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3 – Il “mal di Volta” (3.1.2008)
Nel giugno 2007 lessi, con vivo, estremo interesse,
due scritti di Giovanni Polvani (1892-1970), entrambi del 1942: “Sfogliando vecchi libri di fisica…” (Rendiconti Seminario Matematico e Fisico, Milano) e “Alessandro Volta” (Domus Galileana, Pisa, ristampato nel 1999 per il bicentenario
dell’invenzione della pila), lavori affascinanti, preziosi.
Polvani (vedi foto, dal
necrologio letto all’Accademia dei Lincei nel 1971 da A. Carrelli), uomo
dotto, dottissimo, senza saccenteria accademica, di saldissima coscienza
morale, presidente del CNR, Rettore dell’Università di Milano, autore di innumerevoli iniziative non finalizzate a
vantaggi personali e tutte di successo, mi contagiò il suo amore per la ricerca
storica e anche, almeno per qualche settimana, il suo dichiarato (e inguaribile!) “mal di Volta”. Naturalmente Polvani
parla anche, diffusamente e con grande cognizione di causa – cioè avendo
padronanza dei suoi testi originali, non dei lavori di manovalanza critica – di
Beccaria, e dice testualmente che i
suoi libri “ricordano le opere di
geometria: periodi brevi e secchi, definizioni e teoremi sperimentali, continui
rimandi, sicché il discorso risulta tutto una catena logica…. senza alcuna prolissità, senza una parola di
più dello stretto necessario. Ne balzano fuori una schematizzazione logica che
avvince, uno scrittore che persuade. Par quasi di vedere un muratore che, calmo
e sicuro del fatto suo, vada collocando i mattoni l’uno sull’altro per
fabbricare una casa, una bella casa” (p.
51-52). Malgrado questo lusinghiero e calzantissimo giudizio, circa la “battaglia scientifica senza quartiere tra il
piemontese e il lombardo” (p. 89),
vertente in particolare sulla beccariana “elettricità
vindice”, assegna a Volta, senza
appello, il serto della vittoria.
Esistono altri lavori
pregevolissimi – per esempio [Fregonese
1999], [Pancaldi 1999] e
specialmente [Pancaldi 2003] – e
addirittura saggi sulla “mente di Volta”,
ma senza pretendere di penetrare i misteri della psiche umana, a me piace
immaginarmi Volta come una sirena, un
abilissimo seduttore a cui nessuno, tranne Beccaria
(che, nel 1763, credo lo abbia mandato a
quel paese!), può resistere. Di contro i suoi meriti precipui sono stati
quelli di assorbire il meglio che la cultura europea del tempo offriva, a
iniziare da Beccaria, a tesaurizzarlo
e a valorizzarlo.
Mi siano concesse due
ultime osservazioni sul pur grandissimo Giovanni
Polvani: la continuità di pensiero
che egli vede in Volta
obbiettivamente non c’è; il suo stravedere per il comasco lo portò addirittura
a dubitare che il dotto scolopio Beccaria
fosse in grado di capire le finezze e il latino di Volta (tra l’altro stentato,
pare)!
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