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Osservazioni intorno agli effetti del fulmine sopra una villa dei dintorni di
Napoli[1]
Alcuni dei nostri colleghi avranno forse ancor
presente alla memoria lo scandalo scientifico che sembrò risultare, sarà circa
un quarto di secolo, dalla caduta del fulmine sulla torre del gran faro di
Genova. Questa torre, comechè munita di parafulmine, ebbe a soffrire non poche
lesioni; il muro fu diroccato in varie parti ed alcune porzioni della catena
metallica destinata a condurre l’elettrico nel suolo rimasero rotte,
schiantate, o fuse. I così detti uomini di pratica e d’azione, nemici naturali
delle scienze pure od applicate, e però sempre lieti di cogliere in fallo i
principii teorici e chi li professa, si prevalsero dell’occasione per
riprodurre l’antico tema dell’insufficienza delle regole che deduconsi dalle
sperienze di gabinetto quando vengono applicate ai fenomeni della natura, e
giunsero anzi, non solamente a negare l’efficacia de’ parafulmini, ma a
dichiarare questi congegni dannosi alla conservazione de’ monumenti.
Eppure il fluido elettrico avrebbe certamente
percorsa la via metallica senza dar luogo al benché minimo guasto, qualora si
fossero puntualmente eseguite le norme prescritte dalla scienza.
Tutto l’artifizio necessario per rendere innocua
la caduta della folgore consiste propriamente in un’asta metallica piantata sulla cima più alta dell’edifizio, che,
mediante una spranga o corda metallica munita d’appendici laterali che tocchino
le principali masse di metallo sparse pel fabbricato, trovisi in comunicazione
elettrica coll’interno del globo.
La torre del faro di Genova essendo destinata ad
indicare la posizione del porto alla massima distanza possibile, fu
giudiziosamente innalzata sur uno scoglio circostante, alto dugento palmi circa
sul livello del mare. Ora l’architetto incaricato di dirigere l’opera del
parafulmine, mosso probabilmente da qualche malagurata ragione economica, e
certamente ispirato da una scienza elettrica anche più gretta e infelice, si
contentò di porre l’estremità inferiore della catena metallica a contatto
coll’acqua d’una prossima cisterna, in vece di prolungarla, come dovevasi,
lungo la rupe e tuffarla nel mare. Ma se l’acqua è buon conduttore elettrico,
questa proprietà non giova, nel caso da noi considerato, se non se accoppiata
alla condizione di trovarsi, come dicemmo, elettricamente comunicante
coll’interno del globo; e l’involucro impermeabile della cisterna stabilisce
precisamente la condizione opposta d’isolamento elettrico; per modo che la
corrente d’elettricità, che invase il parafulmine del predetto faro, giunta
alla sottoposta massa d’acqua isolata, non potendo più proceder oltre e
diffondersi nel seno della terra, abbandonò il conduttore e cagionò i danni
pocanzi accennati.
Soggiugniamo però, che un esame minuto di tutti i
dati relativi a questo fatto non potè ricevere, in que’ tempi, una
illustrazione sufficientemente chiara e luminosa; sicchè gli animi di non poche
persone istruite conservarono qualche incertezza sulla loro vera cagione, e
quindi sui mezzi suggeriti dalla scienza per preservare gli edifizii dalle
devastazioni del fulmine.
L’Accademia intenderà chiaramente il perchè
abbiam creduto opportuno di rammentarle queste cose, quando l’avremo informata
delle varie circostanze che accompagnarono la recente caduta della folgore
sopra una villa de’ dintorni di Napoli; la qual villa, benché priva di
parafulmini, riprodusse, per la sua special costruzione, un caso analogo a
quello di Genova, ma con effetti sì semplici e decisivi da renderne, per così
dire, parlante la teorica a chiunque sia fornito delle cognizioni più
elementari di fisica.
Ma è necessario premetter prima alcune nozioni
sullo stato normale del fabbricato.
La villa, appartenente ai signori Leone, è
situata nel territorio di Portici e si compone essenzialmente di tre corpi di
fabbrica congiunti ad angolo retto, i quali comprendono tra di loro il cortile
aperto a ponente verso la campagna; mentre il lato opposto, che forma il corpo
principale, guarda a levante e corre lungo la strada comunale detta Danza. Per
un osservatore situato dirimpetto alla facciata, l’ala destra è quindi
settentrionale, la sinistra meridionale, e così le chiameremo per amor di
brevità. Il fabbricato, quasi totalmente coperto di tegole, si solleva
dappertutto alla medesima altezza, tranne una porzione dell’ala destra o
settentrionale munita d’un terrazzino scoperto e d’una torricciuola, il cui
cupolino domina di otto in dieci palmi il culmine de’ tetti circostanti. In
tempo di pioggia le acque che cadono sul battuto scendono, mediante un breve
tubo obliquo di zinco, entro un condotto verticale interamente formato con tubi
di argilla, traversano il cortile percorrendo una terza tubolatura sotterranea,
e si raccolgono nella cisterna, la quale trovasi quasi tutta coperta dall’ala
meridionale. Non dobbiamo finalmente omettere, per una piena intelligenza de’
fatti, che il condotto verticale d’argilla è incassato a metà circa della
parete interna dell’ala settentrionale, e ricoperto con un muricciuolo di
mattoni.
Ora la sera del dieci febbraio prossimo passato (1852) verso due ore di notte, il fulmine
percosse la sommità della torricciuola, saltò sul battuto, penetrò nel condotto
d’argilla e lo fece scoppiare da cima a fondo, cacciandone i frammenti per ogni
verso con una violenza pari, se non superiore, a quella proveniente dallo sparo
delle artiglierie. Tutte le invetriate delle finestre interne si ruppero; il
muro di faccia rimase profondamente intaccato e frastagliato: ma la prova più
manifesta della gran forza di projezione che possedevano i frantumi del
condotto all’istante dell’esplosione apparisce dai guasti prodotti sopra alcuni
mobili di una sala terrena a finestra chiusa con doppia imposta, vetri, e
persiana; dappoichè i frammenti del muricciuolo di mattoni e della sottoposta
tubolatura pertugiarono e persiana e vetri ed imposte, entrarono nella sala, lunga cinquanta e più palmi, e vi
spezzarono una seggiola posta nell’angolo più remoto del cortile.
Tutto ciò non è altro che una conseguenza diretta
delle proprietà più essenziali del fluido elettrico.
E veramente, quella forza espansiva che lascia di
sè una impressione sì viva e distinta su tutti coloro che s’accostarono una sol
volta al conduttore caricato della macchina elettrica, forza tendente a
scostare tra di loro le varie parti d’un corpo elettrizzato, manca del tutto
quando l’elettricità in vece di starsene quieta sui conduttori isolati, scorre
entro siffatti corpi posti in comunicazione intima coll’interno del globo
terrestre. Questa mancanza di espansione è assoluta, indipendente dalla
proporzione di fluido in moto, e si osserva quindi, tanto nelle correnti
elettriche artificiali prodotte dalle nostre macchine, quanto nelle quantità
immensamente più grandi di elettricismo che scendono dal cielo in tempo di
procella: ma sotto la condizione espressa che il torrente elettrico non venga
impedito, dalla presenza di materie isolanti, di comunicare liberamente col terreno
imbevuto d’acqua, o fortemente inumidito, che trovasi sempre, in qualunque
stagione dell’anno, ad una certa profondità sotto la superficie terrestre.
Imperocché, sì nell’uno che nell’altro caso, l’elettrico assumerebbe, più o
meno compiutamente, la forma statica ed acquisterebbe, pertanto, una porzione
più o men grande della predetta forza repellente o espansiva.
Se la casa dei sig. Leone fosse stata armata di
una comunicazione non interrotta di spranghe metalliche tra il suo punto
culminante e lo strato interno di terra perpetuamente bagnata, il fulmine
avrebbe certamente percorsa la via di metallo senza manifestare alcun fenomeno
di espansione e si sarebbe quindi perduto nelle viscere della terra senza
produrre il menomo sconcerto sul fabbricato. Ma questa via non v’era; e però
l’elettrico seguì l’acqua piovana, entrò con essa ne’ tubi, giunse nella
cisterna, e trovò intercettata, dall’impermeabilità dei muri, la sua libera
comunicazione coll’interno del globo. Allora il fluido dovette necessariamente
abbandonare lo stato dinamico, assumere la forza espansiva, comunicarla al
recipiente che lo conteneva, e produrre lo scoppio delle parti più deboli e la
ruina degli oggetti circostanti.
Tal’è, a nostro credere, la spiegazione,
semplicissima come ognun vede, de’ disastri prodotti dalla folgore nella villa
Leone; spiegazione che s’adatta al caso analogo della torre del faro di Genova
e, generalmente, agli effetti di vario genere provenienti dalla percossa del
fulmine sulle fabbriche prive di conduttori elettrici o munite di questi
congegni mal intesi o mal applicati. Soggiungiamo che alla forza espansiva del
fluido vengono talora ad unirsi altre forze dello stesso genere, come sarebbe,
a cagion d’esempio, l’accensione di materie combustibili o la vaporizzazione
dell’acqua recata istantaneamente ad una temperatura elevata: ma queste forze
sono accessorie ed esigono un concorso di circostanze particolari difficile a
prodursi. Quanto agli screpoli ed ai dirompimenti che appariscono d’ordinario
più profondi e più numerosi intorno ai chiodi, alle catene, ed altri pezzi
metallici incastrati nel muro, essi derivano evidentemente da una differenza
nel grado di forza esplosiva che assume l’elettrico passando da un corpo più
conduttore ad un altro che lo è meno, e viceversa. L’espansione della
elettricità ridotta alla forma statica, più o meno perfetta, per mancanza di
armature metalliche convenientemente disposte, espansione oltremodo violenta
attesa l’enorme quantità di fluido scagliato dalle nubi temporalesche, basta
dunque per dar ragione di tutti i fatti osservati.
Nel definire sommariamente i parafulmini sul
principio di questa nota abbiam detto, che il conduttore destinato a stabilire
una comunicazione elettrica continua tra il punto più elevato e l’interno del globo
deve esser munito di appendici laterali prolungate sino al contatto delle
principali masse metalliche sparse per l’edifizio. Queste appendici servono ad
impedire gli effetti nocivi di scotimento prodotti alle due opposte correnti
d’induzione che il rapido passaggio del fulmine ecciterebbe nel metallo
isolato, ma possono sopprimersi senza inconveniente, quando la massa metallica
sia di poco momento e di forma allungata e disposta in direzione normale per
riguardo all’andamento generale del conduttore. Notiamo intanto che nel caso
opposto le opere di metallo, essendo sempre più o meno innestate ne’ muri,
diventano vere escrescenze o dilatazioni del conduttore pervenuto allora
necessariamente a contatto intimo colle pareti dell’abitazione. Ma un secolo, circa,
di osservazioni comparate ha pienamente dimostrato che questo contatto non
nuoce punto alla difesa del fabbricato. Ognun vede pertanto la superfluità
delle materie isolanti, la cui interposizione tra i muri ed il conduttore è
tuttora creduta necessaria da molti costruttori di parafulmini.
Lo stesso dicasi delle punte di platino o delle
indorature che s’applicano ordinariamente all’estremità de’ parafulmini, le più
ovvie sperienze mostrando potersi ottenere la medesima azione col ferro. L’oro
ed il platino presentano, è vero, il vantaggio di resistere compiutamente
all’ossidazione, tanto facile a corrodere il ferro minuto esposto all’azione
dell’aria umida. Ma chi conosce la storia delle discussioni sollevate, nei
tempi di Franklino, intorno alla forma più conveniente da comunicarsi alle
sommità delle armature elettriche, sa perfettamente che rimase al tutto
indecisa la quistione se tali sommità dovevano essere acuminate o rotonde. E
noi crediamo poter francamente asserire che, tanto il paragone istituito sui
parafulmini armati o privi di punte, quanto il confronto sperimentale
effettuato intorno alle scariche elettriche, naturali o artificiali, conducono
definitivamente a considerare tale indecisione de’ fisici quale assoluta
indifferenza di fatto: sicchè, per preservare dall’ossidazione l’estremità
delle spranghe di ferro sollevate sui tetti, basta lasciarle alquanto smussate
e ricoprirle, come tutta la porzione libera del conduttore, con una o due mani
di vernice o di semplice pittura ad olio.
Dal complesso delle osservazioni precedenti
risulta chiaro e manifesto, che l’arte di preservare i fabbricati dai danni
della folgore è tanto semplice, da poter essere perfettamente intesa e
praticata da tutti. Riflettendo poi al basso prezzo del ferro ed alla inutilità
delle punte di platino, dei conduttori di rame, de’ sostegni di vetro, di
marmo, e di qualunque altra addizione di pretesa cautela o di puro ornamento,
sarà facile l’arguirne che quest’arte è anche poco costosa, e che il frutto del
piccol capitale necessario per armare un edilizio di parafulmini è certamente
inferiore d’assai alle tasse che le compagnie d’assicurazione esigono per
guarentire le proprietà contro gl’incendii.
La rarità de’ parafulmini nel Regno di Napoli
sembra derivare, non solamente dal timore de’ proprietarii d’impegnarsi in
troppa spesa, ma anche dalla pochissima fede che regna generalmente tra loro
intorno all’efficacia delle armature elettriche. L’errore delle massime donde
traggono origine questi sentimenti è troppo chiaramente provato dalla scienza
teorica e dalla scienza sperimentale. Ma a chi fosse tanto ostinato ne’ suoi
pregiudizii da chiuder gli occhi all’evidenza degli argomenti filosofici,
risponderemo con quell’unica maniera di dimostrazione capace di persuadere le
persone le più volgari ed ignoranti.
Negli Stati uniti d’America i parafulmini si
contano a migliaja, e trovansi, tanto sulle più sontuose abitazioni, quanto sui
più poveri tuguri. L’industre coltivatore delle campagne, l’ardito pioniere,
che precede, ai confini di quella potente confederazione, l’incivilimento delle
nazioni selvagge che la circondano tuttora da alcuni lati, non abbisognano di
architetti o d’ingegneri per difendere le modeste e comode loro capanne dalle
devastazioni della folgore; ma si procacciano, con poche monete, una data
quantità di grosso filo di ferro ed una spranga dello stesso metallo, fermano
saldamente la spranga sul punto più alto del tetto e, mediante il filo
metallico, la pongono in comunicazione col pozzo d’acqua sorgiva scavato per
l’uso della famiglia. I temporali sono frequenti nelle vaste regioni
dell’Unione Americana, e moltissime abitazioni armate, con sì tenue spesa, di
conduttori metallici, vengono percosse ogni anno dal fulmine. Ora, meno poche
eccezioni, prodotte da negligenze ben avverate di costruzione o di
manutenzione, il torrente elettrico colpisce sempre l’estremità della spranga,
segue il filo di ferro, e scende invariabilmente nel pozzo, lasciando
perfettamente intatte le parti tutte del fabbricato.