PO 19 – Auguri Presidente (11.12.2010)
Quando mi occupavo di fonetica
mi capitò di leggere di certi esperimenti, credo americani, sulla facoltà che
hanno i ciechi dalla nascita di percepire le sfumature tonali delle menzogne. Qualcuno
si era accorto, ed aveva appunto studiato scientificamente, che alcuni ciechi
di una casa di riposo guardando, anzi ascoltando la TV, sgnignazzavano
solo quando era qualche politico a parlare: evidentemente percepivano alcune “stonature” che nel discorso comune, e
sincero, di norma sono assenti.
Si tratta di una facoltà che –
chi più (Mario Lucidi), chi meno (lo scrivente) – abbiamo tutti, e che è
tanto più sviluppata quanto meno siamo
condizionati e “influenzati” dai
pregiudizi annidati nella nostra psiche, spesso frutto delle sapienti arti di
massmediologi, persuasori occulti e “professionisti”
(vedi PO 13) della politica. Non si tratta, si badi,
di semplice “oppio per il popolo indotto
e ingenuo”, ma di fenomeni, anzi sindromi psicologiche estremamente
complesse che allignano a nostra insaputa anche nelle menti più educate e
razionali.
Io non mi intendo, né mi occupo
di politica, però non posso fare a meno di sentire, nei telegiornali o durante
qualche veloce zapping sulle trasmissioni cosiddette di “approfondimento” (e che
invece sono più superficiali del gossip e delle chiacchiere sportive), le
campane pro e (soprattutto) contro il
nostro Presidente del Consiglio Silvio
Berlusconi.
È infatti un fatto – se mi si perdona il bisticcio fonico e si
tiene soprattutto conto del taglio scientifico di queste righe – che Berlusconi e il “berlusconismo” sono oggetto di un accanimento feroce – sotto forma di attacchi fisici (statuetta
del Duomo) e, quel che è peggio, verbali (insulti, calunnie, vilipendi) –
assolutamente inconcepibile o “sopra le
righe” come più volte, e ahinoi inutilmente, ha ammonito il Presidente Napolitano.
I problemi – e grazie a Dio ne abbiamo abbastanza,
direbbe Petrolini! – si risolvono con la pacatezza e soprattutto con il “rispetto” verso chi non la pensa come
noi. Alle elezioni americane il candidato sconfitto non esita a chiamare “Suo Presidente” il vincitore, dando,
specie a noi italiani, una lezione non tanto di stile ma di civiltà.
Il mio augurio è, Signor
Presidente Berlusconi, che martedì
prossimo Lei riottenga la fiducia – del
Parlamento e degli italiani – ma soprattutto che possa avere ancora forze
per combattere l’imperante malcostume italico e continuare a innovare, nei
fatti e con i fatti (questa è forse la
vera colpa che gli invidiosi non Le perdonano).