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19 – Il “mangano” di Poleni (5.11.2011)
Ho già
accennato in varie occasioni (vedi AG 30) al lavoro di Poleni sugli argani e alla quasi insormontabile
difficoltà di lettura del testo latino in cui è scritto. Una riprova, indiretta
ma sicura, dell’importanza di questo saggio è che è facile trovarlo in rete,
assieme ad una mezza dozzina di altri lavori settecenteschi, compreso uno del Bernoulli, sul “modo migliore di costruire gli argani” (io stesso l’ho inserito nella sezione Fonti del mio sito - vedi FO 51).
Una
mano per aggirare l’ostacolo del latino e (cominciare
a) decodificare l’argano di Poleni (vedi disegno) me
l’ha data il Reuleaux che, nel cap.
XIX del suo ripetutamente citato e lodato “Der Kostructeur”, tratta a fondo, anzi
magistralmente, gli argani come “organi
di tensione” (Zugorgane).
Il
comune verricello (vedi nell’angolo a
destra), com’è notissimo, serve per avvolgere una fune il cui capo è fissato nel
tamburo e quindi si avranno tante più spire quanto maggiore è il tratto di fune
“tirato” e avvolto. Invece
nell’argano in questione (ergata, cabestan, capstan, spill) la corda non è
fissata ma compie solo un numero sempre
costante e ridottissimo di giri (anche
uno solo come nel disegno di Poleni) e quindi man mano che da un lato si
avvolge dall’altro si svolge. La forza per sollevare
il peso P è fornita dalla leva KL, mentre quella per svolgere la fune
è minima ed è fornita dal piccolo contrappeso a.
È
evidente che il sistema funziona unicamente in virtù del
vituperato attrito (tra corda e tamburo)
e che gli sforzi di Poleni, di Reuleaux e di tutti gli scienziati non
dirò “seri”, ma “onesti”, sono stati e sono diretti proprio a scoprire le leggi o i
segreti del ruolo “attivo” e della
forza dell’attrito (si legga attentamente
p. 552 della citata “Cinematica” di Reuleaux tradotta
da Colombo).
Il
carattere segreto o addirittura “magico”
di questa “forza”
universalissima della natura si può cogliere dal fatto che anticamente questo argano era chiamato “mangano” perché ritenuto opera di maghi o Magi (vedi la citata conferenza di Reuleaux sul
“manganismo”).