PO
24 – Una lettera a Belvedere (28.12.2010)
Due giorni fa il chiarissimo
professore Oscar
Belvedere, il più autorevole studioso di storia imerese, mi ha
onorato di un dotto e lungo intervento** sulla questione del “mare di Termini” (vedi PO 23)
e, in particolare, dei nostri “Bagni
vecchi” (vedi prospetto, da Gargotta,
1830, cit.). Credo utile rendere pubblica la mia immediata risposta.
Caro
professore,
le
notizie che mi dà sui rilievi da lei fatti all'interno delle terme (cosa di cui credo che nelle sue
pubblicazioni non c'è traccia) sono di estremo interesse. Un mio desiderio è
stato di visitare questi bagni vecchi, di cui ho un vaghissimo ricordo di
quando una volta, bambino, mi ci portò mio padre. Alla luce di quanto mi
scrive, e di cui la ringrazio, questo desiderio mi si è riacceso: speriamo che
abbia possibilità e forze per esaudirlo*.
Parlando di "scoglio delle quote" credevo di
essere stato chiaro: finora l'espressione "ai piedi di S. Orsola, della torre dei Saccari
o dell'Annunziata" è stata intesa letteralmente, e cioè ai piedi
"attuali" di questi
edifici. Se invece si ipotizza che questi edifici un
tempo possono essere stati a picco o quasi a picco sul mare la
stessa espressione acquista, con tutta evidenza, un significato ben diverso e
più congruo.
Lei avrà presente senz'altro la
curva della Serpentina adiacente all'Annunziata: ebbene lì si vede bene il
massiccio roccioso del nostro promontorio quasi verticale (mi fido della sola memoria).
Bisognerebbe indagare se tutta la zona sotto le mura medioevali - grosso modo da S. Orsola all'Annunziata - è
costituita da un analogo massiccio a picco o leggermente digradante
sul mare. Se così fosse si avrebbe una prima
prova che il livello attuale del terreno è tutto “di riporto” e frutto di secolari e imponenti "colmature".
Ricambio
i migliori auguri di Buon 2011. Andrea Gaeta
* In realtà nell’estate 2009, grazie alla collaborazione degli
amici Giunta e Contino, avrei potuto accedere a questi bagni, ma
circostanze contingenti mi hanno impedito di tornare a Termini.
** Integrazione del 27.1.2011 – Pubblico, per gentile concessione dell’autore, la seguente
lettera datata 26.12.2010
Caro dott. Gaeta,
approfitto delle vacanze di natale
e di un po' di tempo libero, per intervenire sul problema da lei posto del
porto di Termini.
Si tratta certamente di uno dei problemi di topografia storica
della città più importanti e concordo con Contino che solo una
indagine mirata con l'ausilio delle tecnologie moderne può risolvere il
problema. Quello che sappiamo fino a oggi dai carotaggi effettuati in piazza bagni è che non ci sono davanti le terme depositi marini
recentissimi come sarebbe da aspettarsi se il mare avesse occupato in età
romana l'area della piazza.
Per quello che si può dire allo stato attuale e alla luce delle
ricerche più recenti, nei saggi di recente condotti da noi all'interno del
vecchio edificio delle terme, abbiamo rinvenuto il
pavimento di età romana a circa 1,80 sotto il pavimento dell'edificio del
seicento, a sua volta sottomesso rispetto all'attuale livello della piazza
bagni. Non abbiamo ancora le quote assolute, ma saremmo ben sotto gli attuali m
8 di piazza bagni, intorno a m 4 sull'attuale (è importante!) livello del mare.
Questo da un lato rende difficile l'ipotesi che il mare potesse spingersi in
età romana fin sotto la chiesa dell'annunziata (ma
quando mai poi?, sarebbe bene fare anche chiarezza sul
quadro cronologico), mentre dall'altro potrebbe avvicinare le terme alla
spiaggia romana (ma che significa concretamente, affermare che le terme erano
sul litorale del mare?).
Le affermazioni di Solito vanno comunque tenute in conto e i
suoi dati come sempre ritenuti veritieri. Nel mio libro ritengo verosimile che
opere portuali si trovassero nell'area della via Gisira,
ma la posizione stessa degli scogli così denominati (se sono il resto di un
molo romano) dimostra la necessità
di proteggere il porto dai venti e questo non sarebbe stato necessario se il
mare avesse occupato l'intera Scilba come afferma Solito (ma sappiamo
esattamente cosa intendeva Solito per intera Scilba?)
poiché il promontorio lo avrebbe protetto.
In realtà l'idea di Solito è a mio parere, anche se ciò è
indimostrabile, influenzata da quanto dice Fazello
sul porto di Palermo, sulla base di una osservazione
geomorfologica che i sondaggi di G. Giammellaro
dimostrarono poi esatta. Questo forse lo ha portato a
ritenere che, come a Palermo, il mare penetrasse molto in profondità rispetto
alla linea di costa moderna.
Non capisco inoltre che intenda lei quando dice che Contino io e
altri ci incagliamo sulle quote. Le quote sono un dato
di fatto e quindi non possono essere ignorate. Ma
bisogna ricostruire le quote antiche e non ragionare solo sulla situazione
attuale.
E tenere conto che nel corso dei secoli ci possano essere state
variazioni del livello del mare. Quindi l'affermazione "anticamente il
mare arrivava qui o lì" per me non ha senso se
non concretizziamo in precisi termini cronologici questo
"anticamente" e se non lo corroboriamo di indagini geoarcheologiche, che ricostruiscano la dinamica evolutiva
della linea di costa, a partire da ben prima dell'epoca romana, correlandola
agli strati archeologici e ancorandola anche a datazioni assolute.
Approfitto, infine, della sua sollecitazione a discutere, per
ringraziarla ancora degli auguri e per inviarle i migliori auguri
di buon anno.
Cordialmente.
Oscar Belvedere