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– Hans, il cavallo sapiente
Tribuna Illustrata - 11 settembre 1904
Un secolo fa, nell’ambito delle famose ricerche
sui “calcolatori prodigio”, destò parecchio
clamore scientifico il caso dei “cavalli
pensanti” di Elberfeld. Faceva scandalo la sola idea che degli animali
potessero condividere il nostro più nobile ed esclusivo attributo, il pensiero.
Da noi se ne occuparono il Gemelli,
incurante, credo, dell’opinione di Darwin,
ripresa da Buccola,
che gli animali, anche se non parlano, tuttavia pensano, giudicano e comparano;
il Ferrari; l’Ottolenghi e soprattutto il
Mackenzie, di cui credo proficuo riportare l’incipit di un suo famoso articolo apparso nella Rivista di Psicologia del 1912:
Per amor di chiarezza e di sincerità ritengo opportuno di
precisare subito la mia posizione rispetto al tema che sto per svolgere.
Dunque, lo studio diretto dei famosi cavalli mi ha indotto a credere, per le
ragioni che dirò, che essi pensino
davvero e ciò dimostrino con esperimenti genuini di lettura, di calcolo e di
espressione. Con quest’ultimo termine intendo qui la formazione cerebrale di gruppi
fonetici comunicati poi agli esperimentatori mediante un sistema tiptologico
convenzionale col quale i cavalli battono,
in modo perfettamente intelligibile, sia manifestazioni spontanee, sia risposte
logiche alle domande che vengono loro fatte nell’ambito dell’insegnamento ad
essi già impartito.
Credo, inoltre, che altri cavalli, quali che siano, possano
giungere a risultati simili, ed infine, che la possibilità di educazione nel
nostro senso umano sia in massima esperibile anche con altri animali, senza che
a priori si possa tracciare una
qualsiasi precisa linea di divisione fra animali educabili o meno.
Sono perfettamente conscio del grave difetto inerente a tali
mie dichiarazioni, che è quello di sovvertire abitudini mentali millenarie: e
so che la maggioranza degli uomini, essendo pigra nel pensiero, farà ogni
sforzo pur di respingere le novelle verità nascenti, che son piene di minacce
per tanti pregiudizi. So che mi espongo, per il fatto di portare il dibattito
anche in questo paese [l’Italia], ad
avere una infinità di noie, a passare nel caso più blando per illuso o
visionario, e forse anzi ad essere deriso.
Perché dei tre principali atteggiamenti che a proposito dei
cavalli pensanti il pubblico può prendere e prende, il primo è quello dello
spirito a buon mercato: ed è l’atteggiamento della maggioranza.
Il secondo è quello della negazione a priori per l’eccellente motivo che la cosa “non essendo possibile”, non la si può credere. Questo
atteggiamento, purtroppo, è anche di parecchi scienziati: e comporta l’accusa
espressa o tacita sia di illusionismo incosciente, sia addirittura di truffa
bella e buona, tanto per il proprietario dei cavalli quanto per coloro che
mostrino di credere ai suoi risultati.
Il terzo atteggiamento è quello di pochissimi: stupirsi
prima e poi cercar di vederci chiaro, con tutti i mezzi offerti dai sensi (ivi
compreso il buon senso) e dalla logica.