Questo Atomo (AG
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come altri che l’hanno
preceduto, fornisce stimoli nonché strumenti di lavoro per poter dissodare
l’opera incolta e negletta di un genio più grande di Lucidi,
di Buccola,
di Melloni,
ecc., e addirittura di Volta: Giambattista Beccaria.
È quasi un luogo comune che le controversie
scientifiche giovino al progresso delle Scienze, ma la
storia e lo stesso buon senso insegnano esattamente il contrario, specie quando
i contrasti dal piano scientifico scadono nelle beghe accademiche e nelle lotte
di potere. Oltre alla celebre disputa tra Galvani
e Volta, sul cui merito non posso e
non voglio entrare, c’è quella molto meno nota, anzi ignorata del tutto perché
rimasta sommersa sin dall’origine, tra Beccaria
e Volta, e per colpa della quale sono
marciti negli umidi sotterranei delle biblioteche concetti chiave e fecondi
come, per esempio, quello della beccariana “elettricità
vindice”.
Questo Atomo
non avrà certo la forza di sdoganare Beccaria,
vuole essere solo, per così dire, la replica del tentativo di propagarne e
propagandarne l’opera compiuto nel 1793, una dozzina d’anni dopo la morte
del venerato maestro e confratello, da un oscuro professore di fisica ed “elettrotecnico” ante litteram, lo
scolopio bolognese Lodovico Patuzzi.
Il suo sforzo, nobile e, purtroppo, come si vedrà, sfortunato o maldestro, fu quasi
del tutto vano, e forse addirittura controproducente; quello di chi scrive, un
altro elettrotecnico, che appunto come tale ha probabilmente letto le pagine (e le tavole!) di Beccaria con occhi diversi da quelli degli storici, è auspicabile
che possa risultare altrettanto generoso, ma più fortunato e fruttifero.
Roma, 1.1.2008