3 – Elogio del P. Giovanni Battista Beccaria, delle Scuole
Pie
(N. B. – La numerazione delle figure si riferisce all’edizione cartacea)
Il P. Giovan Batista[1]
Beccaria, Professore di Fisica sperimentale nella Regia Università di Turino,
delle Accademie di Londra e di Bologna, e Membro onorario dell’Accademia di
pittura e scultura pur di Turino, nacque ai 3. Ottobre dell’anno
Per questi gradi divenuto oramai il P. Beccaria
filosofo d’alto grido, fu nell’Agosto del 1748. invitato dal Re a Turino con
decorosa provvisione[9]
per occupare in quella Regia Università la cattedra di Fisica Sperimentale. Quì
ebber luogo di svilupparsi i suoi talenti naturali in tutta la lor grandezza.
Le ricerche e dottrine elettriche erano allora nel maggior fervore[10].
Il gran fenomeno della Boccia di Leida occorso due anni prima[11];
il molto più grande dell’elettricismo delle nuvole tempestose, che già
cominciavasi a travedere, e che l’anno finalmente 1752 restò accertato collo
strepitoso fatto di Marly-la-Ville[12],
avean talmente rapiti gli animi anche del volgo, che l’osservazioni e le leggi
de’ fenomeni elettrici formavano l’occupazione universale. Ecco il campo presso
che immenso, che la natura presentò subito al nuovo Professore, ed ecco quello
in cui principalmente si esercitò, e se convien dirlo[13],
vantaggiò ogni altro. È degno di particolare osservazione, come di tutti i
sistemi, che furono immaginati per fondare la teoria dell’elettricismo, il
migliore, e forse il più pronto ci venne d’America. Beniamino Franklin, nome
oramai trascendente ogni elogio, fu il primo che con molte, e molto ingegnose
esperienze formollo.
Niun corpo è privo di vapore[14],
o fuoco elettrico, fluido di grand’elaterio, o forza d’espansione; tutti ne
sono come inzuppati secondo la propria capacità; ragione per cui si tiene in
tutti naturalmente equilibrato. Alcuni di essi gli danno liberamente passaggio
a traverso alla loro sostanza, che vengono perciò detti deferenti o conduttori;
altri al contrario glielo negano, e l’arrestano sulle lor prime superficie, che
perciò chiamansi coibenti o isolanti. Per tal diversa costituzione
de’ corpi l’arte, e molto più la natura[15]
ha de’ metodi di rompere in essi l’equilibrio di questo fuoco, caricandone
alcuni, ed altri scaricandone oltre la dose naturale, e introducendo così tra
loro or men gagliardo, or più risentito sbilancio. Tale sbilancio può
introdursi ancora tra le opposte faccie d’un corpo stesso s’egli è coibente, a
condizione però, che quanto oltre la dose naturale si carica l’una, altrettanto
si scarichi l’altra; or questo qualunque sbilancio appunto è il fondamento, il
principio di tutti i fenomeni elettrici. Costretto dal proprio elaterio il
fuoco elettrico a ricomporsi in equilibrio, circola per le strade che gli
vengono aperte, o che egli s’apre da se medesimo, dai corpi, dalle superficie
in cui abbonda, ai corpi, alle superficie in cui manca, e circolando produce
tutta quella mirabile diversità d’effetti, che si osservano or piacevoli ed or
terribili a proporzion del suo eccesso da una parte, e il suo difetto
dall’altra. Tale è in sostanza il sistema elettrico di Franklin; sistema, ch’ei
non limitò al suo gabinetto, ma stese arditamente, e con passo franco a tutta la
natura, specialmente alle meteore[16]
le più furiose, e insegnò l’arte divina di disarmar de’ fulmini l’atmosfera a
difesa degli edifizj.
Ma Franklin qual altro vecchio Romano non poteva
esser filosofo, che quanto glielo permetteva l’uomo pubblico. Legislatore di
vaste provincie, e difensore de’ lor diritti, dovea pensare più che al fuoco
elettrico, e a torlo alle nuvole, a stabilire la loro indipendenza. Quindi il
suo sistema rimanevasi ancora dentro i troppi ristretti confini della sua
nascita, e perciò inteso da pochi, impugnato da molti, o almen non seguito. Ne
conobbe peraltro tutto il pregio il P. Beccaria, e fin dalle sue prime mosse
adottatolo si propose di confermarlo, di promuoverlo, di condurlo alla sua
perfezione, in certa guisa di farlo suo.
L’anno dunque 1753. pubblicò il suo Elettricismo
artificiale e naturale dedicato al Re medesimo. Questa sua prima opera sola
bastò perché il sistema di Franklin restasse stabilito, e ridotto a compimento
quanto poteva esserlo di quel tempo, ed ei annoverato frai più insigni
sperimentatori dell’età nostra. In essa[17]
dopo un breve catalogo de’ corpi isolanti, e deferenti con un’analisi del tutto
nuova, dimostra la presenza ne’ medesimi, l’equilibrio e lo sbilancio del fuoco
elettrico. Determina i segni della sua circolazione, e la rende sensibile agli
occhi stessi. Intraprende l’esame della Boccia di Leida; rimuove ciò che è
indifferente per la sua carica; e ne fa vedere la necessità del voto e del
pieno in egual grado nell’opposte faccie. S’apre la strada a molt’altre
interessanti ricerche, e dimostrazioni, e reca intanto maraviglia non ordinaria
il vedere la facilità, con cui l’elettricismo artificiale con tutta l’immensa
folla de’ suoi stupendi fenomeni vien di mano in mano subordinato a questi
principj.
Passa all’elettricismo naturale. Lo trova egli
pure colle sue osservazioni in terra e nell’atmosfera e lo subordina
agl’istessi principj. Conferma con ciò la teoria de’ tuoni, de’ lampi, de’
fulmini, e fa travedere il fondamento dell’altre meteore. Stende le sue congetture
ai tifoni, o trombe di mare, ai tremoti, ai vulcani, ai fulmini, che scoppiano
nelle miniere, e finalmente alla connessione, che forse ha coll’elettricismo la
coerenza de’ corpi, e la gravità universale; congetture che parte hanno
somministrato ad altri ampia materia d’importanti investigazioni, e parte
somministrandola a lui medesimo[18].
Il merito di questo primo lavoro non si può meglio rilevare che dal giudizio
portatone dall’istesso Franklin. Inviatogli sino in America dal Sig. Dalibard
suo corrispondente a Parigi, e richiestolo del suo parere: voi mi domandate, gli rispos’egli[19],
il mio sentimento sul libro Italiano del
P. Beccaria: l’ho letto con molto piacere, e lo riguardo com’una delle migliori
opere, che io abbia veduto in alcuna lingua su tale argomento.
Nel mentre che l’opera era sotto il torchio
comparve una critica anonima contro il primo capitolo della medesima. Trovasi
in essa inserita a parte una dotta risposta alla critica. Trovasi pure inserita
nel modo stesso una lunga lettera al Sig. Ab. Nollet, la quale per l’incontro
che ebbe, fu subito tradotta in Francese dal Sig. de Lor, e pubblicata[20]
con qualche aggiunta cavata specialmente da una lettera dello stesso P. Beccaria
al Sig. Bertrand[21].
Si sostiene nella medesima vittoriosamente contro il Sig. Ab. Nollet la
resistenza del vetro al passaggio del fuoco elettrico, punto capitale del
sistema di Franklin. Che se alcuno posteriormente sull’autorità di qualche
esperienza ha preteso in contrario, ciò non è stato che un equivoco o una prova
al più, che la resistenza del vetro non è assoluta, ma relativa soltanto a
certo grado di calore non troppo intenso, e di carica non troppo straordinaria;
né d’altro abbisogna il sistema di Franklin[22].
Ma se questa fu la prima produzione
sull’elettricismo di questo Filosofo, non fu però l’unica. La parte naturale di
esso, a cui Franklin avea con tanta felicità già dato moto, e in vista appunto
di cui si travagliava con tanto calore intorno all’artificiale, non faceva
allora che nascere da osservazioni strepitose sì, ma in piccol numero, ond’è
che ei appena l’avea potuto adombrare nel libro, che abbiam mentovato.
Applicassi dunque con tutto l’impegno a trattarla da capo. Cinque anni di osservazioni
continuate indefessamente, e con incredibil sagacità lo provveddero di vasti
materiali per tal lavoro, che l’anno finalmente 1578. restò compito. Questo
pure nel suo genere ha, come l’altro, poco o nulla d’uguale in qualsivoglia
linguaggio. È compreso in un ampio volume di quindici lettere al sig. Beccari
già grand’onore dell’Università di Bologna e dell’Italia tutta, pubblicate
l’anno medesimo[23].
Le prime di esse servono ad accertar con nuovi artifizj la circolazione del
fuoco elettrico, e ad illustrare e promovere ulteriormente l’elettricismo
artificiale, salgon l’altre coraggiosamente nell’atmosfera, e si profondano
sotto la superficie della terra, seguendo il circolo, e l’azione del fuoco
elettrico. La teoria de’ temporali e de’ nuvoli e venti temporaleschi non si
trova in verun altro luogo meglio stabilita. Non la natura ed effetti de’
fulmini, d’indurre specialmente magnetismo nei corpi, di mutar la direzione
delle calamite, di calcinare e rivivificare i metalli: non la maniera più
sicura di deviarli dagli edifizj. Che direm poi delle meteore acquose? La lor
formazione coi loro più straordinari accidenti hanno quì una spiegazione molto
felice, né l’ha certamente meno felice la connession loro, e de’ fulmini colle
corrispondenti alterazioni nel nostro globo.
Come nell’opera precedente incluse il P. Beccaria
una lettera al Sig. Ab. Nollet sulla resistenza de’ vetri, così ne include una
in questa al Sig. Conte Scarnafigi sulla luce da esso per la prima volta
scoperta nei vetri d’una certa sottigliezza percossi e strisciati da un colpo
d’aria. Ricerca con analisi molto sottile e circospetta la vera cagione di
questo nuovo fosforo, com’ei lo chiama, e dopo avere escluse tutte l’altre
possibili, conchiude finalmente con ottime analogie esser esso pure un giuoco
del fuoco elettrico[24].
Dopo quest’anno ei si tenne in silenzio fino al
1764. Era occupato d’ordin del Re non meno utilmente in diverse campagne per la
misura d’un grado del meridiano terrestre in Piemonte. Dobbiam parlarne più
basso. Le misure finalmente terminate, e restituitosi esso in Turino di piè
fermo, fu eletto Maestro di Fisica Sperimentale del Duca di Chablais; e
comparso nel tempo stesso in quella Dominante il Real Duca di York, ebbe
l’onore di fare con di lui particolar gradimento diverse esperienze in sua
presenza. Allora fu che rotto il lungo silenzio uscì di nuovo in pubblico con
due dissertazioni dedicate al medesimo, brevi bensì di mole, ma di un merito
non volgare. Nella prima dalla naturale struttura del cristallo di monte
accuratamente esaminata ripete la meravigliosa refrazion della luce che ha
luogo in esso; doppia, se il raggio entra obliquo all’asse del cristallo; unica
se entra parallelo. Su tale argomento, come è noto, Bartolino, Hugenio, Newton
stesso già travagliaron con poco successo. Dimostra inoltre come da un prisma
esagono possa tagliarsi un prisma triangolare equiangolo, che renda una sola
immagine di colori. Nella seconda misura la forza della scintilla elettrica e
del fulmine sull’aria; quindi tornando a far vedere la sorprendente proprietà
de’ fulmini d’indurre virtù magnetica nei corpi, che ne son capaci, e a
confermare la legge, con cui si scompartono e si propagano, propone di nuovo il
metodo di fissarne la loro direzione, e di preservarsene, come nelle lettere al
Beccari avea già fatto.
Termina finalmente con ulteriori osservazioni per
meglio determinare il rapporto, che ha colla naturale struttura del cristallo
di monte la doppia o la scempia refrazione.
Fino a quì il sistema di Franklin
dell’elettricità in più e in meno, o come altramente esprimevasi, positiva e negativa, sostenuto e promosso dal P. Beccaria, si può dire che
regnasse, poiché l’altro delle due correnti
contrarie affluente ed affluente del Sig. Ab. Nollet, quantunque
abbracciato in Francia generalmente, si trovava poco sufficiente a difender se
stesso, e meno alla spiegazion de’ fenomeni. Ma il celebre sperimento trasmesso
l’anno 1755. all’Imperiale Accademia di Pietroburgo dai PP. Gesuiti di Pekino,
e le nuove esperienze di Roberto Symmer comunicate l’anno 1759. alla Reale
Accademia di Londra, tradotte avidamente in Francese con aggiunta di proprie
note dal Sig. Ab. Nollet, e confermate susseguentemente, e stese a maggior
ampiezza dal Sig. Giovan Francesco Cigna Professore nell’Università di Turino,
parvero abbatterlo a un tratto dai fondamenti. L’esperimento di Pekino appariva
contrariare apertamente l’impermeabilità del vetro, senza cui il sistema di
Franklin non si può reggere; e i vetri del Symmer, e le sue tanto famose calze,
e i non meno famosi nastri del Sig. Cigna, tutti corpi coibenti, ci facevan
vedere a qualunque segno il medesimo genere d’elettricismo in amendue l’opposte
faccie; cosa affatto ripugnante in quel sistema[25].
Aggiungevasi a tutto ciò, che nell’elettrizzarsi i corpi per uno sbilancio del
fuoco naturale indotto fra essi, Kinnersley altro dotto Americano, e gran
seguace di Franklin, credette avere scoperto, e qualche tempo meritò fede la
sua credenza, che ne’ zolfi e nelle resine lo sbilancio s’inducesse per
sottrazione di fuoco, ne’ vetri al contrario per aumento, e nel rimanente dei
corpi nell’una e nell’altra maniera, secondo che più ai vetri o ai zolfi
fossero analoghi. Quantunque questa nuova distinzione di corpi fosse
indifferente al sistema di Franklin, pure finchè durò a credersi vera la
scoperta, si tenne in luogo d’una non dispregevole pertinenza del medesimo.
Quindi elettricità vitrea o resinosa furon termini molto solenni trai
Frankliniani per esprimere un’elettricità in più, o positiva, ed una in meno, o
negativa. Or questa distinzione medesima veniva espressamente combattuta
dall’esperienza del Symmer, poiché l’istessa calza, l’istesso nastro, l’istesso
vetro si elettrizzava talora in più, talora in meno secondo differenti
circostanze. Sicchè si gridò altamente contro Franklin e i suoi principj; e
poichè Symmer medesimo non potea dalle sue esperienze non riconoscere in natura
due contrari generi di elettricità, fece l’uno e l’altro positivo ed
antagonista: suppose cioè nei corpi due fluidi elettrici essenzialmente diversi
d’un’azione fra loro opposta ed equilibrata, l’eguaglianza della quale tosto
che l’aumento d’uno venisse a rompersi, si manifestassero i segni del fluido
vittorioso.
In mezzo a questi filosofici clamori il P.
Beccaria con analisi lenta e profonda riandava non solo, ma stendeva a termini
molto più ampj l’esperienze di Pekino e del Symmer, e rendutosi oramai al suo
solito padrone della materia, confutò prima in un saggio di nuove esperienze
dato l’anno 1766. alla Real Accademia di Londra i due fluidi antagonisti del
Symmer con un esperimento diretto e decisivo, e con altri di somma forza,
sebbene indiretti. Convenne quindi del difetto della scoperta di Kinnersley, ma
la fece vedere del tutto estranea al sistema di Franklin, e preso da ciò motivo
di sparger lume su questa oscura materia, e di determinarla più precisamente,
con una serie di scelte osservazioni fece vedere, che tutti i corpi, vetri o
resine, e i loro analoghi danno o ricevono indifferentemente il fuoco elettrico
secondo la diversità dei corpi, onde vengono stropicciati, e secondo l’asprezza
o liscezza per differenti gradi delle loro superficie, confermando così, e
dilatando nel tempo stesso la bella scoperta già fatta da Canton. Questo saggio
fu l’anno stesso seguito da un altro, in cui poneva sotto gli occhi
dell’Accademia diversi nuovi esperimenti atti a rivelare tutto il mistero
dell’esperienze di Pekino e del Symmer, e strettosi poscia dopo tali preludj a
queste esperienze asserì liberamente in lettera pure di quell’anno al Sig.
Franklin allora in Londra, esser tanto lontano che per le medesime venisse
arrecato pregiudizio alcuno ai suoi principj, che anzi ne ricevevan nuova
conferma: richieder ben’esse un nuovo principio da aggiugnersi agli altri suoi,
ma convenir questo con quelli mirabilmente, e da tutti insieme risultare la
ragione di fatti in apparenza così bizzarri. Gli manifestò l’anno seguente
questo principio, accennandogli brevemente le sue conseguenze. Ma perché la
materia non solo era nuova, ma di grande importanza, determinassi a trattarla
colla estension necessaria in un’opera a ciò consacrata.
Comparve essa l’anno 1769. col titolo d’Experimenta atque observationes, quibus
electricitas vindex late constituitur et explicatur: e con in fronte
l’eccelso nome dell’Imperatore Giuseppe II., che onorando allora l’Italia colla
sua presenza non isdegnò d’essere in Turino testimone augusto delle esperienze,
delle quali l’opera è composta. L’oggetto della medesima è di mostrare ne’
vetri, e a loro esempio negli altri corpi coibenti una facoltà di ricuperare, e
come rivendicare in una delle loro faccie la già perduta elettricità col solo
spogliare la faccia stessa della sua qualunque armatura. Questa facoltà, che il
P. Beccaria appella elettricità vindice,
è quel principio, ch’egli crede doversi aggiungere agli altri Frankliniani,
principio, che coi medesimi a meraviglia consente, e di cui co’ medesimi
combinato tutti i nuovi fenomeni non sono che una natural conseguenza. Lo prova
egli con una felicità senza pari. Ciascun di essi si presenta da se medesimo,
cede, si sviluppa sotto questa combinazione. Le loro più minute circostanze
trovan ivi una spiegazion necessaria. V’ha di più: si dimostrano inesplicabili
in altro sistema. Ammessa così la sufficienza del nuovo principio unito ai
vecchi, conveniva provarne l’esistenza, come de’ vecchi era già provata, perché
il complesso di tutti non fosse ipotetico. Il P. Beccaria dedica a ciò la
maggior parte dell’opera presente. La verità dell’elettricità vindice vien
provata in essa con una moltitudine d’esperimenti così nuovi, così variati, e
in tutte le loro espressioni anche in apparenza le più indifferenti così
facondi, che qualunque siasi la ragion del fatto, il fatto riesce
incontrastabile, e la prova un vero portento di sagacità.
Non si deve quì tacere che al primo di tali saggi
all’Accademia Real di Londra unì egli l’osservazione da se fatta d’un’ecclisse
lunare, la quale già comincia a farci conoscere il suo gusto per l’astronomia,
e alla seconda lettera al Sig. Franklin una sensata risposta sopra d’un sasso
veduto nel territorio di Modena cader dal cielo, che ce lo conferma un gran
fisico. Dall’esame minuto di tutte le circostanze, specialmente dall’essere
allora il ciel fulminante, credè che il sasso fosse portato in alto da qualche
fulmine mediante una subitanea evaporazione indotta nell’acqua, di cui il suolo
Modenese abbonda da ogni parte[26].
Questa opinione fu approvata da ognuno, e certamente meritò d’esserlo, siccome
d’esser ancora applicata a tutti gli altri casi dell’istesso genere, di cui
parla l’istoria, quantunque in altra età creduti miracolosi.
Ma intanto la dottrina dell’atmosfere elettriche
e de’ movimenti dei corpi in esse immersi da lungo tempo esercitavano
gl’ingegni de’ maggiori fisici. Già Wilke ed Epino, celebri nomi fra gli
elettricisti, aveano con applauso universale stabilita la lor natura, e tolta
di mezzo la difficoltà dell’atmosfere negative, che tanto inquietava l’istesso
Franklin, avean fissata interamente la nota legge scoperta da Franklin solo a
metà; che ogni corpo elettrico tanto per eccesso, che per difetto si sforza
egualmente d’indurre l’elettricità contraria ne’ corpi immersi nella sua
atmosfera. Più: in conseguenza di questa legge e di questa natura appariva già
chiaramente la ragione, per cui i corpi immersi accostavansi o discostavansi
secondo che erano provveduti d’elettricità contraria o d’omologa; fenomeno
prima stabilito col fatto, e che conteneva in se tutti i meravigliosi movimenti
de’ corpi immersi nell’atmosfere altrui. Credevasi con ciò perfezionata la
teoria dell’atmosfere elettriche; ma un nuovo fenomeno, che in questo stato di
cose si presentò non senza qualche sorpresa al Sig. Franklin, fece conoscere
che ancor non eralo totalmente. Osservò quel grand’uomo, che non succedeva
movimento alcuno, né si induceva alcun genere d’elettricità in un corpo posto
in qualsivoglia atmosfera, quando questo non comunicasse col suolo. Ne seguiva
da ciò che i corpi isolati resistono a qualunque sforzo dell’atmosfere
d’indurre in essi contraria elettricità, nel qual caso cessa ogni
elettrizzamento e movimento del tutto. Era questa una bella aggiunta da farsi
alla teoria. Bisognava dunque verificar questo fatto, e determinarne tutte le
sue circostanze. Priestley e Saussure, due altri nomi non meno celebri, si
posero i primi a quest’impresa: ma si deve la gloria al P. Beccaria d’essere
andato molto più avanti, e d’averla compita. Soddisfec’egli a ciascheduno di
questi punti così pienamente in una nuova operetta trasmessa l’anno 1769. essa
pure alla Reale Accademia di Londra, che nulla restò a desiderarsi su tale
argomento[27].
Dopo tante e ricerche e scoperte l’indefesso P.
Beccaria si sentì oramai in istato di rifonder da capo il suo elettricismo
artificiale. Questa nuova fatica, a cui da gran tempo aveva volto il pensiero,
venne finalmente in pubblico l’anno 1772. consacrata al suo Real Discepolo il
Sig. Duca di Chablais, e onorata tosto dalle persone dell’arte col titolo di
grand’opera[28].
La minor lode della medesima, sebbene non piccola, è la riforma d’alcune
proposizioni meno accurate ne’ passati scritti: ma il suo gran pregio è
l’ingrandimento, e la conferma con un lusso incredibile di vecchie e di nuove
cose, proprie ed altrui dell’antico trattato[29].
L’equilibrio del fuoco elettrico, la sua circolazione, le leggi, che segue in
diverse circostanze, le proprietà de’ corpi isolanti e deferenti, e mill’altre
cose sì fatte sono quì stese con grand’ampiezza. L’atmosfere elettriche formano
un articolo presso che nuovo; se la lor teoria era già stabilita, divien or
gigantesca. Le nuove ricerche d’ogni genere o sull’azione della scintilla
elettrica su’ corpi de’ tre regni, o sulla simiglianza del fuoco elettrico e
del comune, o sulla cagione del magnetismo, o su gran numero d’altri soggetti
non meno acconci a rivelare le più nascoste proprietà del fuoco elettrico, e la
sua generale influenza nel gran sistema della natura promuovono l’antica
dottrina a termini meno remoti. Né men la promuovono l’insigne moltitudine de’
nuovi fenomeni, che s’incontrano riferiti ad ogni passo; la spiegazione di tutti
i quali, che naturalmente dipende, e necessariamente dalle premesse teoriche,
forma poi tal conferma delle medesime, che rapisce l’assenso e l’ammirazione.
Sebbene oltre a ciò i due fluidi o antagonisti del Symmer, o effluenti ed
affluenti del Sig. Ab. Nollet vengono dimostrati con lungo esame ripugnanti ai
fatti, e le molte esperienze, opposte già da particolari Filosofi, or da intere
Accademie, trovan per tutto risposta tale da soddisfar quegli stessi che le
proposero[30].
Mentre il P. Beccaria travagliava da una parte
con tanto impegno all’accrescimento delle dottrine elettriche, non aveva
obbliato dall’altra la misura commessagli del grado terrestre. Terminate, come
si è detto, l’operazioni di campagna, e ridotti a fine i lunghi e tediosi calcoli,
che richiede un tal lavoro, forse il più delicato e difficile, che l’Astronomia
e la Fisica ci presenti, l’anno finalmente 1774. lo rendè pubblico dedicandolo
al Re, e mettendo a parte della sua gloria il Sig. Ab. Canonica, come eralo
stato delle sue fatiche. Questa nuova opera, che porta il titolo di Gradus Taurinensis, è un illustre
documento che il P. Beccaria non era men valente Geometra ed Astronomo, che
sommo Elettricista. O si consideri la sua diligenza nel preparare gli
strumenti, o l’accorgimento nel prevenir quei difetti, che pajono inseparabili
dai medesimi, o sivvero si ponga mente con quale intelligenza, con qual cautela
ne fece uso, formò il necessario poligono, e formatolo lo ridusse
all’Orizzonte, e tenne dietro a ciascuno di quegli errori, che ne’ gran
triangoli posson nascere dalle circostanze del terreno, tutto fa fede di non
volgare Geometria, e d’una consumata perizia astronomica.
Non dissimuleremo noi quì peraltro che ad onta
ancora di tal perizia e sagacità, le operazioni del P. Beccaria parvero
notabilmente difettose. Avea egli per giusti riflessi diviso l’arco celeste
compreso fra ambi gli estremi del terren misurato in due porzioni ineguali.
Quella al Nord di Turino verso le altissime Alpi Graje era in terra di 26153.
pertiche, e quella al sud verso le più basse Alpi marittime di 38733. e la
somma totale dell’arco 64887. Or cercandosi la misura del grado co’ soliti
metodi e da ciascuna parte e dall’intero, come pur era permesso di fare,
risultava questo tutte le volte molto diverso. Aggiungevasi a ciò che preso
ancora il mezzo di tutti risultava un grado ciò non ostante maggiore del
ritrovato nella Lapponia medesima, e la stessa lor differenza poi era maggiore
della ritrovata frai gradi misurati al Perù e in Lapponia. Il Sig. Cassini di
Thury principalmente, Astronomo di tanta celebrità, e così esercitato in
simiglianti lavori, non lasciò di rilevar tutto ciò[31],
e di rifonderne tacitamente la colpa nella poca esperienza e accuratezza del P.
Beccaria.
Ma né l’osservazioni del Sig. Cassini, né le
querele di verun altro potranno mai arrecar pregiudizio al suo nome. Egli avea
già prevenuto nella sua opera quanto gli viene opposto: anzi non attendeva egli
medesimo miglior successo dalle sue misure, ma tutto il lor difetto più che a
propria mancanza, dimostra doversi all’azione sul pendolo del settore delle
vaste montagne al Nord e al Sud, fra le quali avea dovuto operare. Fece ancora
passi maggiori: avvisò che avendo giudicato in conseguenza di tale azione
l’arco celeste più acconcio a mostrare l’alterazion del grado dalla sua vera
proporzione, che la proporzion medesima, fu questa la ragione, per cui lo
divise, e lo divise appunto in luogo, dove separandosi in certa guisa l’azione
de’ monti Boreali ed Australi, si potesse distinguere il valore di ciascheduna
in parti opposte. Passò quindi a stabilire il metodo per valutarle, e il metodo
dà una deviazione nel pendolo di circa 25''. verso l’Alpi settentrionali, e di
4''. verso le marittime. Né quì si arrestò; ma dopo aver dato l’idea d’un nuovo
settor senza pendolo, attissimo perciò a simiglianti misure, dopo aver
accennati i difetti del Barometro del Sig. de Luc, e la maniera, con cui gli
avea tolti, e reso il medesimo d’un uso più facile e più sicuro, narrò come con
esso alla mano visitasse non senza travaglio immenso[32]
le lunghe catene de’ monti all’estremo settentrionale dell’arco misurato, e
l’enormi moli osservasse, e misurasse le loro altezze, aggiungendo un’ampia
descrizione delle medesime, la quale come serve mirabilmente all’istoria delle
montagne, così rimuove ogni dubbio, che la straordinaria deviazione di 25''.
non possa essere un loro effetto.
Pare incredibile, che non si sia posto mente a
tutto questo; onde è che il P. Beccaria stette lungamente perplesso se dovea
far’alcuna replica al Sig. Cassini. Ma risolutosi alla fine gli replicò con
manifesto acquisto di causa in sette brevi lettere[33]
piene d’energia, nelle quali gli fece vedere, che la maggior parte de’ gradi
fin quì misurati non va esente dalle riprensioni, che si fanno al Turinese,
senza eccettuare nemmeno i gradi prolungati nel meridiano di Parigi dal Sig.
Cassini medesimo e dal Sig. Ab. Della Caille: che le loro irregolarità, dato
che la figura della terra sia regolare, non si sono da veruno ascritte a colpa
dei misuratori, i quali non son tenuti che ad osservare e misurare, come disse
pure il Sig. della Caille a difesa del suo grado Africano, ma ai monti
adjacenti o frapposti al terreno, in cui si son prese le misure. E però esser
patente ingiustizia voler ascrivere, piuttosto che a tali circostanze, a
difetto de’ misuratori le irregolarità del grado Turinese, il quale non a caso,
ma apposta, a fine appunto di confermare con evidenza sempre maggiore la gran
verità dell’attrazione delle montagne, fu preso in mezzo a catene di monti
cotanto insigni; che tale attrazione annunciata da Newton, verificata da
Bouguer a Chiomboraco, e da Maskelin per ordine del Governo confermata a
Scheallien, era ormai un capo saldo, e che le masse immense delle montagne
poste alla parte settentrionale del grado Turinese difendono abbastanza la
quantità della deviazione del pendolo verso le medesime per quanto possa parere
eccessiva.
La commissione e la difesa del grado Turinese
ridotta così al suo termine, tornò di nuovo il P. Beccaria a’ suoi studi prediletti,
l’elettricismo. Avea già promosso l’artificiale fin dove le circostanze del
tempo potevan permetterlo; si volse dunque a promuovere il naturale
d’importanza molto maggiore. Cominciò dal considerare ora l’elettricismo
atmosferico a ciel sereno, dopo averlo considerato nelle lettere al Beccari a
ciel turbato e specialmente burrascoso. Era questo un argomento presso che
intatto. Lo trattò egli con gran corredo di nuove osservazioni in tre lettere[34]
a soggetti illustri, che raccolte insieme furono umiliate al Real Principe di
Piemonte. A ciel sereno l’atmosfera è costantemente elettrica, e elettrica per
eccesso; più o meno fortemente, secondo che la costituzione dell’aria è più o
meno asciutta, e tale stato dura dal principio del rasserenarsi del cielo fino
al punto del rannuvolamento; né si altera o cangia in stato di elettricità
contraria, se questa non venga trasportata per mezzo del vento da nuvoli anche
remotissimi che ne mancano[35].
Ecco le risultanze delle due prime lettere, nelle quali si trova inoltre
descritto il periodo giornaliero di tale elettricità. Nella terza rivolge il P.
Beccaria le sue attenzioni alla guazza[36].
Contro la comune aspettazione scuopre in essa un’elettricità anche più intensa:
ne mostra le sue proprietà, fissa le sue circostanze, l’imita con un ingegnoso
artifizio, e pone fuor d’ogni dubbio la sua scoperta[37].
Sebbene qual parte del naturale elettricismo non
ingrandì egli colle sue lettere, dacchè adottò questo metodo di scrivere forse
il più conveniente alla diversità de’ soggetti[38]!
Dimostrò in una[39]
l’elettricismo delle stelle cadenti: propose in un’altra[40]
un occhiale elettrico per ispira la luce nella scossa della Torpedine: in
questa scuoprì[41]
due nuovi punti di analogia del magnetismo indotto dal fulmine ne’ mattoni e
nelle pietre ferrigne con quello indotto nel ferro stesso; in quella additò[42]
una nuova serie di attenzioni, che necessariamente richiede la pratica di
deviare i fulmini per mezzo de’ conduttori. Comparisce il libro del Sig. Nairne
sull’utilità di questi conduttori; ed ei ci fa risovvenire[43]
di due antiche sue predizioni, e richiama ad un principio da se stabilito
l’esperienze del Sig. Nairne, e quelle del Sig. Volta sui conduttori di piccolo
diametro. In oltre poi ora congettura[44]
sopra alcuna particella, che riluca nel disco della Luna interamente oscurato,
fenomeno forse non alieno da elettricismo: ora presenta[45]
la descrizione d’un nuovo suo ordigno disegnatore de’ fulmini in quanto al loro
numero, forza, tempo e direzione e lo appella ceraunografo; ora[46]
risponde a diverse questioni, che in occasione de’ tremoti di Bologna furongli
proposte, ed ora[47]
prende a far vedere la naturalezza della cagione efficiente de’ temporali e
fenomeni compagni.
Né solo il naturale elettricismo ricevè in questo
tempo ingrandimento dalle sue lettere, ma non minore ancora l’artificiale.
Scrisse al Sig. Landriani sullo spezzamento de’ vetri nell’atto della scarica e
sopra un nuovo elettrometro[48];
al Sig. Ab. Fromond sul cangiamento di colore prodotto dal fuoco comune
egualmente che dall’elettrico[49].
De’ fiori elettrici scrisse al Sig. Tiberio Cavallo[50];
e dell’azion del fuoco sulle calci metalliche al Sig. Priestley[51].
Un esperimento del Sig. Cigna dimostra effettuarsi i movimenti elettrici anche
ne’ fluidi non elastici; lo conferma egli[52],
e lo stende con nuovi esperimenti, confronta i fenomeni di questi con quei
dell’aria vaporosa elettrizzata, e tutto cospira ad avverar la legge de’
movimenti elettrici già stabilita nelle lettere al Beccari.
Che se prevenuto dalla morte né sull’uno, né
sull’altro elettricismo di più potè pubblicare, contuttociò, per quanto
concerne il naturale, lasciò in mano del Sig. Conte Balbo[53]
suo gran Protettore ed Amico quattordici lettere sul fulmine e suoi accidenti e
relazioni, ed una sui baleni a caldo già pronte per la stampa: un’altra pure,
sebben non del tutto compita, sull’Aurore Boreali con molte osservazioni delle
medesime, oltre un’infinità d’altri travaglj non meno importanti, e degni tutti
nello stato, in cui sono, d’essere donati al pubblico. Fanno una bella parte di
essi gran numero di descrizioni degli effetti osservati de’ fulmini. Ne fanno
una più bella diverse carte sul lume zodiacale attribuito arditamente ad
elettricismo di rugiada nell’alta atmosfera, sulle trombe marine, sul fuoco di
S. Elmo, sulla razzaja[54]
osservatasi in Siena dopo che il fulmine colpì il conduttore della pubblica
torre, sulla maniera di preservare gli edifizj dai fulmini, e specialmente i
magazzini della polvere. Né certamente ne fanno una meno pregevole due giornali
d’osservazioni, metereologiche [sic]
l’uno e d’elettricità atmosferica, l’altro di tremoti e d’elettricità pure
atmosferica per l’abbondanza e valore de’ materiali che contengono.
Lasciò pure nelle mani stesse diverse memorie
riguardanti l’elettricismo artificiale. Tali sono molti fogli sulla forza
espansiva del fuoco elettrico, sulla teoria de’ corpi isolanti,
sull’elettricità vindice, sull’adesione elettrica, e tali varj giornali di
esperienze e considerazioni, che rimangono ancora inediti a danno della scienza
elettrica.
Per quanto dunque ei pubblicò, e per ciò ancora
ch’egli ha lasciato manoscritto sull’elettricismo chiaro apparisce ch’ei fu
l’eroe di questa scienza; che se ella da piccoli principj è giunta nel corso di
pochi anni a grandezza tale da abbracciar già una vasta parte della natura,
devesi ciò principalmente a’ suoi talenti, alla sua penetrazione, alle sue non
mai interrotte osservazioni. Priestley, il grand’Istorico dell’elettricità, lo
confessò francamente, dopo aver dato il suo a ciascheduno, tutto quanto, seguita egli,
venne dagl’Inglesi e dai Francesi elettricisti sperimentato riguardo al fulmine
ed all’elettricismo è di gran lunga inferiore a quello, che fece il P. Beccaria
in Turino. L’attenzione da lui adoperata nel considerare i diversi stati
dell’atmosfera: la sua attitudine a far l’esperienze, il suo apparecchio nel
farle, l’estensione delle sue combinazioni facendole, la somma sua esattezza
nell’esporle, il giudizio nell’adattarle alla teoria generale, oltrepassano
tutto ciò che prima e dopo di lui avevano i fisici operato. E quantunque io
volessi pur dare un compiuto ragguaglio delle sue esperienze e delle sue
osservazioni, ciò non ostante non potrei recare a’ miei lettori se non un
saggio assai leggero della vastità, della varietà, dell’importanza de’ suoi
lavori [55].
Né questa è la sola confessione, che Priestley fece di tal verità: tutte le
sezioni della sua storia son piene di simili testimonianze, e la grande e dotta
nazione Inglese ne fu così persuasa, che prontamente tradusse nel proprio
linguaggio le sue opere elettriche[56].
Sebbene per quanto foss’egli invaghito del mondo
elettrico, in cui regnava, passò ciò non ostante talvolta a trattare ancora
altri argomenti, ne’ quali non meno si segnalò. Si difese contro il Sig. Wilson
sulla luce, che mostra al buio il fosforo di Bologna fatto secondo il metodo di
Canton, e illuminato a traverso a vetri colorati. Gli fè vedere che, poiché
l’esperienza, di cui veniva accusato, non era riescita a bravissimi
sperimentatori, e molto più perché la conobbe opposta all’esperienze del Sig.
Zanotti, ei l’aveva già ritrattata, e intanto convince lui stesso di gravi
errori, e forse di non molta sincerità[57].
Spiegò al Sig. Ab. Amoretti[58]
il suo sentimento sulla luce delle Lagrime Britanniche. Oltre a un nuovo settor
senza pendolo proposto nel grado Turinese per la sicurezza dell’osservazioni,
architettò per l’uso medesimo un mezzo cerchio di marmo di straordinaria
grandezza, di cui accennò la costruzione al Sig. Canonico Fromond[59].
Accennò pure all’istesso[60]
la necessità di rapportare le refrazioni de’ corpi celesti non solo alle
variazioni del Termometro e del Barometro, ma a quelle ancor dell’Igrometro,
riflettendo con gran ragione, che siccome l’umido piovoso solleva l’immagin de’
corpi, così la rugiada cadente la sera e la mattina, così l’umido giornaliero
sospeso dal calore dee produrre a proporzion l’istesso effetto. Che più? Fece
una traduzione dall’Inglese dell’osservazioni
di Franklin intorno all’accrescimento
degli uomini e alla popolazion de’ paesi: compose un bel saggio dell’opera
del Sig. de Luc sulle mutazioni dell’atmosfera: un altro chimico-fisico
dell’acque termali di Vinai, ed oltre a ciò due memorie assai notabili sulla
possibilità d’una legislazione intorno alla misura dell’acque sufficientemente
esatta, e comunemente intelligibile, e sul misuratore[61]
da adoperarsi ovunque si vorrà dare o ricevere una determinata quantità
d’acqua. Ma tutte queste operette rimangono ancora frai manoscritti.
Abbiamo sicura notizia, che già si sta preparando
una compita edizione di esse, e di quant’altro dell’istessa mano si trova
inedito[62].
Ce ne rallegriamo con noi medesimi, e ne avanziamo al pubblico le nostre
congratulazioni; ma non si deve intanto convenire, che una serie sì lunga di
così eccellenti lavori ci fanno vedere nel P. Beccaria uno di quei gran fisici,
che fanno onore al suo secolo e alla sua nazione? Che maraviglia è dunque, se
il suo nome fu in gran pregio non sol fra noi, ma per tutto altrove, oltre i
confini ancora del vecchio mondo? I più gran filosofi d’Europa e d’America
furono in corrispondenza di lettere col medesimo. L’Accademie di Bologna e di
Londra lo accolsero a gara nel loro seno; e Franklin, l’istesso Franklin lo
stimò, l’amò, l’onorò in diverse maniere, e a lui dedicò a preferenza il suo
elegante strumento, che in grazia della nostra favella chiamò l’Armonica[63].
Ma se la gloria del fisico e dell’elettricista fu
così grande, minore non fu già quella del professore. Regnava ancora in Turino
la fisica del Cartesio, quando fu chiamato il P. Beccaria: venn’egli, e seco
portò il Newtonianismo. Portò seco l’osservazione e l’esperienza, e rimossi gli
antichi sogni, e dissipate le vecchie tenebre, stabilì la vera filosofia. Le
sue Istituzioni di Fisica Sperimentale, che restano ancora inedite[64],
ma che scorrono ampiamente per tutti i regni della natura, i suoi discorsi, il
suo esempio, fecero questa fortunata rivoluzione, che nell’Università di Turino
formerà sempre un’epoca memorabile. Uscirono poscia da essa in gran numero in
ogni parte della scienza naturale chiarissimi allievi; ma questi sono il
maggior elogio del P. Beccaria. La nazione intera gli fa giustizia di questa
riforma. La Reale Accademia di pittura e scultura[65]
fondata da S. M. con regie patenti l’anno 1778. grata a questo merito, da cui
riceveva i suoi primi e più fondamentali soccorsi, l’ascrisse fra i suoi Membri
Onorarj, e il Re, che sovra ogni altro era soddisfatto dei servigi che con ciò
aveva prestati allo stato e alla sua gloria, l’onorò costantemente della sua
protezione, e lo rimunerò più volte con generose pensioni in aumento del primo
stipendio[66].
Contuttociò convien confessarlo, ad onta di tali
meriti e dell’alta riputazione, in cui visse, generalmente non fu amato né da’
suoi colleghi, né da’ suoi confratelli, né da’ suoi concittadini. Un esterno
ruvido ed aspro anzi che nò; un non voler superiore, né soffrir compagno nei
proprj studj, disgustò molti, a’ quali parve vedere in esso tale amor della
propria lode, che giungesse a gelosia dell’altrui. Ebbe sempre non per tanto grande
idea di Franklin e di alcuni altri suoi contemporanei, quantunque a lui emoli
nella gloria e nella dottrina, né lasciò di darne sovente illustri
testimonianze.
Ma già la vita del P. Beccaria si avvicinava al
suo termine. Fino dall’anno 1776. fu assalito da grave malore, i di cui
principj fu creduto doversi agl’incomodi sofferti nella misura del grado
terrestre. Bisognò venire al ferro e al fuoco, aspri soccorsi, che somministra
[1] Al secolo Francesco [nelle altre due edizioni questa nota è sostituita da un inciso nel testo].
[2] A Mondovì ebbero natali non pochi Scolopi.
[3] A partire da questo punto vi sono differenze sostanziali rispetto alle due redazioni molto posteriori, del 1789 (Elogi di Uomini Illustri) e del 1793 (Edizione di Macerata). Noi riporteremo l’edizione originale sia perché la più “fresca”, sia perché la meno reperibile. Non tralasceremo di fare cenno alle divergenze più essenziali. È evidente comunque che le integrazioni, le omissioni e i ritocchi sono della stessa mano e che l’autore doveva essere un confratello scolopio, forse il Patuzzi, come sostiene il Picanyol, o il Barletti o il Caetani, che studiò al Collegio scolopico Nazareno di Roma. Sono da rigettare le ipotesi più accreditate: Fabroni, Prospero Balbo (Tega) e Bianucci (Pace). È importante infine rilevare che Gherardi non conosceva la redazione originale, apparsa nel Giornale dei Letterati di Pisa del 1783, e che ha compulsato tra di loro solo le due citate redazioni posteriori. Le modifiche del Patuzzi forse sono dovute a rimpasti per evitare doppioni con il riassunto del Priestley offerto ai lettori immediatamente dopo.
[4] È la casa madre di Roma degli Scolopi, annessa alla omonima chiesa sulla “strada papale”, oggi corso Vittorio Emanuele.
[5] Questo collegio fu fondato nel 1747 e fino alla fine del secolo ebbe un ruolo importantissimo nella istruzione pubblica e gratuita. Era detto “Nuovo” in contrapposizione al Nazareno, collegio di élite e ancor oggi esistente, e “Calasanzio” in onore del fondatore delle Scuole Pie, contemporaneo, seguace e forse addirittura amico personale di Galileo. Di tale collegio rimane solo l’epigrafe sul portone d’ingresso in via Arco dei Ginnasi, nel centro di Roma, a Largo Argentina.
[6] Di F. Gaudio è abbastanza nota una sua perizia sulla portata idrica della Cascata delle Marmore.
[7] Nome italianizzato o storpiato di Osaki o Csek.
[8] Si ricordano i certamen, i contraddittori col celebre Jacquier, gli esperimenti con la macchina elettrica, le declamazioni in occasione di lauree. Si veda anche quello che è aggiunto nelle due edizioni posteriori.
[9] L. 1200. di stipendio, e l. 1400. di trattenimento [nota originale].
[10] Nelle rielaborazioni successive a questo punto viene premesso un ampio cenno ai molteplici interessi del Beccaria anche in altri campi delle scienze fisiche.
[11] Nel 1746, per opera indipendente di Musschenbroek e von Kleist, come è risaputo (vedi Fig. 8).
[12] Si tratta del celebre esperimento di Franklin ripetuto e verificato da Dalibard.
[13] Da questo inciso traspare l’invidia di cui Beccaria fu oggetto sia in vita che dopo morto.
[14] Questa succinta descrizione dei fenomeni elettrici oggi, dopo circa tre secoli di progresso, ci appare ingenua e primitiva. Non bisogna dimenticare però che ancor oggi molti segreti della natura ci sono velati.
[15] È evidente qui il riferimento alla suddivisione cardinale istituita da Beccaria tra elettricismo artificiale e naturale.
[16] Per meteore venivano intesi tutti i fenomeni meteorologici: temporali, grandini, venti, ecc.
[17] Inizia qui il breve riassunto del libro di Beccaria mantenuto nella redazione del 1789, ma omesso, come già rilevato dal Gherardi, in quella del 1793, il cui testo passa direttamente al periodo che inizia con “Il merito di questo primo lavoro…”.
[18] Qui finisce l’inciso di cui si è detto alla nota precedente.
[19] Sotto dì 29. Luglio 1755 [nota originale]. La lettera originale si può facilmente trovare in rete (ad esempio alla Yale University).
[20] Nel 1754. Paris chez Ganeau in 8. [nota originale].
[21] Data de’ 9. Novembre 1753. [nota originale].
[22] Tutto questo paragrafo è omesso nella redazione del 1793.
[23] Il paragrafo viene troncato qui nell’edizione maceratese.
[24] Questa è la fine della parte omessa nell’edizione maceratese. Forse perché Patuzzi ha ripreso e molto ampliato questi argomenti nelle “Aggiunte degli Editori” (vedi Indice-Sommario, p. 13).
[25] È l’eterno problema, che assillò tanti fisici, per esempio il Barletti che lo confessa in [Barletti 1776 b] e che forse continua ancor oggi ad abbagliare qualche fisico, della sensazione che l’elettricità positiva sia diversa qualitativamente, e non solo quantitativamente, da quella negativa.
[26] Nelle due edizioni successive c’è questa nota esplicativa: Nelle sue private e pubbliche esperienze soleva caricare un piccolo mortaio di cera con una goccia d’acqua, e postovi sopra un globetto di legno, nell’atto che si fa passar la scintilla per la goccia d’acqua, il globetto è scagliato alla distanza di alcuni piedi.
[27] Si tratta di [Beccaria 1769 b].
[28] A questo punto nelle due edizioni successive si trova un cenno alla magnifica traduzione inglese di tale capolavoro, cenno da cui traspare anche dell’amarezza per l’insensibilità mostrata dall’Italia.
[29] In particolare l’inserimento di ben 11 tavole fuori testo con accuratissime incisioni degli strumenti usati dal Beccaria nelle esperienze dettagliatamente descritte nel testo.
[30] Nelle edizioni successive segue a questo punto un trafiletto ancora più apologetico sul Beccaria.
[31] Mercure de France dediè au Roi par une Societè de gens de lettres; Juillet, seconde volume pag. 183. [nota originale, soppressa nell’edizione maceratese].
[32] Le lunghissime trasferte a cavallo, le notti passate all’addiaccio o in rifugi di fortuna per mirare le stelle furono la causa scatenante dell’atroce attacco di emorroidi che colpì il Beccaria negli ultimi anni della sua vita. Vedi [Vassalli Eandi 1816].
[33] Lettere d’un Italiano ad un Parigino intorno alle riflessioni del Sig. Cassini de Thury sul grado Torinese. Firenze 1777. [nota originale, soppressa nell’edizione maceratese].
[34] La prima al Sig. March. Di Carrone de’ 16. Maggio 1775. L’altre due al Sig. Cav. Pringle Presidente della Società Reale di Londra 14. Luglio, e 2. Agosto 1775. [nota originale, soppressa nell’edizione maceratese].
[35] Nelle riedizioni successive a questo punto è inserita una importante aggiunta.
[36] La guazza è una rugiada abbondante.
[37] Da questo punto, dove comincia la descrizione degli scritti minori e degli inediti, e fin quasi alla fine del testo, vi sono molti rimaneggiamenti e non è possibile rilevare dettagliatamente, come abbiamo fatto sinora, le differenze tra la redazione originale del 1783 di questo Elogio anonimo e le successive del 1789 e del 1793. Queste due peraltro, a meno delle piccole discrepanze puntigliosamente rilevate dal Gherardi, sono equivalenti.
[38] Nelle edizioni successive questa frase esclamativa diventa, stranamente, interrogativa.
[39] Al Sig. le Roy, V. Scelta di opusc. Turino 1776. vol. 2. [nota originale, soppressa nell’edizione maceratese].
[40] V. vol. 7. [nota originale, soppressa nell’edizione maceratese].
[41] V. vol. 9. [nota originale, soppressa nell’edizione maceratese].
[42] V. P. S. della lettera al Sig. Can. Fromond. 1779. opusc. Di Milano par. 6. [nota originale soppressa nell’edizione maceratese].
[43] Ibidem. [nota originale, soppressa nell’edizione maceratese].
[44] V. Opusc. di Milano Tom. 3. par. 3. 1780. [nota originale, soppressa nell’edizione maceratese].
[45] Al Sig. Conte Balbo. Turino 1780. [nota originale, soppressa nelle edizioni successive].
[46] Al Sig. Conte della Motta. Turino 1780. [nota originale, soppressa nelle edizioni successive].
[47] Al Sig. Conte di Brusisco. Turino 1781. [nota originale, soppressa nelle edizioni successive].
[48] V. Scelta d’Opuscoli Turino 1776. v. 2. [nota originale, soppressa nell’edizione maceratese].
[49] Opuscoli di Milano. Tom. 2. par. 6 1779. [nota originale, soppressa nell’edizione maceratese].
[50] Ibidem. Tom. 3. par. 4. [nota originale, soppressa nell’edizione maceratese].
[51] Ibidem. Par. 6. [nota originale, soppressa nell’edizione maceratese].
[52] Ibidem. Par. 3. [nota originale, soppressa nell’edizione maceratese].
[53] Anche da ciò si poteva arguire che difficilmente l’estensore dell’Elogio poteva essere Prospero Balbo.
[54] La razzaja dovrebbe essere una sorta di terreno inaridito.
[55] Histoire de l’Electricité Tom. 2., period. 10., pag. 181. [nota originale, soppressa nell’edizione maceratese].
[56] In rete si possono trovare varie edizioni di questo celeberrimo libro di Priestley.
[57]
Lettera de’ 29. Mag.
[58] 16. Agosto 1780. Opusc. di Milano Tomo 3. par. 4. [nota originale, soppressa nell’edizione maceratese].
[59] Ubi supra ecc. [nota originale, soppressa nell’edizione maceratese].
[60] Ibidem. [nota originale, soppressa nell’edizione maceratese].
[61] Un semplice sifone.
[62] Questa frase, preziosa per vari motivi, manca in entrambe le edizioni successive di questo Elogio anonimo. La prima considerazione è che il suo autore non può essere il Conte Prospero Balbo, in quanto era proprio questi che aveva preso l’impegno di pubblicare l’opera omnia del Beccaria. La seconda che si sono lasciate disperdere carte assolutamente preziose. Vedi in [Vendola 2000] notizie sul Fondo Patetta.
[63] In rete si trovano facilmente immagini e notizie su questo strumento inventato da Franklin.
[64] Circa quaranta anni fa, meritoriamente, è stato recuperato qualcosa. Vedi [Tega 1969].
[65] Fu un socio di tale Accademia, il conte Agostino Tana, a scrivere il primo, sia pure breve e apologetico, Elogio del Beccaria. Vedi [Tana 1781].
[66] A dì
5. Agosto 1774. R. Biglietto di pensione di l.
[67] Beccaria fu vergognosamente sepolto in
una fossa comune, senza l