La memoria organica
nel
meccanismo della scrittura
Ricerche sperimentali
Rivista
di Filosofia Scientifica, 1882
(Le parti evidenziate in giallo sono
state aggiunte ne “La legge del tempo nei fenomeni del pensiero”)
I.
Se i tessuti viventi, ed
in ispecial modo la sostanza nervosa, non avessero il
carattere di conservare e di riprodurre le attività funzionali già
sperimentate, non potremmo comprendere il meccanismo di qualsiasi fenomeno
biologico.
Le fibre muscolari si contraggono e dànno luogo ai
vari e molteplici movimenti, i tubi nervosi si prestano alla trasmissione degli
stimoli, e le cellule gangliari sentono, percepiscono e trasformano gli
eccitamenti di senso in impulsi motori coordinati, solo perché nei muscoli, nei
nervi e nei centri nervosi esiste una proprietà fondamentale che diciamo memoria, per la quale si riproducono quei dati
processi fisico-chimici avvenuti nella tessitura
anatomica degli organi, accompagnandosi nello stesso tempo ai processi
funzionali corrispondenti. In diversa maniera è difficile od impossibile, ad
esempio, rendersi conto della mirabile perfezione che si manifesta nei
movimenti acquisiti, detti anche azioni automatiche secondarie, e nei movimenti
di gran parte del mondo animale, che ci sembrano
spontanei e primitivi. Nell’uno e nell’altro caso è la memoria che agisce, ora
per l’esperienza dell’individuo, ed ora per l’esperienza della specie trasmessa
e conservata dalle leggi universali e ineluttabili di eredità.
Il bambino che apprende lentamente e con sforzi ripetuti e penosi a muovere i
primi passi, e poi raggiunge siffatta capacità motrice che i suoi muscoli si
contraggono e compiono il proprio lavoro con automatismo sorprendente; l'ape
che spinta da abitudini congenite costruisce con le
leggi della simmetria la più estetica le sue cellette, che sembrano un miracolo
di natura, e il ragno che tesse la sua tela esilissima con l'intreccio
meraviglioso e sapiente di fili innumerevoli, sono i più belli episodi della
memoria nel grande poema della vita.
Il campo che oggi la
psicologia assegna alla memoria è immensamente esteso e contiene nel suo grembo tutti i fenomeni della vita, dalla
contrazione del muscolo all'associazione delle idee. Come i nostri movimenti
volontari raffigurerebbero sempre atti goffi e mal destri, se a ciascun gruppo
muscolare dovessimo col concorso della coscienza impartire questo
o quell'altro impulso volitivo, ossia se i
centri nervosi che presiedono al moto non avessero una memoria; così, a dire
dell'Hering, la nostra facoltà di
percezione rimarrebbe sempre in uno stato di sviluppo assai basso e quasi
rudimentale, se dovessimo ogni volta costruire coscientemente le singole
percezioni con gli elementi che ci vengono forniti dagli organi dei sensi,
ossia se i centri percettivi, analogamente ai centri motori, non serbassero
memoria delle loro attività funzionali. Lo stesso vale per qualsiasi processo
psichico.
Descrivere quindi la
memoria come una facoltà dello spirito è un errore della vecchia psicologia,
che si compiaceva nella creazione di tipi; credere che la memoria sia un
ricettacolo, in cui le immagini e le idee si trovano accumulate e disposte in
varie categorie, è una contraddizione alle prove cotidiane
che ci somministra la biologia. La memoria rappresenta l'aspetto psicologico
della persistenza dell'energia; e come niuna manifestazione di forza va perduta
nel mondo fisico, così niuna impressione o eccitamento che opera sopra un
tessuto vivente sparisce del tutto. La memoria infine, ed è questa la dottrina
fondamentale della psicologia contemporanea, più che un fatto particolare della
coscienza, è un fatto di natura biologica, o, per meglio dire, è un attributo
dell'incosciente, che è la vera base della personalità animale. La memoria
veramente psichica costituisce nella storia dell'individuo e della specie una
piccola parte rispetto al dominio estesissimo della memoria generale ed
organica, in cui è scomparsa quasi del tutto ogni
partecipazione della coscienza[1].
Un esempio evidente di
memoria organica ci offre la scrittura, la quale appartiene alla categoria
delle azioni che l'Hartley chiamò automatiche secondarie, per distinguerle dalle azioni
automatiche primitive o congenite. La scrittura, come il linguaggio parlato ed
il linguaggio mimico, è un atto psicofisiologico, col
quale traduconsi all'esterno gli stati di coscienza.
Ma se i movimenti mimici del
volto hanno dei caratteri innati, il suono vocale ed il segno grafico invece
sono un prodotto dell'esercizio, dell'esperienza, e ad essi
si conviene opportunamente il nome di riflessi acquisiti, o per usare la frase
del Bain, di acquisizioni meccaniche.
Io non voglio nè posso discutere sull'origine della scrittura che noi
oggi adoperiamo, cioè la scrittura fonetica, e molto meno
toccare la grave questione, dirò così, etnologica che vi si collega. Tutti sappiamo, per citare le due forme più classiche, che mentre
nella scrittura semitica le lettere sono allineate in senso centripeto, nella
scrittura aryana, che è la nostra, pur conservandosi
la medesima disposizione delle linee, le quali stanno l'una sopra l'altra, le
lettere invece hanno una direzione centrifuga per rispetto all'asse del corpo.
O in altre parole, la scrittura semitica è di adduzione,
la nostra di abduzione. Il tal caso l'ordinamento
delle lettere e la direzione delle linee dipende da leggi fisiologiche, da
necessità di struttura e di conformazione anatomica, o non sono piuttosto, come
sostiene il Vogt, effetto di cause
esterne differenti[2]? Quest'ultime,
a giudizio del sommo antropologo, in epoche assai remote spiegarono
la loro influenza sui primi uomini, e, sebbene possano sembrare scomparse,
hanno in forza dell'eredità e dell'abitudine conservato nei discendenti la
maniera particolare nella formazione dei segni grafici. Certo è, per non
impigliarci in così difficile argomento, che la scrittura centripeta, stando ai
fatti più immediati, è propria delle razze inferiori, e che nelle razze alte
non solo il modo di esprimere graficamente i propri pensieri, ma tutte o quasi
tutte le operazioni manuali, nelle quali si richiede facilità, precisione,
eleganza, sono compiute con movimenti centrifughi, e
sembra che nella evoluzione fisiologica delle funzioni motrici i movimenti dei
muscoli abduttori abbiano ottenuto il predominio sopra quelli degli adduttori. Quindi la scrittura in senso centrifugo per noi deve essere
stimata quale un fatto naturale e, come suol dirsi,
più conforme allo scopo, a causa della maggior libertà dei movimenti che il
braccio, per riguardo all'asse del corpo, acquista rivolgendosi verso l'esterno.
Nè ciò vale solo pel braccio
destro, ma anche pel sinistro; e i fisiologi han
potuto dimostrarlo con la cosiddetta "scrittura a specchio" o
"litografica", la quale si osserva nei fanciulli che imparano le
prime volte a tracciare segni grafici, e più specialmente e con maggiore
evidenza in talune persone adulte obbligate a scrivere con la mano sinistra,
avendo la paralisi reso inerte la metà destra del corpo.
Ma dove e come si formano
le immagini delle singole lettere e perciò delle parole scritte?
Quivi l'analisi
fisiologica è riescita a decifrare il meccanismo di
questi fenomeni estremamente complessi.
Senza dubbio chi regola
i movimenti della scrittura presso tutti i popoli è
l'emisfero cerebrale sinistro, il quale, come è noto, presiede anche alla
funzione del linguaggio. Una connessione intima, dimostrabile più che altro
dalla patologia, passa tra il linguaggio e la scrittura, che rappresentano in
fondo due fasi di un medesimo processo psicofisiologico.
Mentre il linguaggio nel suo schema fondamentale è costituito da imagini acustiche, sia di natura sensoria che motrice, cioè da imagini di eccitamenti
sonori che entrano nel cervello per mezzo dell'udito e da imagini
dei movimenti necessari alla formazione coordinata dei suoni, nella scrittura
invece troviamo delle imagini visive anch'esse sotto
l'aspetto del senso e del movimento: ossia, il meccanismo mnemonico della
parola scritta ha doppia sorgente, essendo composto dalla memoria dei segni
scritti come complesso di percezioni visive e dalla memoria dei segni scritti
come forme di movimento. Le abitudini ereditate di generazione in generazione
hanno fatto si che noi dopo un certo periodo di vita e
quindi di esperimento, giungiamo senza difficoltà a stabilire una perfetta
equivalenza tra le imagini visive della parola
scritta e le imagini acustiche della parola parlata;
e poichè il linguaggio fonetico nella evoluzione
individuale precede la scrittura, si può quasi sicuramente affermare che l'uso
universale di scrivere con la mano destra deve anzitutto la sua origine alla
funzione del linguaggio, che ha sede ben definita nell'emisfero sinistro del
cervello. Pertanto l'ipotesi dell'Erlenmeyer,
secondo la quale noi siamo cerebro-sinistri perchè siamo mano-destri, scambia la causa per
l'effetto; e molto meno poi ci sembra conforme al vero l'opinione del medesimo
autore, che vorrebbe far dipendere il predominio della destra nelle operazioni
manuali da ciò che la nostra scrittura va da sinistra verso destra[3]. La prevalenza della
mano destra in tutti i movimenti dell'uomo, e che pur si osserva negli animali
più affini all'uomo, come le scimmie, deve avere cause organiche, alla cui
costituzione concorsero e concorrono tuttavia
l'eredità e l'arte educativa: anzi, secondo alcuni, coteste
cagioni consisterebbero nello sviluppo embrionale più sollecito dell'emisfero
sinistro, che ammesso dal Gratiolet fu però
posteriormente dall'Ecker e dal Vogt, nel maggior peso assoluto e relativo del medesimo
emisfero, le cui circonvoluzioni frontali hanno una morfologia più complicata,
e nella copia maggiore di onda sanguigna che vi accorre dalle arterie.
Per noi sta il fatto che nell'emisfero sinistro devesi trovare la
sede principale della formazione delle lettere e che la genesi della parola
grafica richiede, come notammo, due condizioni: una serie di eccitamenti
luminosi, che per mezzo dell'organo della visione si recano ai centri cerebrali
e vi perdurano sotto forme di imagini sensorie, ed
una serie simultanea di impressioni muscolari, dipendenti dalla funzionalità
degli apparecchi motori dell'avambraccio, della mano e delle dita, che
anch'esse si organizzano nel cervello sotto forma di imagini
motrici. Senz'altro modo non potrebbesi formare nella
nostra mente la rappresentazione dello spazio figurato. La ripetizione poi e l'esercizio
valgono a rendere queste imagini non solo permanenti,
ma ad associarle intimamente fra di esse e quasi a
fonderle insieme, di guisa che nel prodursi dell'immagine visiva della lettera
o della parola scritta si sveglia nello stesso tempo la corrispettiva imagine motrice: onde prima di segnare sulla carta il
simbolo grafico noi abbiamo una visione interna della figura della lettera o
della parola, che, integrandola, rivestiamo con la memoria di quei movimenti
vari e complessi, alla cui esecuzione, dapprima con grande sforzo di volontà e
dispendio di energia muscolare, ci ha abituati l'esperienza tutte le volte che
dovevamo tradurre con segni sensibili le nostre idee. Così tra la parte
sensoria e la parte motrice nel fenomeno della scrittura si stabilisce tale
intimità di legami e di rapporti che è quasi
impossibile distinguere le due fasi del processo: solo il fatto patologico, che
è un esperimento delicatissimo della natura, giunge a scomporre nei suoi
elementi costitutivi il linguaggio fonetico e il linguaggio scritto.
Ora, se ben si noti, le imagini visive e motrici,
che troviamo nel meccanismo mentale della scrittura, e che hanno, come dicemmo,
origine diversa, presentano alcuni caratteri particolari, che ci aiuteranno
moltissimo alla ricerca definitiva della sede organica.
Gli eccitamenti ottici,
che servono di base alle imagini sensorie, sono
binoculari, e però, secondo le prove anatomiche e fisiologiche, debbono interessare le cellule psichiche dei due emisferi;
ma la memoria dei movimenti, coi quali componiamo lo spazio figurato, non ha
sorgente doppia, poichè qui entrano solamente in campo
i movimenti dell'arto destro, che stanno sotto l'esclusiva dipendenza
della metà sinistra del cervello. Ciò importa, come fa notare il Vogt, che la rappresentazione della forma
delle lettere, per abitudine già ereditata e per associazione già divenuta
organica tra l'immagine visiva e l'imagine motrice,
deve compiersi prevalentemente nell'emisfero sinistro; mentre tutto quello che
si riferisce alla rappresentazione della distanza fra le singole lettere aggruppate in
parole, del collegamento mutuo delle parole e del modo con cui sono dirette le
linee, deve aver luogo nei due emisferi in proporzione di
gran lunga maggiore del primo caso. Una prova evidentissima ne è fornita dalla esperienza comune, nella quale chiudendo
gli occhi noi siamo in grado di scrivere esattamente con la mano destra: però
se la forma delle lettere rimane integra, o meglio se l'espressione grafica di
ogni lettera non soffre alcun cambiamento nei filetti, nei tratti arcuati e
nelle aste, invece le commissure tra le parole, gli
intervalli che separano una lettera dall'altra od una parola dall'altra e la
direzione delle linee rivelano incertezza e talvolta confusione, che non
possono avere altra causa se non la mancanza della visione binoculare. Ciò non
toglie che con lungo esercizio non si possa vincere
questa difficoltà fisiologica. Tuttavia nell'emisfero destro, sebbene
l'abitudine e l'esperienza ne abbiano scemato la
compartecipazione all'uso quotidiano dello scrivere, esiste, direi quasi, la
capacità funzionale grafica: moltissimi scrivono, quantunque difficilmente, con
la mano sinistra e ad occhi chiusi e, quel che è di più, i paralitici dal lato
destro possono scrivere con l'altra mano e con agevolezza. Se
non che dobbiamo fare una distinzione di non lieve interesse: mentre noi
in cui è integro il potere funzionale dei due emisferi del cervello, è
persistente l'efficacia dell'educazione acquisita ed è viva la memoria dei
segni grafici tracciati dalla mano destra, volendo scrivere con la sinistra non
facciamo altro che sforzare i muscoli dell'arto a rappresentarci in modo
sensibile le imagini visive interne nella forma e
nella direzione, con le quali furono sempre rivestite dall'altra mano, e quindi
eseguiamo uno scritto di adduzione; nei paralitici, per contrario, le imagini mnemoniche dei movimenti muscolari della mano
destra essendo scomparse del tutto nell'emisfero sinistro del cervello per la
lesione morbosa che ha dato luogo alla paralisi, ed essendosi in cambio
conservate nell'emisfero destro, avverrà che i muscoli dell'arto sinistro, nel
proiettare l'immagine, eseguiranno un movimento centrifugo identico a quello
che avrebbe fatto l'arto destro, e l'imagine visiva,
rispetto all'apprezzamento ordinario della scrittura, sarà tracciata a
rovescio. Il perché è semplicissimo: l'impressione dei
movimenti di un arto si conserva pure nell'emisfero dello stesso lato, ma sotto
forma rovesciata. Se con la mano destra compio come
nella scrittura comune una serie di movimenti centrifughi, nel mio emisfero
cerebrale omonimo perdura la memoria di questi movimenti; e quando esso deve
entrare da solo e necessariamente in funzione, è naturale che provocherà la
contrazione di quei muscoli dell'arto sinistro che sono i corrispondenti dei
muscoli del lato destro, e i movimenti consecutivi, simmetrici sempre rispetto
all'asse del corpo, avverranno in linea centrifuga: allora la scrittura in tali
condizioni apparirà capovolta. Questo fenomeno singolare, che incontrasi
spesso e con la massima chiarezza nei casi patologici, dove per alterazioni
profonde dell'emisfero sinistro è annullata la memoria motrice e sono resi inefficaci
gli effetti dell'esperienza e dell'attenzione volontaria, avviene pure nel
dominio fisiologico; e il Vogt con lunga serie di esperienze
ha potuto dimostrare che nelle persone sane, malgrado persista la funzione
simultanea e, soggiungeremo, perturbatrice dell'emisfero sinistro del cervello,
la scrittura litografica è la scrittura normale della mano sinistra,
specialmente quando si elimina l'influenza del senso della vista con la
chiusura degli occhi[4]. Sopra di me stesso e
d’altri ho constatato che ad occhi chiusi la scrittura
rovesciata con la mano sinistra è più facile, più spedita e più estetica della
scrittura normale eseguita in direzione centripeta (da sinistra a destra) con
la stessa mano. I fanciulli in modo particolare, come
osserva il Buchwald,
scrivono quasi incoscientemente in forma litografica con la mano sinistra, e vi
spiegano un'abilità come nella scrittura usuale compiuta con la destra[5]. E non è raro il caso
di fanciulli che, sollecitati a scrivere il proprio
nome con la sinistra e a collocare, non senza sforzo di attenzione e lentezza,
le lettere nella stessa maniera che nella scrittura normale, riescano a fare
dei movimenti centrifughi e quindi una scrittura litografica appena si esige
che la parola venga tracciata con una certa celerità. Son
pochi però gli individui che non verghino lo scritto
con la mano sinistra nella medesima direzione e forma che vien
data allo scritto con la destra, e non siamo capaci contemporaneamente di
vergare segni grafici rovesciati con la mano sinistra. È un fenomeno il quale
non può interpretarsi se non ammettendo che, per lunga e inveterata abitudine
di scrivere, la memoria motrice delle lettere e delle parole è
così tenacemente organizzata da esercitare uno sforzo incosciente sui muscoli
dell'arto sinistro, ottenendo che i movimenti grafici compiano una scrittura della
stessa forma e direzione di quella eseguita con la mano destra. E quando in uno
di questi individui avviene la perdita del braccio destro per una causa
traumatica o per un processo morboso qualsiasi, può l'arto sinistro supplirlo
mirabilmente nell'esercizio dello scrivere; di cui ora, avendone considerato
per sommi capi l'aspetto psicofisiologico generale,
credo opportuno, per intendere meglio lo scopo delle mie ricerche, ricordare
ciò che riguarda il lato puramente estrinseco della esecuzione
dei movimenti.
Ed invero a chi è poco
esperto negli studi fisiologici parrà semplice e tutt'affatto naturale il meccanismo motore della scrittura;
per contrario esso è complicatissimo, e basti pensare al grande numero di
muscoli che prendono parte all'atto dello scrivere, ai nervi che conducono
l'energia motrice, la quale si dirama uniformemente e con somma regolarità dai
centri nervosi, e più che altro alle contrazioni armoniche degli apparecchi di
movimento.
Gli studi recenti, come
per la funzione del linguaggio, hanno messo in chiaro le condizioni meccaniche
della scrittura, e la scienza oggi è in grado di svelarne i più minuti
particolari.
Nessuno ignora
l'attitudine generale che assumono l'avambraccio, la
mano e le dita nell'atto dello scrivere: come del pari tutti conoscono la
posizione alquanto obliqua che d'ordinario diamo al nostro foglio di carta, in
cui la linea diagonale, tirata dall'angolo superiore di destra all'angolo
inferiore disinnesta, riesce quasi perpendicolare al tavolo di sostegno.
Nell'esecuzione
meccanica della scrittura dobbiamo distinguere vari punti di appoggio:
uno, che è fondamentale e della massima importanza, è collocato
nell'antibraccio e in special modo nella regione del gomito, un altro risiede
sul lato esterno della mano o sul margine ulnare dell'ultima falange del dito
mignolo, ed un terzo, assai debole, trovasi sulla punta della penna scrivente.
Il primo è stabile, perché nei movimenti progressivi della scrittura
costituisce una specie di pernio intorno al quale si
muove il segmento che gli sta innanzi fino alla punta della penna disegnando un
arco di cerchio: gli altri due invece sono mobili, per la ragione semplicissima
che partecipano agli esercizi grafici. Ma se l'avambraccio non poggia per intiero, allora il punto fermo del pendolo scrivente
corrisponde a quella parte che riposa sul margine della tavola: nondimeno
qualunque sia il punto fermo, per legge fisica noi dobbiamo scrivere nella
direzione di un arco di cerchio, il cui raggio ha una lunghezza eguale alla
linea che dall'apice della penna va fino al punto stabile dell'avambraccio. La
scrittura naturale quindi deve essere foggiata in
maniera circolare; e se spesso, o quasi sempre, non riesciamo
a farla arcuata, egli è perché nell'uso comune adoperiamo fogli di carta assai
stretta, in cui non apparisce la curvatura che devono assumere i segni grafici
e per cui l'esperienza ripetuta ed acquistata col senso visivo e muscolare ci
ha educato, col concorso simultaneo di qualche piccolo spostamento del braccio,
anche nel tracciare linee non troppo brevi, a correggere le deviazioni
fisiologiche dei movimenti a pendolo ed a collocare, più che possibile, le
parole in linea diritta, cioè in una linea parallela al margine orizzontale
della carta. Però la rapidità e, diciamo pure, la regolarità della scrittura, è
favorita grandemente quando il gomito agisce da centro, ed è alcun poco
impedita se trasportiamo più in basso il punto fermo: infatti
nel primo caso la rotazione dell'avambraccio si fa grado a grado e le parole
possono essere scritte l'una dopo l'altra senza dispendio di tempo, mentre nel
secondo caso si è costretti, durante i movimenti progressivi della penna lungo
la linea di scrittura, a spostare l'antibraccio, la qual cosa è causa di
ritardo.
Tutta questa parte
materiale dello scrivere è piuttosto generica: ciò che costituisce la natura
specifica del fenomeno fisiologico che vogliamo studiare è la formazione delle
singole lettere, ossia la formazione degli elementi onde si compone ciascuna
lettera, nella quale come è noto vanno considerati il
filetto, il corpo o tratto fondamentale ed i segmenti curvi o archi.
Il filetto decorre in
linea diritta: è prodotto da un movimento semplicissimo di estensione,
cui partecipano il muscolo estensore comune delle dita, quello proprio dell'indice
e gli interossei, dai quali dipendono i movimenti della seconda e della terza
falange del dito medio e dell'indice nel cui mezzo è collocata la penna. Oltre
a ciò, siccome il pollice, nella positura abituale dello scrivere, esercita una
lieve pressione sulla penna e segue nella scrittura l'estensione delle altre
due dita, così è necessario che la sua ultima falange, già flessa, sia distesa
dal muscolo lungo estensore, e nello stesso tempo il pollice fa un piccolo
movimento di adduzione per opera di un altro muscolo
speciale. In tal modo la mano scrivente può tracciare una linea sottilissima,
che è il filetto.
Il corpo, che anch'esso
decorre in modo diritto e forma sulla carta, dall'alto in basso un tratto più o
meno grosso, dipende da una serie di movimenti di flessione. Nella scrittura di
lettere piccole si contraggono il flessore profondo delle dita, che fa piegare l'ultima falange dell'indice e del medio, e il
flessore lungo del pollice; ma quando devono essere disegnate lettere
maiuscole, nelle quali sono richiesti movimenti più larghi, vi partecipa anche
la mano per opera del muscolo flessore radiale del carpo. L'Erlenmeyer
soggiunge che talvolta si contrae il flessore superficiale delle dita,
specialmente in coloro che nello scrivere mantengono una posizione assai pronata della mano e debbono per
conseguenza premere sulla penna con la seconda falange dell'indice. Infine
negli archi o tratti arcuati, a seconda della
direzione centrifuga o centripeta, funzionano i muscoli abduttori o adduttori
della mano scrivente, che ricordiamo soltanto senza discendere alle
particolarità anatomiche.
Ma oltre il concorso di
così molteplici contrazioni muscolari è ammirabile nel meccanismo della
scrittura soprattutto la coordinata distribuzione degli impulsi motori lungo i
nervi, che si diramano nell'apparecchio destinato ai movimenti grafici. Ciascuna delle parti elementari, onde è composta una lettera, non è
l'effetto dell'eccitazione isolata di un unico nervo; poiché nel descrivere il
filetto entrano in attività i nervi cubitali, radiale e mediano; nel formare il
corpo è mestieri l'azione contemporanea del mediano e del cubitale, e
nell'eseguire le linee arcuate, sia in senso centripeto che in senso
centrifugo, occorre l'opera simultanea di tutti e tre i tronchi nervosi.
Tutto questo noi sappiamo dallo studio fisiologico dell'organismo; né i
fenomeni, di cui abbiamo discorso, potrebbero prodursi con ordine ed armonia se
i centri nervosi, le fibre conduttrici e i muscoli, educati da mille tentativi di esercizio, sul quale poggia l'edifizio
della nostra vita incosciente, non conservassero memoria della loro speciale
funzionalità.
L'efficacia
dell'esercizio nella scrittura, e in tutti gli altri movimenti acquisiti, è
immensa ed ha tale importanza fisiologica e psicologica che val
la pena anche qui di discorrerne un istante.
Nei movimenti complessi,
di cui dispone ogni individuo, più che alla energia
delle contrazioni muscolari devesi riflettere al regolare coordinamento delle
contrazioni medesime: la qualcosa, come ha osservato il Du Bois-Reymond, dimostra che il vero meccanismo dei
movimenti composti ha sede nei centri nervosi, dai quali per via delle fibre
conduttrici, si diramano le infinite varietà di impulsi motori. E se con la ripetizione riesciamo
a compiere atti delicatissimi, che richiedono un equilibrio meraviglioso nella
funzione dei nostri muscoli, egli è perché nei centri che presiedono
all'innervazione motrice non solo rendonsi più abituali le scariche che
provocano i movimenti
adatti, ma scompaiono poco a poco le tracce dei movimenti concomitanti
che non si conformano allo scopo[6]. Avviene, insomma, una
specie di selezione di energie motrici: si sopprimono i
movimenti inutili e si fissano e si organizzano stabilmente quelli appropriati.
L'esercizio fa sì, ed è questo il suo effetto principale, che al primitivo e
scompigliato abuso di forze e alle inconsulte esplosioni sottentri un impiego
economico e regolare delle energie motrici. A questo risultato certamente non
si perverrebbe se non esistessero dei meccanismi anatomici preformati e capaci
di condurre, accumulare e trasmettere gli eccitamenti: ciò che manca è la
connessione funzionale di siffatti meccanismi, che nei movimenti acquisiti si
ottiene con l'uso ripetuto, vale a dire con l'esercizio[7]. Così ci spieghiamo
perché il bambino, cui nei primordi dei suoi tentativi di scrittura era quasi
necessaria la contemporanea mobilità della lingua, della faccia e perfino degli
arti inferiori, riesca nell'età più adulta a
significare speditamente
i suoi pensieri coi movimenti isocroni del solo pugno sinistro; così pure ci
spieghiamo perché il pianista sia ora capace di muovere con rapidissima armonia
le sue dita sui tasti dello strumento, fondendo in un solo istante
l'impressione visiva del segno musicale, gli sforzi coordinatori degli atti
muscolari, la nozione di ogni singolo impulso e della sua durata speciale
nell'organo periferico: tutte cose che prima gli erano costate grave fatica ed
enorme dispendio di forze. La legge di associazione
per contiguità governa pure le manifestazioni motrici della vita psichica e fa
sì che i movimenti giungano a concatenarsi e a richiamarsi l'un l'altro
formando delle successioni seriali e quasi ritmiche.
Ma l'efficacia
dell'esercizio nella scrittura non si spiega soltanto sulla parte motrice del
sistema nervoso e quindi sugli apparecchi muscolari; essa educa nello stesso
tempo le attività sensorie e psichiche propriamente dette, poiché la distanza e
la forma delle lettere, la loro connessione in parole, gli intervalli tra le
lettere e tra l'una e l'altra parola, la disposizione delle linee, la
traduzione fedele dei pensieri nei simboli grafici, e tutti quei particolari
che si convengono alla scrittura corretta non potrebbero essere
convenientemente conservati se, per non dire altro, il senso visivo, il senso
muscolare e l'intelligenza non partecipassero al meccanismo del linguaggio
grafico, che alla fine, quando le attività psichiche, sensorie e motrici si
sono organizzate in modo stabile, diviene del tutto incosciente. Collegando ripetute volte
un atto percettivo o una idea ad un movimento di forma
determinata, per legge psicologica succede che la manifestazione motrice finirà
per compiersi fuori della volontà e della coscienza, appena la percezione o
l'idea si presenteranno innanzi alla nostra mente. Gli esempi che ci offre la fisiologia sono infiniti, e possiamo citare quello
della lettura ad alta voce recato dallo Spencer. Se la vista
delle lettere stampate è stata in principio seguita
dalla imagine dei suoni, e l'immagine dei suoni dai movimenti
vocali, con lento esercizio in prosieguo la lettura diventa così rapida e così
intimo il legame tra gli eccitamenti visivi e i moti fonetici che si perde la
coscienza del meccanismo funzionale e si può leggere ad alta voce senza badare
al suono delle parole ed ai pensieri che in esse vengono raffigurati.
II.
Dopo tutto
quello che si è detto parmi non siavi
bisogno di altre considerazioni per dimostrare che la trama psicofisiologica
del fenomeno della scrittura è sommamente complicata, e che solo per opera di
un lungo esercizio e delle attitudini ereditate il cervello umano è divenuto
quasi un organo automatico nel conservare e riprodurre la varietà infinita di imagini visive e motrici e nel rappresentarle all'esterno
con simboli grafici.
Con non lieve difficoltà
ciascuno può osservare sopra gli altri e sopra se stesso come si vada a poco a poco organizzando la memoria nel meccanismo
della scrittura, e come i movimenti muscolari, la cui associazione primitiva
costò molta fatica, siansi così armonicamente
collegati che la mano traccia rapida sulla carta i simboli delle nostre idee e
gli impulsi cerebrali, senza il penoso accompagnamento dell'attenzione
volontaria, corrono per le vie nervose con estrema agevolezza suscitando moti
simultanei nei diversi gruppi muscolari dell'arto scrivente.
Sulla fisiologia della
scrittura sono state eseguite molteplici ricerche, sia per vedere col metodo
grafico i muscoli che vi prendono parte, sia per istudiare
la forma dei vari segni ottenuti in condizioni diverse. Il Vogt
ha fatto in proposito delle esperienze, le quali confermano che la sede
precipua delle imagini delle lettere è l'emisfero
sinistro del cervello per la grandissima rassomiglianza tra la scrittura ad
occhi aperti e quella tracciata ad occhi chiusi con la mano destra,
rassomiglianza che aumenta con l'età e quindi con l'esercizio; ma queste
esperienze nel medesimo tempo dimostrano, come vedemmo, l'influenza che ha la
visione binoculare sulla direzione delle linee e sugli intervalli delle parole.
Il Vogt studiò inoltre la scrittura
litografica o a specchio, la quale non è altro che la
scrittura propria della mano sinistra, perché, oltre ai casi patologici, lo
scritto fatto al rovescio con la destra e ad occhi chiusi non somiglia a quello
eseguito in condizioni visive naturali, anzi molto spesso riesce impossibile
tracciarlo, e perché la mano sinistra compie dei segni quasi identici nella
forma, sia che si faccia partecipare o no l'organo della vista. Però la scrittura si avvicina dippiù
al tipo normale quando vien chiusa la sorgente delle
impressioni luminose.
Ma io credo che siavi un mezzo più obiettivo e più scientifico per
dimostrare il limite di perfezione cui giunge la memoria organica nell'esercizio
fisiologico della scrittura, ed è la misura del tempo applicata ai movimenti
che dobbiamo eseguire nel disegno di una lettera o di
una parola. Facendo scrivere per diverse volte una stessa frase, noi
giudichiamo dalla grande somiglianza o dall'identità
di forma nei vari spazi figurati che l'imagine dei
segni si è stabilmente organizzata nei centri nervosi ed è tradotta all'esterno
con la stessa veste. Nondimeno, se ben si noti, l'apprezzamento della forma per sè sola non è assolutamente sicuro,
e basti pensare alle lievi oscillazioni individuali che ci accompagnano in
simili giudizi. La memoria dei segni grafici, nel suo vero e proprio
significato, se è comunemente desunta dalla forma degli spazi figurati, deve
pur confrontarsi al criterio della celerità più o meno isocrona dei movimenti,
la cui misura non può esserci fornita che dal tempo: infatti
io posso
scrivere due parole formalmente identiche, ma diverse nella durata dei
movimenti grafici. Giudichiamo adunque
perfetto il meccanismo mnemonico della scrittura quando le singole lettere o le
parole combacino nelle varie proprietà
degli elementi figurativi e nel tempo che si è impiegato per la funzione degli
apparecchi muscolari, i quali devono descrivere quelle date imagini:
così nelle nostre ricerche entrano come elementi indispensabili i due criteri
della forma e della durata, l'uno più soggettivo che obiettivo e
dipendente dall'educazione del senso della vista, l'altro del tutto impersonale
ed assolutamente più corretto e più preciso.
Io credo di aver
soddisfatto alle esigenze sperimentali del problema adoperando strumenti
semplicissimi.
Con una penna comune e
nella posizione ordinaria di scrivere, sopra una piastra di
metallo levigata e rettangolare traccio delle lettere, delle sillabe e
delle parole. La penna e la lamina metallica per mezzo di fili conduttori sono
in comunicazione con l'apparecchio cronometrico, il quale registra l'istante in
cui la penna tocca la piastra di rame (chiusura del
circuito elettrico) e l'istante in cui, compiuti con la mano i movimenti
necessari alla formazione della lettera, della sillaba o della parola, la penna
viene rapidamente allontanata dalla superficie di contatto (apertura del
circuito).
Le mie esperienze, le
quali assommano a parecchie migliaia, sono state fatte con lo scopo di valutare
il tempo che si impiega nel descrivere un medesimo
spazio figurato in giorni ed anche in mesi diversi, adoperando nell'esecuzione
materiale la celerità dei movimenti che si usa dalla grande maggioranza delle
persone esercitate quando si vuol vergare uno scritto qualsiasi. E siccome per
ciascun simbolo le esperienze sono molte, così, confrontando le varie serie,
possiamo determinare con un criterio assoluto, quale è
quello fornitoci dal tempo, il grado di memoria organica nella formazione di
uno stesso segno grafico. Sotto questo riguardo le mie
esperienze furono istituite sopra lettere semplici, sia vocali che consonanti;
sopra una stessa lettera ripetuta di seguito due, tre, quattro e sei volte;
sopra parole simboleggianti nomi proprii e composte di varie
sillabe. Per ragioni facili a comprendersi, nelle parole da me scelte mancano
le lettere accompagnate da punti o da accenti, pei
quali nella scrittura ordinaria si richiede un'interruzione durante la
meccanica dei movimenti, interruzione che, essendo operata dai più, reca, come
ha dimostrato il Javal, dei cangiamenti nella filettatura, che possiamo chiamare il tessuto connettivo delle
lettere di una parola, e cagiona anche un ritardo notevolissimo perché
vi abbisogna maggior tempo a mettere un punto sopra un i e riprendere il corso
regolare e progressivo dei movimenti che a tracciare due o tre aste[8]. Conservando
poi nelle figure grafiche le medesime proporzioni dei filetti, del corpo, degli
archi e delle connessioni e distanze fra le lettere, si può benissimo dal tempo
trascorso osservare l'uniformità o no dei movimenti muscolari, che sono la
parte fondamentale del meccanismo della scrittura. Questa
ricerca vien fatta calcolando le oscillazioni delle
singole cifre che compongono una data serie e valutando comparativamente
l'errore medio nelle diverse serie sperimentali attinenti ad una medesima
parola, sillaba o lettera. Lo stesso processo vale anche per la
determinazione del tempo bisognevole a segnare sulla carta i segni grafici più
elementari, che sono il punto e la virgola.
Prendendo poi come
esempio tipico una parola, ho voluto da una parte studiare le possibili
variazioni di tempo tra la scrittura eseguita ad occhi aperti e quella eseguita ad occhi chiusi; e dall'altra determinare
quali cangiamenti nell'errore medio, tenuto conto
delle rispettive durate, si verificano nella parola scritta con i movimenti
ordinari in paragone con la parola disegnata con movimenti più lenti, che si
avvicinano a quelli proprii di una scrittura estetica
o calligrafica.
Aggiungo che non ho
trascurato il tentativo di provare sperimentalmente la superiorità dei
movimenti di abduzione sopra quelli di adduzione della
mano destra, e di instituire alcuni confronti, sia
per la forma che per il tempo, tra la rappresentazione grafica di uno stesso
segno eseguito nel modo comune con le due mani e fra la scrittura normale e
rovesciata fatte ambedue con la mano sinistra.
Infine, per meglio
rilevare i caratteri della memoria organica, feci alcune esperienze comparative
fra il tempo di una parola scritta con la mano destra e il tempo necessario
alla riproduzione mentale della stessa parola: anzi, a dir vero, estesi
l'esperimento cronometrico ai singoli elementi componenti
la parola, cioè alle lettere, e notai le differenze e gli errori medi, che
debbono apparire nell'atto fisiologico della scrittura e nell'atto puramente
psichico di riproduzione.
Come si vede, il campo
delle mie ricerche, così molteplice e vario, è stato ideato con unità di scopo,
che è quello di studiare per via obbiettiva e
sperimentale i fenomeni della memoria organica nel meccanismo della scrittura.
ESPERIENZE SULLE LETTERE
Comincio anzitutto dai
segni elementari dell'alfabeto, e scelgo la serie di esperienze
che si riferiscono ad alcuni di essi nella loro doppia espressione di lettere
piccole e maiuscole. Ripeto che ciascuna serie di esperimenti
è stata fatta in giorni e talvolta in mesi diversi, di guisa che vi esiste una
completa indipendenza; se per riguardo alla forma del simbolo grafico posso
garantire una perfetta corrispondenza anche dei più minuti particolari, per
riguardo al tempo in cui furono eseguiti i movimenti mi basta di mettere
sott'occhio i seguenti prospetti:
A)
Lettere semplici
Le cifre
del tempo rappresentano millesimi di secondo
Segni grafici |
Serie delle esperienze |
Numero delle esperienze |
Media del tempo di scrittura |
Errore medio |
a |
1a |
10 |
0,456 |
± 0,0106 |
2a |
10 |
0,441 |
± 0,0100 |
|
3a |
12 |
0,441 |
± 0,0105 |
|
4a |
15 |
0,462 |
± 0,0099 |
|
5a |
15 |
0,405 |
± 0,0120 |
|
6a |
15 |
0,407 |
± 0,0110 |
|
7a |
12 |
0,403 |
± 0,0094 |
|
8a |
10 |
0,422 |
± 0,0149 |
|
m |
1a |
12 |
0,543 |
± 0,0113 |
2a |
15 |
0,567 |
± 0,0120 |
|
3a |
12 |
0,508 |
± 0,0090 |
|
A |
1a |
20 |
0,626 |
± 0,0113 |
2a |
20 |
0,552 |
± 0,0114 |
|
3a |
15 |
0,579 |
± 0,0100 |
|
4a |
20 |
0,566 |
± 0,0164 |
|
M |
1a |
15 |
0,624 |
± 0,0130 |
2a |
15 |
0,671 |
± 0,0177 |
Altre esperienze fatte
sulla stessa lettera sarebbero queste:
Segni grafici |
Serie delle esperienze |
Numero delle esperienze |
Media del tempo di scrittura |
Errore medio |
B |
1a |
40 |
0,663 |
± 0,0175 |
2a |
18 |
0,670 |
± 0,0210 |
|
3a |
22 |
0,691 |
± 0,0189 |
|
4a |
16 |
0,668 |
± 0,0170 |
|
5a |
29 |
0,712 |
± 0,0118 |
|
G |
1a |
10 |
0,602 |
± 0,0120 |
2a |
30 |
0,651 |
± 0,0117 |
B)
Lettere multiple
Segni grafici |
Serie delle esperienze |
Numero delle esperienze |
Media del tempo |
Errore medio |
Differenza tra max e min |
aa |
1a |
10 |
0,757 |
± 0,0190 |
0,058 |
2a |
10 |
0,752 |
± 0,0190 |
0,065 |
|
3a |
12 |
0,739 |
± 0,0178 |
0,059 |
|
4a |
15 |
0,729 |
± 0,0189 |
0,065 |
|
aaa |
1a |
10 |
1,148 |
± 0,0340 |
0,123 |
2a |
12 |
1,159 |
± 0,0260 |
0,105 |
|
aaa |
1a |
10 |
1,556 |
± 0,0330 |
0,095 |
2a |
12 |
1,540 |
± 0,0265 |
0,114 |
|
3a |
15 |
1,550 |
± 0,0246 |
0,094 |
|
aaaaaa |
1a |
12 |
2,335 |
± 0,0330 |
0,125 |
2a |
20 |
2,320 |
± 0,0290 |
0,135 |
|
3a |
20 |
2,392 |
± 0,0280 |
0,116 |
|
4a |
13 |
2,332 |
± 0,0320 |
0,139 |
In tutte queste cifre
noi possiamo ravvisare alcuni fenomeni degni di studio.
Prima di tutto, ciò che
colpisce la nostra attenzione è la regolarità quasi perfetta del tempo durante
il quale la mano delinea i vari e complicati movimenti
della scrittura. Si pensi che ciascuna serie di esperienze
relative ad ogni singola lettera od a lettere duplicate, triplicate e via
dicendo, è stata eseguita in giorni diversi da quelli delle serie analoghe:
anzi fra talune di esse corre un intervallo di tre e perfino di quattro mesi.
Inoltre, non solo rispetto al tempo medio di scrittura, ma rispetto alla
variazione media od errore di ciascuna serie, vi è concordanza esattissima, la
quale, tenuto conto della maggiore durata, è più completa nelle esperienze
sopra le lettere multiple che nelle esperienze sopra le lettere semplici.
In secondo luogo,
confrontando gli esperimenti sul tempo di scrittura della vocale a,
troviamo che le medie si fanno due, tre, quattro e sei
volte più grandi a misura che la vocale deve essere scritta due, tre, quattro e
sei volte di seguito. Tuttavia non mi sembrano inutili
alcune osservazioni in proposito.
Prendendo le medie
aritmetiche dei tempi di a, aa,
aaa, ecc. abbiamo press'a poco
le seguenti cifre:
a 0,430
aa 0,745
aaa 1,150
aaaa 1,550
aaaaaa 2,345
Ora i multipli numerici di a, cioè di 0,430, sono progressivamente
maggiori delle cifre che segnano la durata dei multipli grafici della medesima
vocale a, e la serie delle differenze in più potrebbe essere formulata
in questo modo:
0,115
0,140
0,170
0,235
Come si spiega il fatto?
Con attenta osservazione si nota che quando scriviamo di seguito due volte a,
malgrado la forma della lettera sia identica e la
rapidità dei movimenti appaia uguale come quando scriviamo quella lettera una
sola volta, esiste tuttavia un lievissimo risparmio di tempo specialmente nella
descrizione del tratto finale discendente dell'a, risparmio che si
accresce con l'aumento del numero della lettera; e ciò è provato con evidenza
dalle cifre. Se facciamo invece la somma dei
precedenti, si ottiene con maggiore esattezza il numero che corrisponde al
susseguente:
0,430 + 0,745 = 1,175
che è quasi uguale alla
durata di aaa (1,150).
Indi:
1,150 + 0,430 = 1,580
che sarebbe la durata
propria di aaaa (1,550).
E finalmente:
1,550 + 0,745 = 2,295
che è il tempo di scrittura
di aaaaaa (2,345), il quale si
ottiene anche sommando i valori medi di a, aa
ed aaa (0,430 + 0,745
+ 1,150
= 2,325)
o moltiplicando per due il valore di aaa (1,150
x 2
= 2,300).
Questi calcoli
aritmetici elementari dimostrano, parmi, a
chiarissime note, che i tempi della scrittura aumentano in proporzioni
corrispondenti a misura che il segno grafico deve essere espresso un numero di
volte doppio o triplo; ma gli errori o variazioni medie non seguono questa
legge, cioè non crescono in ragione diretta con
l'aumento dei tempi relativi. Se la legge si verificasse
anche in quest'ultimo caso, dovrebbe l'errore medio
dell'ultima serie sperimentale aaaaaa essere
molto più grande di quello che è. Non è molto difficile trovare la ragione del
fenomeno, e vi torneremo in seguito dopo aver esposto i risultati cronometrici
ottenuti sulla scrittura delle parole.
ESPERIENZE SULLE PAROLE
Le esperienze sulle
parole, le quali costituiscono i veri materiali della scrittura, hanno
un'importanza maggiore delle precedenti.
Ho scelto alcune parole
che significano nomi proprii e che spesso ci accade di
scrivere: ad esempio Dante, Omero, Roma, Alessandro, Colombo. Sono
parole che come mille altre presentano più o meno la medesima facilità nella esecuzione grafica. Altre invece, tolte da lingue
straniere, riescono, si intende in senso relativo,
alcun poco difficili, non tanto perché si ha l'abitudine di non scriverle
frequentemente, quanto perché abbondano di consonanti non affini alla parola
italiana per il loro aggruppamento e per l'espressione fonica, le quali
impediscono la rapida ed armonica coordinazione dei movimenti: cito ad esempio
le parole Humboldt ed Helmholtz. Ma in seguito,
abituandosi con l'esercizio e con la pratica speciale che fornisce il modo con
cui sono condotte le nostre esperienze, avviene che, per l'organizzazione della
memoria dei segni grafici, la scrittura della parola non incontrerà nessun ostacolo
nel registrare le imagini con i movimenti, i quali
alla fine dovranno prodursi con precisione ed esattezza. Ed
il fatto conferma appieno l'ipotesi.
Ecco raccolti i
risultati delle mie esperienze:
Parole scritte |
Serie |
Numero |
Media |
Errore |
max |
min |
Dante |
1 |
20 |
1,742 |
0,0232 |
1,806 |
1,660 |
2 |
20 |
1,755 |
0,0240 |
1,811 |
1,706 |
|
3 |
23 |
1,773 |
0,0239 |
1,822 |
1,724 |
|
Roma |
1 |
32 |
1,793 |
0,0233 |
1,866 |
1,744 |
2 |
30 |
1,849 |
0,0240 |
1,930 |
1,788 |
|
Omero |
1 |
20 |
1,612 |
0,0238 |
1,666 |
1,567 |
2 |
26 |
1,641 |
0,0180 |
1,683 |
1,607 |
|
Colombo |
1 |
25 |
2,300 |
0,0260 |
2,413 |
2,238 |
2 |
25 |
2,370 |
0,0320 |
2,440 |
2,225 |
|
3 |
25 |
2,343 |
0,0336 |
2,424 |
2,269 |
|
4 |
25 |
2,413 |
0,0329 |
2,463 |
2,331 |
|
Alessandro |
1 |
30 |
3,100 |
0,0245 |
3,180 |
3,038 |
2 |
20 |
3,023 |
0,0244 |
3,071 |
2,985 |
Le cifre del prospetto
offrono un andamento regolarissimo, le cui oscillazioni sono appena tali da non
essere tenute in conto. Ma ciò che più sorprende non è tanto la
eguaglianza nella durata dei movimenti grafici delle singole parole,
quanto la corrispondenza tra le variazioni od errori medi di ogni serie.
L'uniforme regolarità dei singoli esperimenti risalterebbe
ancor meglio se di ogni parola mettessi sott'occhio
del lettore le variazioni del tempo grafico disposte secondo il metodo delle
serie. Sceglierò come esempio le parole Dante
e Colombo,
aggiungendo ai numeri effettivi anche le proporzioni percentuali[9].
Variazione del tempo grafico
Dante
Numeri effettivi |
Proporzioni % |
|
|||||
Tempo |
1a serie |
2a serie |
3a serie |
1a serie |
2a serie |
3a serie |
|
1651 - 1700 |
2 |
- |
- |
8 |
- |
- |
|
1701 – 1750 |
10 |
10 |
5 |
50 |
50 |
21,7 |
|
1751 – 1800 |
7 |
8 |
13 |
35 |
40 |
56,5 |
|
1801 – 1850 |
1 |
2 |
5 |
5 |
10 |
21,7 |
|
Colombo
Numeri effettivi |
Proporzioni % |
|
|||||
Tempo |
1a serie |
2a serie |
3a serie |
1a serie |
2a serie |
3a serie |
|
< 2.250 |
2 |
- |
- |
8 |
- |
- |
|
2251 - 2300 |
10 |
1 |
3 |
40 |
4 |
12 |
|
2301 – 2350 |
12 |
7 |
12 |
48 |
28 |
48 |
|
2351 – 2400 |
- |
12 |
8 |
- |
48 |
32 |
|
2401 – 2450 |
1 |
5 |
2 |
4 |
20 |
8 |
|
I risultati poi delle
esperienze sulle parole Humboldt
ed Helmholtz
hanno un significato assai notevole per l'esercizio della scrittura,
dimostrabile sopratutto dalla progressiva diminuzione degli errori seriali[10]:
Parole scritte |
Serie |
Numero |
Media |
Errore |
max |
min |
Humboldt |
1 |
20 |
3,098 |
0,0450 |
3,186 |
2,952 |
2 |
25 |
3,244 |
0,0370 |
3,364 |
3,157 |
|
3 |
27 |
3,291 |
0,0321 |
3,368 |
3,162 |
|
Helmholtz |
1 |
13 |
3,315 |
0,0540 |
3,396 |
3,200 |
2 |
13 |
3,330 |
0,0340 |
3,397 |
3,267 |
|
3 |
25 |
3,271 |
0,0294 |
3,360 |
3,188 |
|
4 |
23 |
3,280 |
0,0305 |
3,346 |
3,212 |
La prima serie nell'una
e nell'altra parola differiscono dalle serie consecutive per l'alta cifra che
raggiunge l'errore medio. Chiunque si metta a scrivere per molte volte di seguito
e a brevissimi intervalli quelle due parole, è necessario che, per ottenere
l'esattezza di forme e di tempo della scrittura comune nelle esperienze che
compongono una serie, faccia attenzione sulle varie lettere, dalla cui unione risulta la parola; e cotesta
partecipazione cosciente dei fattori psichici è causa d'incertezze. Se potessi
qui rappresentare con una tavola grafica l'andamento delle singole esperienze,
si vedrebbe che mentre nella prima serie la curva soffre oscillazioni assai
rilevanti, nelle altre invece le oscillazioni sono minori, ed i saggi di
scrittura, specialmente attinenti alla parola Helmholtz,
non si differenziano affatto per la quantità dell'errore dai saggi già
registrati di altre parole.
La grandezza dell'errore
medio e la conseguente diminuzione si spiega con le
cause che ho accennato, e ricordo tuttora che le prime volte in cui mi provai a
scrivere sulla lastra di rame le due parole Humboldt e Helmholtz,
volendo far presto e bene come in tutte le altre esperienze, sentii un certo
sforzo nel coordinare i movimenti muscolari, anzi in taluni casi mi accadde di
saltare qualche consonante o di tracciarla confusamente. Di questi risultati
erronei non tenni conto nel computo delle medie, né mi venne
fatto di incorrervi negli esperimenti posteriori, poiché, avendo acquistato
esercizio nel trascrivere molte volte quei due nomi sulla carta, la
trasformazione dell'imagine in simbolo nei saggi
definitivi sopra la lamina di rame compivasi con la
medesima agevolezza, con la quale avrei potuto esprimere un'altra parola d'uso
comune e già organizzata nella memoria. Così gli errori medi si fecero più
piccoli e toccarono i confini, intorno ai quali oscillano
con certa costanza gli errori delle esperienze sul tempo di scrittura di altri
nomi.
E qui appunto mi cade
opportuno di fare alcune osservazioni.
Gli errori medi, cui abbiamo attribuito un'importanza capitale in tutte le
ricerche psicometriche, perché essi rappresentano
l'indice regolatore dei fenomeni, sono compresi entro limiti ben definiti nelle
presenti esperienze sulla durata dei segni grafici.
In generale, la
grandezza dell'errore medio, pel concorso di varie
circostanze, non sta in proporzione diretta con la grandezza del tempo che
s'impiega a scrivere una lettera. Da numerosi saggi sperimentali, che qui non posso riprodurre, instituiti in
condizioni sempre identiche, sopra tutte le lettere dell'alfabeto, mi risulta
che non sempre il minimo della durata nell'esecuzione di una lettera, sia
maiuscola che minuscola, confrontata con le altre lettere, si accompagna al
minimo dell'errore medio. Inoltre ho potuto verificare che due lettere, le
quali hanno presso a poco lo stesso tempo grafico, non mostrano
sempre un'equivalente variazione media. Se fra le lettere dell'alfabeto
minuscolo trovo ad esempio che l'i, l'o,
la v
sono quelle che richiedono una durata più piccola ed hanno, si noti bene, per
l'estrema facilità con cui possono essere disegnate sulla carta, un minimo di
errore; trovo pure che l's, che ha un tempo uguale a quello
della vocale a, o l'y che è uguale ad m,
presentando delle variazioni più rilevanti di a e di m.
Il medesimo fenomeno con intensità più grande si osserva nelle lettere
maiuscole, per le quali si esige maggior copia ed estensione di movimenti muscolari:
e mi basti, oltre agli esempi già sopra riferiti, citare l'N, il cui tempo di
scrittura è quasi identico a quello della D, mentre il suo errore medio è più
piccolo della metà. La ragione precipua del fenomeno è tutta meccanica, dipende
cioè dalla natura particolare dei movimenti, che nelle
diverse lettere, e principalmente nelle maiuscole, ora sono più semplici e
spediti, e per conseguenza più isocroni, ora al contrario offrono, benché
piccolissima, una certa resistenza massime nelle curve di adduzione[11].
Ma il criterio sugli
errori medi delle singole lettere non può applicarsi con la stessa misura agli
errori medi delle sillabe e molto meno delle parole, le quali nella nostra memoria hanno
un'organizzazione più stabile delle lettere: onde se il segno grafico di
una parola possiamo supporlo quasi eguale al tempo
grafico dei singoli elementi che la compongono, la variazione media invece, pur
crescendo in senso assoluto, relativamente però all'enorme aumento della durata
è piccolissima. Basti il confronto tra gli errori medi della lettera A e della parola Alessandro, che è costituita,
insieme all'A, di dieci lettere. V'è ancora dippiù:
noi dobbiamo tenere moltissimo conto dei caratteri, pei
quali una parola ed una lettera si differenziano cronometricamente,
cioè della variabilità numerica nelle diverse serie sia rispetto al tempo medio
che alla variazione od errore. La variabilità di cui parliamo è minima sempre,
ma nelle parole ed in genere nelle lettere multiple in proporzione è assai meno
sensibile che nelle lettere semplici. Bisogna riflettere che nel nostro
cervello l'imagine delle lettere isolate non
costituisce il linguaggio scritto, dello stesso modo come l'imagine
degli elementi acustici, onde si compone una parola, non è il linguaggio
articolato. Noi pensiamo sempre con imagini composte,
e traduciamo le nostre idee con parole: quindi la parola, sebbene sia un
complesso di lettere, ha radici più profonde e più organiche, e quando vogliamo
obbiettivarla nello spazio figurato si riscontra che
la memoria della forma e dei movimenti impressi ai nostri muscoli è più fedele che non la memoria analoga delle semplici
lettere. Il fenomeno è confermato dall'errore medio, che nelle lettere multiple
si rende visibilmente ed in senso relativo assai più piccolo, tosto che la
quantità dei simboli si avvicina al numero, di cui suol
essere costituita una parola[12].
Nelle lettere semplici
poi l'errore medio ha un limite minimo, che ho potuto valutare sperimentalmente
ed è ±
0,0060. Sono riuscito a questo calcolo esercitandomi per lunga pezza a
scrivere le quattro vocali e, i, o,
u
che nelle esperienze comparative ed estese a tutte le lettere dell'alfabeto mi
avevano già dato i risultati più uniformi per le loro speciali e facili condizioni
grafiche. Dopo moltissimi saggi ripetuti, registrai
sulla lamina metallica i tempi di scrittura in due giorni diversi, ed ottenni
le seguenti cifre, talune delle quali rappresentano appunto il minimo errore
cui sia arrivato.
|
|
esperienze |
Tempo medio |
Errore |
Max |
min |
1a serie |
e |
12 |
0,275 |
± 0,0080 |
0,290 |
0,260 |
i |
12 |
0,203 |
± 0,0060 |
0,219 |
0,195 |
|
o |
12 |
0,250 |
± 0,0075 |
0,272 |
0,235 |
|
u |
12 |
0,380 |
± 0,0070 |
0,393 |
0,369 |
|
2a serie |
e |
12 |
0,280 |
± 0,0095 |
0,294 |
0,255 |
i |
12 |
0,214 |
± 0,0064 |
0,231 |
0,201 |
|
o |
15 |
0,236 |
± 0,0098 |
0,251 |
0,214 |
|
u |
12 |
0,379 |
± 0,0090 |
0,393 |
0,360 |
E che il limite minimo
dell'errore medio sia quello da me stabilito, cercai di
provarlo con altro mezzo, adoperando la registrazione cronometrica del punto e
della virgola, che fanno parte della scrittura ordinaria, ne sono l'elemento
più facile ad eseguirsi ed hanno una durata piccolissima. Or bene, anche in
queste ricerche, che a prima giunta non dovrebbero
palesare variazione, ho potuto verificare che l'errore medio esiste e non si
abbassa al di sotto dei confini già segnati.
Tanto sul punto che
sulla virgola, dopo non breve esercizio preventivo, feci
alcune serie di esperienze: le prime due rappresenterebbero la durata propria
nelle condizioni grafiche ordinarie di questi che chiamerei elementi figurativi
embrionali; nelle altre in cambio usai movimenti della penna alquanto più
rapidi di quelli che sogliono usarsi abitualmente. I risultati sono qui
riassunti:
|
Serie |
Esperienze |
Media |
Errore |
Punto |
1 |
15 |
0,082 |
± 0,0060 |
2 |
20 |
0,093 |
± 0,0068 |
|
3 |
17 |
0,074 |
± 0, 0067 |
|
4 |
15 |
0,073 |
± 0,0065 |
|
Virgola |
1 |
15 |
0,130 |
± 0,0070 |
2 |
15 |
0,118 |
± 0,0070 |
|
3 |
15 |
0,085 |
± 0,0078 |
Per le parole, anche
abbastanza lunghe, i lettori hanno già veduto, quali siano
i confini che circoscrivono l'errore medio[13].
Proseguendo oltre nello studio
cronometrico devo ora fare a tocchi rapidi l'esposizione di nuove serie di esperienze. Ed anzitutto intendo
parlare delle ricerche comparative tra una medesima parola scritta ad occhi
aperti e ad occhi chiusi.
Ognuno di noi può
verificare sopra di sé stesso, a meno che non abbia fatto lunghi e continuati
esercizi, come la parola scritta con gli occhi chiusi non sia
perfettamente uguale a quella che tracciamo in condizioni normali. Più che nella forma delle lettere, la dissomiglianza consiste nella
direzione delle linee, negli intervalli e nelle commissure
che devono collegare una lettera all'altra. L'errore che ne consegue è
grande e risalta viemmaggiormente dal giudizio tutto
obiettivo e sperimentale, che desumiamo dalla misura
del tempo, anziché dalla semplice osservazione della forma grafica. Le
esperienze che ho fatte in proposito sono di
un'evidenza significante, e rivelano certi aspetti del fenomeno, che sarebbero
sfuggiti se mi fossi affidato al solo criterio formale.
Io ho scritto ad occhi
aperti la parola Alessandro, e dopo una mezz'ora ho ripetuto graficamente la
medesima parola con gli occhi chiusi, ponendo tra un'esperienza e l'altra un
piccolo intervallo di tempo bastevole a non affaticare l'attenzione.
Ecco le esperienze:
Alessandro
|
Durata della scrittura |
|
Ad occhi aperti |
Ad occhi chiusi |
|
3,024 |
2,874 |
|
2,994 |
2,921 |
|
3,055 |
2,915 |
|
3,000 |
2,911 |
|
3,064 |
2,901 |
|
3,035 |
3,140 |
|
3,021 |
3,202 |
|
2,985 |
- |
|
2,997 |
3,038 |
|
3,071 |
3,045 |
|
3,065 |
3,080 |
|
3,040 |
2,943 |
|
3,061 |
2,997 |
|
3,017 |
3,007 |
|
3,004 |
3,018 |
|
3,039 |
- |
|
3,022 |
3,082 |
|
2,992 |
- |
|
2,988 |
3,026 |
|
2,993 |
3,042 |
|
|
2,990 |
|
|
3,000 |
|
|
3,070 |
|
Media generale |
3,023 |
3,010 |
Variazione media |
± 0,0244 |
± 0,0642 |
Cifra massima |
3,071 |
3,202 |
Cifra minima |
2,985 |
2,874 |
Differenza |
0,086 |
0,328 |
La differenza tra le due
serie è così chiara che non ho bisogno di molte parole per dimostrarla. Nella
prima la regolarità delle singole cifre è sorprendente e ne deriva per ragione
naturale la piccolezza numerica della variazione media (± 0,0244), e la
differenza poco apprezzabile tra le due cifre che stanno agli estremi della
scala cronometrica. Invece nella seconda l'oscillazione tra le singole
esperienze è sensibilissima, la variazione media raggiunge un valore quasi
triplo della prima e la differenza tra la massima e la minima è circa quattro volte maggiore. Potrei riprodurre altre
serie di esperimenti, e tutte più o meno conducono al
medesimo risultato, il quale non è altro che una conferma luminosa
dell'influenza che la visone binoculare dispiega sul meccanismo della
scrittura.
Aggiungo inoltre che
nelle presenti ricerche ad occhi chiusi la parola Alessandro fu scritta
dopo che m'ero esercitato a tracciarla per venti volte di seguito e con somma
facilità tenendo gli occhi aperti, e che durante le prove sperimentali avvertii un certo senso di penosa difficoltà meccanica e
psichica nella formazione grafica di quella parola, specialmente delle ultime
tre consonanti: infatti i tratti di linea, interpolati nella serie, indicano
l'insuccesso delle corrispondenti esperienze. Da ultimo faccio rilevare una
particolarità meritevole di nota, ed è che, dopo tante oscillazioni numeriche
ed errori nella scrittura, le cifre sperimentali, in forza dell'abitudine e
dell'esercizio, assumono nelle ultime prove un andamento regolare e si
avvicinano molto alla durata media della parola scritta in condizioni normali (ordinarie).
Quasi le medesime
considerazioni dovrei fare per riguardo agli
esperimenti sulla durata di un stessa frase eseguita con due speciali modi di
movimento: l'uno, che chiameremmo normale, proprio della scrittura epistolare e
comunissimo nella pratica giornaliera; l'altro meno abituale del primo, più
lento e quasi proprio della scrittura calligrafica.
Reco ad esempio il nome Roma.
Con la scrittura comune, fra trentadue esperienze, ottenni delle cifre
numeriche comprese tra i seguenti limiti:
|
Quantità di tempo |
N° delle
esperienze (totale 32) |
Al
di sotto di
1,750 |
1 (1,744) |
|
Da 1,751 a 1,800 |
22 |
|
Da 1,801 a 1,850 |
7 |
|
Al
di sopra di
1,851 |
2 |
|
Media generale |
1,793 |
|
Variazione media |
± 0,0233 |
|
Cifra massima |
1,866 |
|
Cifra minima |
1,744 |
|
Differenza |
0,122 |
La medesima parola
invece scritta con movimenti più tardi diede i tempi, che trascrivo
nella loro integrità:
Roma (scrittura lenta)
|
3,617 |
3,568 |
|
3,590 |
|
3,437 |
|
3,597 |
|
3,700 |
|
3,587 |
|
3,472 |
|
3,610 |
|
3,880 |
|
3,586 |
|
3,270 |
|
3,424 |
|
3,800 |
|
3,496 |
|
3,751 |
|
3,572 |
|
Media generale |
3,586 |
Variazione media |
± 0,101 |
Cifra massima |
3,880 |
Cifra minima |
3,270 |
Differenza |
0,610 |
La enorme variabilità dei
valori numerici di queste ultime esperienze è così manifesta che risalta di un
tratto all'esame più superficiale. Solo io intendo richiamare l'attenzione
sull'immensa importanza che nel meccanismo mnemonico della scrittura dispiega
la durata dei movimenti muscolari. A descrivere uno stesso spazio figurato,
identico o quasi identico nella forma, come nel caso nostro, si può impiegare
un tempo diverso: però la scrittura eseguita con la celerità dei movimenti, che
chiameremo comuni, presenta, e ne abbiamo già dato le
prove, errori piccolissimi, i quali non dimostrano altro che il perfetto
isocronismo del fenomeno; mentre la parola tracciata con movimenti più tardi,
come difficilmente si sperimentano nella pratica abituale, dà, anche per
rapporto all'accresciuto valore delle cifre, errori molto alti, che indicano la
deficienza dell'automatismo grafico. Si paragonino quest’ultime esperienze a
quelle di sopra ricordate, in cui la durata media del tempo di scrittura ha
un'espressione numerica quasi uguale, e si vedrà la grande differenza che passa
fra i loro errori o variazioni medie. Si confrontino infine direttamente i
risultati sperimentali della stessa parola Roma scritta con movimenti diversi:
la media della scrittura comune è 1,793 e il suo
errore 0,0233; la media della scrittura meno rapida è 3,586
e l'errore medio 0,101. Facendo una proporzione troviamo
che:
1,793 :
3,586 = 1 : 2
0,0233 : 0,101 = 1 : 4,33
ossia che mentre la durata
media si fa doppia, l'errore cresce più di quattro volte: e tutto ciò parmi che giustifichi abbastanza il mio pensiero.
Nella scrittura, invece, eseguita con movimenti più
celeri di quelli usati abitualmente, l'errore medio del tempo grafico è quasi
identico all'errore che abbiamo trovato nel tracciare i segni con l'ordinaria
velocità. Mi basti citare le parole Roma ed Helmholtz.
Roma (scrittura celere)
Media 1,664
Errore
± 0,0210
Massima 1,728
Minima 1,613
Variazioni del tempo grafico
1,601 –
1,650 (8 esperienze)
1,651 – 1,700
16
1,701 – 1,750 1
Helmholtz (scrittura celere)
Media 3,175
Errore ± 0,0338
Massima 3,267
Minima 3,077
(25
esperienze totali)
Infine, a complemento delle
presenti ricerche, devo riassumere altri risultati sperimentali, che mi
sembrano di qualche valore.
Io ho fatto delle
esperienze comparative tra un simbolo scritto nella forma e direzione ordinaria
sia con la mano destra che con la mano sinistra, e scelsi per maggiore facilità
i numeri cardinali 1, 2 e 3, ingegnandomi di eseguirli con la
sinistra nello stesso tempo e possibilmente in forma consimile. Per questa
ragione ho dovuto con la destra rallentare alcun poco i movimenti, e le cifre
che riproduco, confrontate con le congeneri che riferii sopra, lo confermano
appieno anche nel lievissimo aumento che ha subito la variazione media.
Considerando le esperienze dal punto di vista formale, dirò che fra le cifre
segnate con la destra e quelle scritte con la sinistra v'è, come ciascuno può
osservare sopra di sé medesimo, molta dissomiglianza, specialmente nella estensione delle curve e nelle proporzioni generali
del corpo del numero. La sola cifra 1 fa in qualche modo eccezione. A questa dissomiglianze di forme corrispondono analoghe
differenze nella durata del tempo, le quali sono tanto più sensibili, quanto
più sono complicati i movimenti grafici. I numeri raccolti nel prospetto ne
sono (costituiscono)
una prova evidentissima:
Scrittura normale[14]
Mano destra |
Mano sinistra |
||||
Cifra |
Tempo medio |
Errore |
Cifra |
Tempo medio |
Errore |
1 |
0,318 |
± 0,0120 |
1 |
0,410 |
± 0,0326 |
2 |
0,343 |
± 0,0093 |
2 |
0,507 |
± 0,0393 |
3 |
0,426 |
± 0,0139 |
3 |
0,689 |
± 0,0722 |
Proporzionando a 100
i valori delle medie e degli errori in ciascuno dei numeri scritti con la mano
destra e con la sinistra otteniamo:
1 |
0,318 : 0,410 = 100 : 129 |
0,0120 : 0,0326 = 100 : 272 |
|
2 |
0,342 : 0,507 = 100 : 147 |
0,0093 : 0,0393 = 100 : 422 |
|
3 |
0,426 : 0,689 = 100 : 161 |
0,0139 : 0,0722 = 100 : 519 |
Poi volli con la mano
sinistra tentare alcune esperienze di confronto tra la scrittura litografica ad
occhi chiusi e la scrittura diritta comune ottenuta nelle condizioni visive normali.
Gli esperimenti, a dir vero, son pochi e
rappresenterebbero un semplice tentativo di ricerca: nondimeno i risultati
generali avuti dalla esecuzione di uno stesso simbolo,
il numero cardinale 3, concorrono ad appoggiare le idee che ho esposto nelle pagine
precedenti. Avrei trovato che la scrittura a specchio,
per tutto ciò che si riferisce alla parte grafica, nei vari saggi è più
uniforme e corretta della congenere scrittura ordinaria; ma, quel che è più,
riguardo alla durata e agli errori medi occorsi nelle due serie di esperimenti,
i rapporti, del cui valore indiscutibile niuno può dubitare, potrebbero
formularsi con la proporzione matematica seguente: la durata della scrittura
litografica sta alla durata della scrittura normale come 100 : 105, e l'errore
medio della prima sta all’errore medio della seconda come 100 : 160.
Il lettore può da sé
apprezzare il significato importantissimo che si racchiude nelle cifre or ora
enunciate.
Da ultimo, a comprovare
per via obbiettiva e sperimentale la superiorità dei
movimenti di abduzione sopra quelli di adduzione nella mano destra, eseguii
alcune ricerche semplicissime.
Nella lamina metallica
tirai due segni paralleli e perpendicolari al margine inferiore di essa. Questi due segni contenevano uno spazio rettangolare
della larghezza di 3 ½ centimetri. Con la
penna io scriveva un tratto trasversale, uniforme nel
moto e continuo nell'estensione, che avesse per limite i due segni di ritrovo,
sui quali cadeva a perpendicolo. Dopo il primo tratto se ne doveva tracciare un
secondo, un terzo e via di seguito, adoperando o sforzandomi di adoperare
sempre la stessa celerità nei movimenti della penna. Siccome
la lamina metallica e la penna comunicavano con l'apparecchio cronometrico,
potevasi senza difficoltà registrare la durata della formazione delle linee
trasversali.
In una prima serie di esperimenti le linee erano tracciate mercé movimenti di
abduzione dell'arto, in un'altra invece da movimenti di adduzione, ossia da destra
a sinistra: le linee, insomma, erano tirate l'una in senso inverso dell'altra.
Ora senza pur attendere
ai risultati cronometrici, ciascuno, mettendosi in condizioni eguali alle mie,
può osservare che mentre nei movimenti di abduzione havvi una celerità in apparenza costante, l'equilibrio di
innervazione motrice è fedelmente mantenuto e le linee decorrono in perfetto
parallelismo; per contrario i movimenti di adduzione non si avverano con
costanza uniforme, gli impulsi motori non sono trasmessi con equanime intensità
e il più spesso trascinano l'arto ad una corsa rapida e la forma
delle linee non conserva sempre il carattere delle rette parallele. Cotale
giudizio presupposto è confermato dal suggello dell'esperienza e ne siano prova le seguenti cifre:
Tracciamento di una linea retta[15]
Con movimenti di abduzione |
Con movimenti di adduzione |
||
Durata media |
0,745 |
Durata media |
0,693 |
Errore medio |
± 0,0220 |
Errore medio |
± 0,0410 |
Massima |
0,792 |
Massima |
0,831 |
minima |
0,703 |
minima |
0,576 |
N° esperienze |
18 |
N° esperienze |
22 |
Le conchiusioni
che possiamo dedurre dalle cifre numeriche sono
queste: il
movimento di adduzione non è regolare, la sua media è compresa tra confini molto
estesi, la differenza tra la massima e la minima supera del triplo la
differenza congenere delle cifre di abduzione, e l'errore medio è quasi
maggiore del doppio.
A viemmeglio
infine delineare i caratteri della memoria organica
nel fenomeno della scrittura, chiuderò questo mio studio sperimentale (darò termine al capitolo)
mettendo in rilievo le differenze che trascorrono fra la durata effettiva dei
segni grafici e la durata della loro riproduzione.
Già in altri lavori (nelle pagine antecedenti)
ho discorso della riproduzione delle percezioni e molte cose dette troverebbero luogo nel problema di cui ora mi occupo[16]. Qui però devo dire che
trattasi in ispecial modo di rappresentazione di
movimenti delle proprie membra, di ricordo cioè di sensazioni
muscolari, fuori delle quali non possiamo raffigurarci alcun movimento. Ora è
un fatto, e ne ha tenuto parola di recente lo Stricker
in alcune sue indagini, che il richiamare coteste
sensazioni nello stato di quiete non è gradevole, poiché vi si accompagna
sempre un certo sforzo, che è di grado diverso secondo le diverse
rappresentazioni motrici, alle quali appartiene anche il meccanismo della
scrittura[17].
E le mie esperienze
comprovano l'assunto.
Scrivendo le parole Dante
e Omero, di cui i lettori conoscono la durata, ho voluto
determinare il tempo che sarebbe necessario perché immaginassi la mia mano
muoversi sulla lamina metallica e disegnare le varie lettere, onde sono composti quei nomi. Il tempo di riproduzione mi
segnò sempre cifre più alte; e per non allungare di soverchio il discorso sulla esposizione dei valori numerici e sul modo con cui
furono condotte le esperienze, dirò che indicando con 100 le durate reali
grafiche delle parole Dante e Omero, trovai che le loro
durate immaginarie potrebbero essere significate per Dante dal
numero 134 e per Omero da 125.
Inoltre nella parola Dante
volli determinare il tempo di riproduzione delle singole lettere immediatamente
dopo che ne aveva stabilito il tempo effettivo di
scrittura. Anche quivi la riproduzione ha una durata
più lunga del fatto riprodotto, e pare anzi che la grandezza del tempo di
riproduzione sia in rapporto proporzionale inverso col tempo impiegato a
tracciare i vari segni grafici elementari.
Raccolgo nel seguente prospetto
i valori numerici, affinché il lettore possa acquistarne una chiara idea:
Lettere |
Tempo reale grafico |
Tempo di riproduzione |
Cifre proporzionate a
100 |
D |
0,541 |
0,732 |
100
: 135 |
a |
0,429 |
0,567 |
100
: 132 |
n |
0,410 |
0,550 |
100
: 134 |
t |
0,425 |
0,689 |
100
: 162 |
e |
0,310 |
0,494 |
100
: 159 |
Gli errori medi del
tempo obiettivo grafico di ciascuna lettera e del tempo mentale sono poi
espressi da numeri, di cui a nessuno può sfuggire il
significato.
|
Errore medio del Tempo reale grafico |
Errore medio della imagine |
D |
± 0,0130 |
± 0,0378 |
a |
± 0,0112 |
± 0,0338 |
n |
± 0,0095 |
± 0,0466 |
t |
± 0,0073 |
± 0,0646 |
e |
± 0,0086 |
± 0.0352 |
Facendo infine la somma dei
singoli tempi reali delle lettere e delle durate di riproduzione, ho trovato che essa è maggiore nell'uno e nell'altro caso del
tempo di tutta la parola scritta o riprodotta, ma relativamente è cresciuta di
più la somma delle durate riproduttive.
A me pare che tutte
queste esperienze potrebbero essere considerate sotto un altro aspetto: intendo
parlare del senso del tempo, che ora è l'effetto di un processo quasi
incosciente, come avviene nella scrittura di una lettera o di una parola, ora è
l'effetto di un'operazione del tutto mentale e sottoposta
all'attenzione volontaria. Un largo campo quindi di indagini
comparative potrebbero essere istituite sopra il senso del tempo dipendente da
meccanismo fisiologico e da ragioni puramente psichiche; ma non è qui il luogo
di studiare siffatto problema, che pel suo interesse e la sua importanza
scientifica merita delle ricerche particolare, alle quali attendo da parecchi
mesi[18].
Torino, 31 luglio 1882
[1] Maudsley,
Physiologie de l’esprit. Cap. IX. Paris. 1879.
Kussmaul, Die Storungen der
Sprache. Cap. X. Leipzig, 1877.
Hering, Ueber dal Gedachtniss
als eine allgemeine Function der Materie, Vortrag ecc. Wien, 1876
Ribot, Les maladies de la memoire. Cap I, Paris, 1881.
[2] Vogt, L’ècriture considerèe aut point de vue phisiologique, nella Revue
scientifique, giugno, 1880.
[3] Wir sind “Linkshirnig”
weil wir “Rechtshandig” sind, nicht umgekehrt; und “Rechtshandig” sin wir, weil
unsere Schrift mit der rechten Hand nach rechts hin geschrieben werden muss.
Erlenmeyer, Die Schrift. Grundzuge ihrer
Physiologie und Pathologie. Stuttgart, 1879, pag. 6.
[4] È importantissimo l'esperimento che ognuno può
ripetere sopra di sè e con risultati sempre costanti.
Volendo scrivere nello stesso tempo, e meglio ad occhi chiusi, una stessa
parola con le due mani, si osserva che la scrittura fatta con la sinistra è
rovesciata, mentre l'altra è normale. Se si sforza poi la mano sinistra a
tracciare la scrittura comune, si proverà un grave senso di pena, e malgrado
ogni attenzione si tracceranno sempre delle lettere a
rovescio.
[5] Buchwald, Spiegelschrift bei Hirnkranken,
nella Berliner Klinische Wochenschrift, Nr. I, 1878.
[6] Du Bois-Reymond, Ueber
die Uebung. Rede gehalten zur Feier etc. Am 2 August 1881. Berlin,
1881.
[7] Kussmaul,
l. c.
[8] Javal, Le mècanisme de l’ècriture, nella Revue Scientifique, maggio
1881.
[9] Questa parte evidenziata è stata aggiunta ne “La legge del tempo”.
[10] Avverto che in tutti gli esperimenti il taglio
trasversale della lettera t è fatto in basso.
[11] Anche nelle cifre ottenute
sul tempo di scrittura dei numeri cardinali ricaviamo i medesimi risultati che
trascrivo integralmente:
Numeri |
Esperienze |
Media |
Errore |
1 |
12 |
0,237 |
± 0,0073 |
2 |
12 |
0,277 |
± 0,0100 |
3 |
12 |
0,393 |
± 0,0113 |
4 |
12 |
0,342 |
± 0,0096 |
5 |
12 |
0,361 |
± 0,0140 |
6 |
12 |
0,267 |
± 0,0080 |
7 |
12 |
0,291 |
± 0,0090 |
8 |
12 |
0,306 |
± 0,0084 |
9 |
12 |
0,360 |
± 0,0075 |
10 |
12 |
0,459 |
± 0,0110 |
Il numero 1 e il 0 del 10 sono uniti con
un sottilissimo filetto.
[12] L'errore medio di aa, tenuto conto delle rispettive durate, è più alto del
congenere degli altri multipli di a. Ho trovato poi
che in altre lettere doppie, il cui tempo grafico è compreso tra i 650
e gli 850 millesimi di secondo, l'errore medio oscilla da 0,0130 a
0,0180.
Ecco alcuni esempi:
media errore
ab 0,758 0,0158
ba 0,854 0,0181
eb 0,624 0,0150
be 0,660 0,0130
Sul tempo di scrittura delle tre vocali aeu ho avuto i seguenti risultati:
media errore
0,879 0,014
I singoli valori grafici erano così distribuiti:
al di sotto di 0,850 N° esperienze 1
da 0,851 a 0,875 12
da 0,876 a 0,900 16
da 0,901 a 0,925 3
[13] Posso aggiungere anche il risultato di 27 esperienze
di scrittura del mio cognome:
media 2,223
errore ± 0,0298
massima 2,292
minima 2,165
La disposizione seriale dei valori numerici è questa:
2,165
– 2,200 (8 esperienze)
2,201
– 2,250 11
2,251
– 2,300 8
Aggiungerò inoltre che la parola Garibaldi scritta senza puntini
sull’i diede una media di 2,875 e un errore di ±
0,0320.
Le variazioni dei singoli tempi di scrittura si
disponevano così:
2,801
– 2,850 (5 esperienze)
2,851
– 2,900 9
2,901
– 2,950 5
sopra 2,950 1
[14] Le esperienze con la mano sinistra furono eseguite
sempre dopo quelle con la mano destra.
[15] Credo opportuno di segnare i limiti di tempo entro i quali oscillano le varie esperienze:
movimenti di abduzione movimenti
di adduzione
da 0,701 a 0,730 (5 esperienze) da 0,601 a 0,630 (1 esperienza)
da 0,731 a 0,760
9 da 0,631
a 0,660 1
da 0,761 a 0,790
3 da 0,661
a 0,690 2
da 0,791 a 0,800
1 da 0,701
a 0,730 5
da 0,731 a 0,760
2
da 0,800 a 0,831
2
[16] Buccola,
La riproduzione delle percezioni di movimento nello spazio visivo e nello
spazio tattile, nella Rivista di filosofia scientifica, anno 1°,
fascicolo 4° e 6°.
[17] Stricker, Studien uber die
Bewegunggsvorstellungen, pag. 12. Wien, 1882.
[18] Il capitolo de “La legge del tempo” termina invece
con questo periodo: Non
v'è bisogno che faccia lusso di molte parole per chiarire il mio pensiero. Il
lettore può osservare di leggieri con indagini
comparative quale e quanta differenza passi tra il senso del tempo dipendente
da meccanismo fisiologico e da ragioni puramente psichiche. Riveda senz'altro
le cifre di riproduzione raccolte innanzi e le
confronti con quelle di analoga durata che si osservano in queste pagine, nelle
quali ho studiato da un nuovo punto di vista il problema interessantissimo
della memoria organica.