il lettore può osservare di leggieri con indagini comparative quale e quanta differenza passi tra il senso del tempo dipendente da meccanismo fisiologico e da ragioni puramente psichiche. Riveda senz'altro le cifre di riproduzione raccolte innanzi e le confronti con quelle di analoga durata che si osservano in queste pagine, nelle quali ho studiato da un nuovo punto di vista il problema interessantissimo della memoria organica.