5 – Lettera di Lodovico Patuzzi a Stanislao Canovai
(N. B. – La numerazione delle figure si riferisce all’edizione cartacea)
Nuove osservazioni contro
alla teoria di Franklin, e del Beccaria
Continuo a norma de’ suoi consigli a regolarmi
colle Teorie del Franklin in tutte
l’esperienze, che propongo riguardo all’elettricismo: ma le confesso
ingenuamente d’incontrare ad ogni passo delle gravissime difficoltà. Molte cose
mi sembrano oscurissime: altre mi appariscono contradittorie, e molte ancora
non sono a mio credere sufficienti alla felice spiegazione dei fenomeni
elettrici. Tutto mi accaderà per mancanza di opportune notizie e di accuratezza
nell’esperienze: perloche dandomi Ella ogni adito di produrre quelle poche
considerazioni, che l’esperienza mi ha dato luogo di combinare sulle Teorie del
Beccaria; ho tutto il piacere di
sottoporre al suo saggio discernimento alcune difficoltà, che finora mi tengono
incerto sulla verità della Ipotesi Frankliniana. A scanso di ogni equivoco
esporrò brevemente qual mi sembra di aver compreso questo nuovo sistema dopo di
aver letto finora tutte le opere del Beccaria.
Egli dunque suppone, che ritrovisi in tutta
quanta la natura, una certa determinata quantità di materia fluida attuosa
chiamata elettrica, la quale in alcuni corpi può facilmente insinuarsi, e
penetrare le parti più tenui, e più nascoste; ma però non possa in alcuni altri
corpi esercitare il suo moto, senzache venga da esterna forza violentemente
comunicata. Ciò nasce perché questi corpi ne contengono una quantità
proporzionale alla loro capacità; onde a communicargliene in maggior copia, fa duopo
di forzare in loro la molla del naturale elettricismo. Siccome poi alcuni corpi
per conservare la loro naturale saturità, richieggono in maggior copia il
fluido elettrico, e non così alcuni altri, che ne contengono meno; Quindi è che
quei primi tramandano in un istante parte di questo fluido ai secondi fino a
tanto che trovisi la materia elettrica equilibrata nell’uno, e nell’altro. Da
ciò ne viene, che di questo genere diverso di corpi altri più, altri meno
elettrici, quello, che ne contiene maggior copia chiamasi, rispetto all’altro,
elettrico per eccesso, […] respettivamente al primo, dicesi elettrico per
difetto. Da questo principio ne fa nascere il Beccaria un’adeguata spiegazione
dei primarj fenomeni dell’Elettricismo. Imperocchè trovandosi questi corpi di
diversa elettricità ad una certa determinata vicinanza, per la quale possano
agire le respettive forze della materia elettrica; dal corpo, che ne abbonda,
deve il fluido naturalmente scorrere all’altro corpo, che ne contiene in minor
copia, e quindi i corpi fra loro dovranno accostarsi vicendevolmente in
particolare se sono liberi, o leggieri: che anzi questa mutua inclinazione
dovrà durare fino a tantochè arrivino ad un reciproco contatto. Giunti poi a
codesta mutua adesione, comechè i corpi circomposti relativamente all’attratto
abbiano minor copia di elettricismo, quindi è, che il più libero e leggero
giunto poco prima all’adesione dell’altro, scostandosi da quello riporterà ai
circomposti il suo acquistato vapore, fino a tanto che divenuto, per la sua
scarica, meno elettrico di quel primo, ad esso ritornerà per ricaricarsene con
nuovo slancio. Ecco nell’uno e nell’altro caso spiegato il fenomeno
dell’attrazione, e della ripulsione, cioè a dire i vicendevoli risalti, che
fanno i piccoli corpi liberi e leggieri ad un altro corpo fortemente
elettrizzato. In questo moto però vibrato, espansivo, veementissimo della
materia elettrica, che si esercita nel libero flusso dal corpo per natura
elettrico ad un altro elettrico per comunicazione, non restarà l’attuosissimo
vapore in tale stato di forza regolata, e successiva, che non imprima
vibrazione per entro alla tessitura dei corpi, nei quali si comunica, e
specialmente se li trovi mancanti della materia; onde nascendo perciò fra esso
e il corpo, che vi si accosta una collisione di parti, ed un’urto, e un impeto
laddove si trovi arrestato; ne verrà, che dalla collisione sia acceso il
vapore, e quindi formi delle scintille;
e dall’impeto, dalla veemenza, dall’urto se ne produca la successione,
principalmente in quelle parti, che fanno maggiore ostacolo al suo passaggio.
Si è questa in compendio l’Ipotesi Beccariana,
sulla quale io rifletto varie cose appartenenti alla natura, al moto, e
all’applicazione delle forze elettriche per la spiegazione dell’esperienza.
La natura pertanto della materia elettrica resta
in codesta Ipotesi totalmente ignota. Egli per una parte la definisce
somigliante al nostro fuoco comune, per altra parte la dimostra dissimile, anzi
contraria, ne si apprende da verun principio della sua supposizione la causa
intrinseca di questa varietà, ne cosa sia questo elemento constitutivo di una
causa, che opera effetti contrarii. E come poi si deduce non dagli esperimenti,
ma dall’Ipotesi Beccariana, che il vapore elettrico in altri corpi scorra più
abbondante, che in altri sia in minor copia? Tale diversità si suppone nella
Teoria, non si dimostra, che anzi può dedursi dall’esperienza tutto il
contrario, vale a dire, che il fluido elettrico scorrer debba egualmente in
tutti i corpi. imperocchè, per quanto dimostrò Illatert, la materia elettrica penetra i pori minutissimi di
qualunque corpo, neppure penetrabili dall’aria più sottile. Da ciò ne deriva,
che un corpo resinoso aver dovrebbe la stessa elettricità di un altro qualunque
corpo Simperiolettrico, poiché
l’Ipotesi non dà ragione alcuna percui intendere, che l’elettricismo scorra più
in questi corpi, di quello che faccia nei resinosi. Eccone la mia prova. Il
corpo resinoso intanto non riceve estrinseca elettricità, perché egli ne
abbonda, e non tramanda
Ma io rifletto in secondo luogo, che neppure si
ricava dall’Ipotesi la Fisica ragione, per cui debbano i corpi accostarsi al
mutuo contatto in virtù della continua emanazione, che fa l’Elettrica materia.
Siccome si suppongono diversi gradi di saturità nei diversi corpi, così al solo
appressarsi dei meno elettrici (ex. gr. dell’oro in foglio) ai più elettrici
per natura (ex. gr. al vetro) dovrebbe il fenomeno manifestarsi, il che è
contro all’esperienza. Di più. Essendo il vapore naturalmente in sbilancio,
come mai spiegare un fenomeno, che non si vede naturalmente ma solo per
artificio, colla prova cioè del vapore eccitato e sbilanciato. Ciò peraltro,
che più di ogn’altra cosa dimostra la forza della mia difficoltà si è, che
dall’elettrica emanazione ne deve nascere un moto totalmente opposto a quello,
che denota l’attrazione. Imperocche o questa deriva nell’Ipotesi Beccariana, da
causa intrinseca al corpo attraente, oppure da estrinseco impulso del fluido
Elettrico. Ella però né dall’uno ne dall’altro può nascere sicuramente;
imperocchè il farla nascere da intrinseca qualità è un vero assurdo non
operando mai le cause fisiche in distanza, o veramente per simpatia. Ma neppure
derivare può l’attrazione da estrinseco impulso comunicato dal vapore
elettrico, mentre questo fluido se deve esser partecipe delle proprietà, che
osserviamo nelle altre emanazioni a noi conosciute ex. gr. degli odori, della
luce, ecc. egli deve diffondersi come dal centro di una sfera colla direzione
dei raggi, che vanno a ferire la sua circonferenza. Dunque l’impulso del vapore
anziché attrarre i tenui corpi al centro dell’emanazione elettrica, li dovrebbe
urtare secondo la propria direzione dal centro alla circonferenza della sua atmosfera:
e però più che l’effetto dell’attrazione al corpo elettrizzato, veder si
dovrebbe il fenomeno di una continua ripulsione. Che se ad evitare la forza di
questa difficoltà, si opponesse, che il vapore resta in tutti i corpi
equilibrato, e per conseguenza allora soltanto si producono gli effetti, quando
coll’arte se ne sforza in alcuno la molla, e si crea sbilancio; potrebbe in tal
caso replicarsi nuovamente l’istanza già fatta fin da principio, vale a dire,
che se il vapore è naturalmente equilibrato non potrà mai supporsi nella
Ipotesi, che altri corpi ne contengano in maggior copia, e che alcuni altri ne
abbiano assai meno.
Finalmente supponendo il Beccaria, che
l’Elettricità, nei Corpi segua la ragione della loro respettiva densità, non ne
può mai succedere ciò, che per altra parte ci dimostra l’esperienza, voglio
diri, quella somma impercettibile rapidità, di cui è fornito questo fluido
elettrico. Io ne deduco la dimostrazione da quel principio dell’Ipotesi in cui
dicesi, che non succede alcun effetto di attrazione elettrica fino a tanto che
il corpo simperiolettrico non ritrovasi circondato dall’atmosfera
dell’elettricismo. Pertanto siccome il fluido elettrico passa con moto così
rapido, che può dirsi ad sensum
instantaneo dalla catena sopra i piccoli corpi, che si presentano ex. gr. sopra
l’oro in foglio; così l’attrazione, e ripulsione di questi si osserva senza
alcuna interposizione di tempo; e nella mia macchina apparisce al primo tocco
della Ruota principale. Al primo istante adunque formarsi dee l’atmosfera
elettrica, e adeguar si debbono le saturità; quindi è, che al primo istante
tanto nell’oro in foglio, quanto nel vetro elettrizzato sarà un grado uguale di
saturità, poiché altrimenti non succederebbero le ripulsioni. Ma stando il
fluido elettrico come le densità dei corpi correspettivi, cioè, nel nostro
caso, come la densità del vetro, codeste saturità non possono adeguarsi al
primo istante, né codeste atmosfere formar si possono sufficienti alla
produzione sensibile delle attrazioni, e ripulsioni, come oro ora dimostrerò:
Dunque o non dovrebbe l’elettricismo operare con moto così rapido, o pur deve
dirsi falso quel principio, della Ipotesi, che ripete i fenomeni da un
sbilancio tendente ad uguagliare le respettive saturità. La prova dunque della
mia seconda proposizione io la ricavo appunto dal teorema spettante alla
cognizione delle densità dei corpi desunte dalla loro massa, e volume, nel qual
Teorema per i corpi di massa diversa, e diverso volume si definiscono le
respettive densità in ragione composta della ragione inversa dei volumi, e
diretta delle masse, cioè D : d = u V :
M m. e posto, che sia u = 4. U =
Si è questa in succinto una parte di quelle
difficoltà, che mi tengono alquanto sospeso sull’evidenza della Ipotesi del
Beccaria. Non vorrei però, che le mie difficoltà fossero originate dal supporre
falsamente che sia un Ipotesi del Franklin ciò che realmente non è che un puro
accozzamento di conseguenze che il P. Beccaria ha dedotto da varj elettrici
esperimenti, affine d’indagare per mezzo loro la ignota natura, e le qualità
più essenziali della materia elettrica. Se mai questo fosse, le mie opposizioni
si cangerebbero in pure dimande, sulle quali per altro riceverò per singolare
finezza, un di lei schiarimento. Mi dia all’atto istesso il vantaggio di essere
in effetto quale mi confermo con tutto l’ossequio.
Volterra 14
Decem. 1764 - Umsso Servo L. P.