3. Sulla eguaglianza di velocità che le correnti elettriche di varia tensione assumono nello stesso conduttore metallico[1]

 

Nel riferire le sperienze eseguite ultimamente in Inghilterra sulle diverse velocità di trasmissione de’ telegrafi elettrici i cui conduttori sono sospesi nell’aria o circondati di gutta percha e tuffati nell’acqua oppur sotterrati entro tubi di ferro o di piombo, accennai di passaggio la teorica dei Faraday sulla conducibilità; e dissi, che l’illustre scienziato inglese trovava una conferma di cotale sua teorica nella diminuzione di velocità che si manifesta ne’ telegrafi sotterranei o sottomarini per rispetto ai telegrafi aerei. Ecco in poche parole la sua argomentazione.

La conducibilità elettrica consiste in una serie d’induzioni molecolari propagate successivamente dall’una all’altra estremità del corpo. Ora, se l’induzione viene in parte sviata dalla sua direzione longitudinale e richiamata lateralmente, la tensione secondo il verso della propagazione diminuisce, e con essa la velocità del fluido lungo il conduttore.

Quest’intima connessione, ammessa dal Faraday, tra la tensione e la velocità del fluido elettrico non mi parve bastantemente giustificata da’ suoi magnifici esperimenti, e nel rispondere a questo gran fisico credei opportuno di accennare una esperienza atta a sciogliere direttamente la quistione. Poniamo, infatti, da banda qualunque considerazione relativa alle variazioni osservate ne’ conduttori telegrafici di diversa costruzione ed occupiamoci unicamente della trasmissione delle correnti elettriche più o meno intense entro lo stesso filo metallico.

Egli è noto che l’azione magnetica di tali correnti dipende ad un tempo e dalla quantità del fluido elettrico circolante e dalla sua tensione. Nelle correnti prodotte dall’elettromotore voltaico la quantità cresce coll’ampiezza degli elementi e la tensione col loro numero. Se fosse pertanto possibile di procurarsi due pile, l’una composta d’un gran numero di piccoli elementi, altra di pochi elementi a gran superficie, le cui correnti possedessero la medesima forza elettro-magnetica dopo di aver percorsa tutta 1’estensione d’una lunga linea telegrafica, si vedrebbe, dal confronto de’ tempi necessarii alle manifestazioni finali delle rispettive loro azioni sull’ago magnetico, se la tensione influisce, o no, sulla velocità del fluido elettrico.

Faraday promise d’interporre i suoi buoni uffizii presso la Compagnia Inglese de’ telegrafi elettrici onde si tentasse l’esperienza. La proposta, appoggiata da un tant’uomo, venne favorevolmente accolta; e dopo alcune settimane si diè mano all’opera[2] e mi si trasmisero le strisce contenenti i segni vergati dal telegrafo sotto l’azione successiva di varie correnti elettriche più o meno intense. Le due lettere che accompagnano questi documenti originali sono del tenore seguente.


Istituzione Reale 2 giugno 1854.

Mio caro Melloni

il signor Latimer Clark ha fatto l’esperimento da voi richiesto, ed esteso un ragguaglio dei risultamenti: vi mando il tutto qui unito. È assai difficile avere le linee totalmente libere durante un certo intervallo di tempo, sicché egli dovette aspettare le occasioni propizie ed operare a più riprese, come meglio poté, e senza la mia assistenza. Ma io credo ne rimarrete soddisfatto, giacché potete avere piena fiducia nell’esattezza delle sue osservazioni.

Tutto vostro affezionatissimo — M. Faraday.

 


Compagnia elettro-telegrafica (fondata nel 1846)

Uffizio degl’ingegneri, 488 West-Strand. Londra 31 maggio 1854.


Latimer Clark al professor Faraday.

Ho fatto alcune esperienze sulle velocità comparate delle correnti di varia intensità e vi accludo le strisce di carta che mostrano i risultamenti. Non mi riuscì di uguagliare le deviazioni del galvanometro prodotte dalle correnti più intense, le correnti, cioè, che derivano da un gran numero di piccole lamine, con quelle provenienti da poche lamine a gran superficie; imperocchè nessuna ampiezza poteva supplire alla mancanza di tensione. Alludo alla forma dell’esperienza suggerita da Melloni; ma credo che i risultati saranno tuttavia per lui interessanti.

Le sperienze furono eseguite sopra 768 miglia di filo metallico rivestito di gutta percha; sulla linea cioè che va da Londra a Manchester e ritorna qui due volte, colle nostre ordinarie batterie (elettromotori) di solfato di rame, di tre pollici quadrati, e con tensioni le quali variarono tra 31 coppie, e sedici volte circa questo numero, ossia 500 coppie.

Nelle prefate strisce la linea superiore, prodotta da un meccanismo locale, indica il principio dell’esperienza ed il tempo durante il quale la corrente era trasmessa.

La seconda linea (di punti) significa il tempo in minuti secondi, e proviene dallo scatto di una mollettina toccata da un pendolo ad ogni suo passaggio pel centro dell’arco d’oscillazione.

La terza linea mostra l’istante in cui la corrente apparisce all’estremità da noi detta capo lontano (distant end) della linea di 768 miglia di filo.

La quarta linea indica, finalmente, il residuo della scarica del capo vicino (near end) del filo, che ponevasi in comunicazione colla terra subito dopo il distacco delle batterie. Ciò non ha nessuna relazione col soggetto delle presenti nostre indagini.

Ora, si vede per mezzo della terza linea, che in tutt’i casi trascorsero due terzi circa di minuto secondo prima che l’azione divenisse apparente alla distanza di 768 miglia, indicando così una velocità di circa 1000 miglia per minuto secondo. Questa velocità è dunque sensibilmente uguale per qualunque tensione della corrente elettrica.

 

Siccome le strisce di cui è parola nella lettera dell’ingegner Clark presentano tutte le medesime apparenze, differendo unicamente nelle annotazioni che indicano il numero e le dimensioni delle coppie impiegate ed altre osservazioni secondarie, così pongo qui sotto il solo fac simile[3] delle due estreme, che sono per noi le più essenziali.

Fig. 1

 

Riferendomi al mio precedente articolo sulle trasmissioni elettro-telegrafiche, ricorderò in primo luogo che le linee continue sono prodotte da penne o stili di ferro adattati al telegrafo stampatore di Bain, il quale lascia un’impressione stabile sulla striscia di carta preparata chimicamente ed uniformemente mossa da un meccanismo d’orologeria. E farò poi osservare, quale novità importante, la traduzione del tempo in linguaggio grafico mediante l’ingegnoso congegno del Clark: così ognun vede a colpo d’occhio la frazione di minuto secondo trascorsa fra l’istante in cui la corrente penetra nel capo vicino e l’istante del suo arrivo al capo lontano.

Noterò finalmente come il genere de’ segni elettro-chimici adottato dall’ingegner Clark abbia felicemente resa inutile la precauzione ch’io credeva indispensabile per la riuscita dell’esperienza.

E veramente, egli è certo che la perturbazione dell’ago magnetico, la calamitazione del ferro dolce, l’attrazione delle spranghe che arrestano i movimenti delle ruote dentate o qualunque altra azione prodotta dal conflitto elettro-magnetico esige una certa quantità di forza, la quale può risultare, non solamente dal primo impeto di una corrente sufficientemente intensa, ma benanche dalla somma degl’impulsi successivi di una corrente alquanto più debole. Sicché poteva darsi benissimo il caso in cui gli effetti sensibili manifestati all’estremità della linea percorsa dalla corrente della pila di 31 coppie apparissero più tardi di quelli della pila di 500 coppie, senza che perciò se ne dovesse necessariamente arguire la maggior velocità di propagazione di quest’ultima corrente rispetto alla prima: ecco perché io consigliava di compensare coll’ampiezza della superficie l’inferiorità di forza elettro-magnetica dovuta al minor numero delle coppie. Ma nelle condizioni sperimentali adottate dal sig. Clark l’azion chimica della pila di 31 coppie, quantunque più debole di quella proveniente dalla pila di 500, è tuttavia bastantemente distinta, anche sul principio dell’azione, e giustifica pertanto la conclusione dedotta da questo valente ingegnere rispetto all’uguaglianza di velocità delle correnti elettriche di qualunque tensione.

Tra le strisce inviate se ne trova una sola dove la corrente d’un elettromotore di 64 coppie di 12 pollici quadrati di superficie (formato dalla riunione di quattro sezioni di 16 coppie ordinarie di 3 pollici) sembra essersi mossa un po’ più lentamente delle altre. Ma, siccome tutte le sperienze furono duplicate, e che nella compagna di questa non apparisce lo stesso ritardo, così l’anomalia deriva, secondo ogni probabilità, da qualche differenza accidentale, e deve quindi trascurarsi.

In alcune sperienze il sig. Clark trasmise la corrente per due galvanometri della Compagnia (non è detto la struttura e le dimensioni di cotali strumenti) prima d’introdurla nel conduttore, e non trovò nessuna differenza ne’ tempi della propagazione: ciò che doveva naturalmente aspettarsi, a cagione della debole resistenza de’ galvanometri rispetto alla linea telegrafica.

Da tutto ciò si rileva dunque, che allorquando l’elettrico allo stato di corrente possiede tanta forza che basti a vincere la somma delle resistenze oppostegli da un dato conduttore di qualunque lunghezza, l’aumento d’una tensione quindici o venti volte maggiore non altera punto la sua velocità di propagazione.

Questo fatto è in aperta contraddizione col significato generalmente attribuito alle denominazioni di quantità e tensione, stantechè colla prima si paragona la massa dell’elettricità a quella d’un fluido, e colla seconda figurasi la sua elasticità ossia tendenza al moto.

L’uguaglianza di velocità delle correnti di varia tensione offre, per lo contrario, un bellissimo argomento in favore dell’opinione di coloro, i quali suppongono le correnti elettriche analoghe alle vibrazioni dell’aria sotto l’azione de’ corpi sonori. E per vero, siccome i suoni più o men gravi ed acuti percorrono nell’aria lo stesso spazio nello stesso tempo qualunque siasi la lunghezza od intensità delle onde aeree formate dalle pulsazioni del corpo sonoro, così le vibrazioni più o men rapide e più o men vigorose che il fluido elettrico concepirebbe sotto l’azione degli elettromotori composti d’un numero più o men grande di coppie, si propagherebbero ne’ conduttori colla medesima celerità.

Ognun vede, pertanto, come le ipotesi da noi immaginate per render ragione de’ fenomeni naturali valgano talora a suggerire certe indagini sperimentali, donde risultano le dimostrazioni della loro validità od insufficienza.

Avrò presto l’occasione di esporre in questo giornale (*) altri fatti i quali dimostrano chiaramente, a mio credere, l’errore di alcune conseguenze ammesse finora intorno all’induzione elettrostatica e terminerò conchiudendo di bel nuovo, che la differenza di velocità osservata tra le correnti elettriche trasmesse dai conduttori isolati nell’aria o profondati nel suolo e circondati da un doppio strato di sostanze coibenti e deferenti proviene unicamente da un aumento di capacità. In altri termini: l’induzione laterale esige una certa proporzione di elettricità, ed il progresso della corrente nella direzione della lunghezza è tanto più ritardato, quanto è maggiore la quantità dell’agente necessaria alla produzione del fenomeno.

S’intende poi come dal fatto dell’uguaglianza di velocità di qualunque corrente nello stesso filo metallico ne risulti che le correnti elettriche di diversa tensione conservano ne’ conduttori sotterranei quei medesimi rapporti di quantità ch’esse posseggono ne’ conduttori sospesi nell’aria; imperocchè la porzione di elettricità sviata, sotto le stesse condizioni dinamiche, verso le pareti per virtù dell’induzione, essendovi trattenuta da una forza di reazione, deve necessariamente variare proporzionalmente all’intensità del fluido circolante.

 

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(*) Ciò viene riferito al giornale di Napoli (probabilmente Il Progresso delle scienze, delle lettere e delle arti – N. d. C.).

 

 



[1] Memoria letta da Melloni il 7 luglio 1854 alla Società Reale Borbonica, ma pubblicata nelle Memorie della stessa Società solo nel 1856. Apparve però in altre riviste scientifiche: Corrispondenza scientifica, n. 27-28, datata 15 luglio 1854, ma uscita con almeno un mese di ritardo perché contiene il necrologio di Melloni scritto dal Secchi (vedi qui a p. 40); Annali di scienze matematiche e fisiche, 1854, pp. 319-325; Archives des sciences physiques et naturelles, XXVII, 1854,  pp. 30-37.

 

[2] Vedi L. Clark, Propagation of the electric current in long submarine telegraph cables, London 1861. Una traduzione parziale in italiano nelle pagine web di A. Gaeta (FO 37).

 

[3] Nelle citate Memorie della Società Reale Borbonica questo grafico è leggermente diverso:

 

Fig. 2