DA
33 – La “forza” dell’olio (11.6.2013)
“Si l’hannu sucatu cu tutta la micciosa!”
Non so se è questa la battuta
che, in una celebre commedia dialettale, Nino
Martoglio mette in bocca al ciabattino che si
lamenta con la comare (Angelo Musco e
Rosina Anselmi, foto a sinistra) dei ripetuti furti d’olio dalla lampada
votiva da lui amorevolmente accesa ogni sera davanti a “San Giovanni decollato”. Mi è rimasto impresso però come sia mio
nonno che mio padre, ripetendola, forse dopo una rappresentazione, negli anni ‘50, al teatro Eden di Termini Imerese,
si “scompisciassero” dalla risate!
Non escludo neanche che mio
nonno, quando mi spiegò il funzionamento dei lumini ad olio e acqua, nonché il
peso specifico dei liquidi (al centro un
disegno, di un secolo fa, tratto da un suo quadernetto che usava per le lezioni),
aggiungesse che li avesse inventati proprio Angelo
Musco – riempiendo il vasetto quasi
tutto di acqua e limitando l’olio allo straterello
superficiale – per “fregare” i
ladri: coi loro “sifuni”
avrebbero aspirato (“sucato”)
quasi esclusivamente acqua (i lettori più
informati sapranno che i sifoni, specialmente quelli di Termini, costituiscono
un tema dominante nei miei ultimi Atomi).
La foto a destra, infine, da
internet, mostra la lampada votiva, alimentata dal purissimo olio donato dai
frantoi pugliesi (e sicuramente non
“taroccata”!), che arde davanti alla Santissima Vergine della Vetrana, patrona di Castellana Grotte.
Queste brevi note di colore
servono solo a sottolineare il valore commerciale, religioso e soprattutto
energetico dell’olio – sia vegetale che
minerale, è un combustibile (si pensi
al petrolio, al gasolio, nafta, benzina, ecc.) – e ad accennare (per maggiori dettagli rimando al testo del
Catanzaro) alla natura del miracolo delle “Botteghelle” di Termini (vedi
DA 26, DA 30, DA 31, DA 32).
Ebbene, anche davanti alla
Madonna dell’erborista c’era una lampada come quella di Castellana. La “ladra” d’olio era invece una pia donna
del popolo che, vista l’inutilità dei massaggi sulle flaccide gambe del proprio
figlioletto con gli “oli essenziali”
per anni comprati dall’erborista, una sera intinse il suo fazzoletto nell’olio
benedetto e lo sfregò sul bimbo addormentato, il quale la mattina dopo,
alzatosi, sgambettò del tutto guarito, saldo sulle sue gambe. Dove aveva
fallito la potenza “fisica” dell’olio
profano, riuscì l’altra “forza”,
quella spirituale o simbolica dell’olio consacrato alla Vergine di Imera!