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24 – Gli aquiloni di Beccaria (25.1.2008)
Ricevo e trascrivo una recensione a Beccaria vindicato
pubblicata oggi nella Gazzetta di Mondovì
Mentre oltreoceano (http://www.benfranklin300.org/index.php)
e oltralpe (http://www.franklin.artsetmetiers.net) si celebra
in pompa magna il 300° anniversario della nascita di Beniamino Franklin, padre dell’elettricità dell’era moderna, in
Italia resta nell’oblio chi valorizzò e diede veste scientifica alle geniali
scoperte dell’inventore del parafulmine fatte col famoso cervo volante. Ben
pochi infatti sanno (al di fuori del Cuneese) dello scolopio monregalese Giambattista Beccaria, colui che a metà
del XVIII secolo, all’università di Torino, dopo aver spazzato via
sofisticherie scolastiche e chimere cartesiane, gettò le fondamenta e istituì i
fondamenti della Fisica moderna, partendo proprio da aquiloni analoghi, se non
più scientifici, di quelli di Franklin.
In questo quadro desolante spicca un recentissimo opuscolo,
dall’eloquente titolo “Beccaria vindicato”,
scritto dal prof.
Questo denso libretto abbraccia vari punti tra cui l’edizione
critica dell’Elogio di Beccaria
apparso anonimo dopo la sua morte, e da Gaeta
attribuito al citato Patuzzi, e la
ristampa di una celebre lettera di Beccaria
ad un suo quasi omonimo, Bartolomeo
Beccari, la maggiore autorità scientifica dell’epoca, vertente proprio
sulla dottrina frankliniana. L’opera si segnala inoltre per la ricchissima
bibliografia e per la riproduzione delle splendide tavole dell’opera più
importante, ma purtroppo meno diffusa e meno nota, di Beccaria, Elettricismo
artificiale, pubblicata a Torino nel 1772
sotto gli auspici reali e indirizzata a Franklin.
Questi l’apprezzò tanto che ne promosse una lussuosissima traduzione inglese,
presumibilmente in 500 esemplari,
considerato che abbiamo una lettera in cui Franklin
prega lo stimatissimo Beccaria di
favorirgli appunto 500 copie dei “rami”, cioè delle incisioni.
Nel ‘44 i manoscritti
voltiani furono murati, in tutta segretezza, nelle fondamenta di una chiesa per
sottrarli alle razzie tedesche e sono ora a disposizione degli storici di tutto
il mondo. I manoscritti e gli inediti di Beccaria,
altrettanto copiosi e preziosi, invece non sono né conosciuti né tanto meno
accessibili agli studiosi, rimanendo smembrati o dispersi nelle biblioteche di
Torino, di Filadelfia o del Vaticano. Non è sopravvissuta alcuna lettera di Beccaria a Volta, mentre da quelle di Volta
a Beccaria si evince solo che questi
non voleva essere importunato dagli “scartafacci”
del fisico comasco. Se all’inizio del ‘700 l’Italia era l’ultima Nazione circa l’elettricità, alla
fine, grazie all’invenzione della pila, divenne senza dubbio la prima.
Beccaria vindicato purtroppo non approfondisce i rapporti
tra Volta e Beccaria. Secondo Gaeta, ma la sua interpretazione ci
sembra forzata, sarebbe stato il troppo “splendore”
di Volta ad oscurare fama e meriti di
Beccaria. Quello che comunque è certo
è che Volta non riconobbe mai il suo debito al fisico monregalese,
ammettendolo al più solo verso Gianfrancesco
Cigna, altro grande scienziato “elettrizzante”,
come si diceva a quei tempi, che però, guarda caso, si era formato proprio alla
scuola di Beccaria.
Senza dubbio lo
stimolante saggio di Gaeta farà
discutere, una volta messo in circolazione in veste ampliata e magari
arricchita delle pagine del Gliozzi e
del Gherardi, solo menzionate ma
indispensabili per chiarire il pensiero dell’autore. Nell’attesa si possono
leggere le interessanti Beccaria News
che Gaeta regolarmente pubblica nel
suo sito amatoriale (www.bitnick.it).
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