Onda o corpuscolo?
Ho tentato di scrivere qualcosa sulla teoria Quantistica, impresa non facile ad onor del vero, per la complessità dell’argomento.
Pertanto
queste pochissime righe non hanno assolutamente alcuna velleità di rigore
accademico per i limiti di questo giornalino e per quelli, ben maggiori, del
sottoscritto.
Inoltre
dovendo l’argomento essere alla portata di tutti ho cercato di usare una
terminologia accessibile, per cui chiedo scusa all’eventuale esperto, che potrebbe
inorridire per alcune asserzioni che a causa della brevità potrebbero sembrare
incerte, e che, peraltro, un esame dettagliato chiarirebbe certamente.
Mi
piace incominciare ricordando il vecchio dualismo: materia e forma, potenza e
atto, che ha assillato i pensatori da Talete ai nostri giorni. Adesso il
problema si pone in una veste moderna: si parla di materia ed energia,
corpuscolo ed onda. Sono questi due aspetti di una
stessa realtà che vanno sempre assieme eppure non si è riusciti a fissarli e
conoscerli in maniera inequivocabile.
Una
luce nuova su questo dilemma spuntò quando Planck scoprì che l’energia poteva
essere irradiata solo in quantità discrete, cioè finite, e non variabili con
continuità. In altre parole Planck prospettò delle “unità” di energia che lui
chiamò quanti.
Anzi per lui l’energia E può essere irradiata in quanti-tà hv (E = hv) dove h è la famosa costante di Plance e v la frequenza di emissione.
Questa
era un’ipotesi rivoluzionaria perché in netto contrasto con le
teorie classiche, secondo le quali tutte le azioni sono suscettibili di
variazione continua. La teoria classica non era più dunque applicabile, e si
giustificò la cosa dicendo che ciò che era valido nel mondo macroscopico non
poteva essere valido in quello microscopico, degli atomi.
Ma
Einstein si spinse più in là: pensò ai quanti non più come a qualcosa di
prettamente materiale, ma come a dei corpuscoli a cui erano
associate delle onde e che lui chiamò quanti di luce
o fotoni.
Egli
intravide la conciliazione tra onda e corpuscolo, energia e materia, ma
inseguiva un’onda e afferrava un corpuscolo, e viceversa.
Non
poteva localizzare l’uno senza che questi fosse già diventato l’altro. Il fotone
aveva quindi senso solo in movimento: era, come disse lui, un “disturbo non
localizzato”. Ma allora, come mai poteva avere massa?
Ed
ecco che concepisce le celebri equazioni di Einstein che esprimono il legame
analitico tra massa ed energia, e mostrano che la massa non è costante nel
tempo, ma varia in misura piccolissima.
La
teoria dei quanti è consacrata e non c’è più posto per le concezioni classiche
della materia.
Nella
fisica quantistica non ha senso chiedere la posizione né la velocità di una
particella in un dato istante, ma l’equazione del moto ci indica invece la probabilità
di trovare il fotone in un dato luogo e questa probabilità varia
ondulatoriamente nel senso che il corpuscolo si trova nel posto occupato dall’onda
ed ha tanta più probabilità di essere lì, quanto maggiore è l’ampiezza dell’onda
in quel punto.
Gli
iniziati in analisi infinitesimale esprimerebbero questo dicendo che l’indeterminazione
dell’onda tende all’infinito, quando quella del corpuscolo tende a zero.
È
nato così l’importantissimo concetto di onda di probabilità!
In
altre parole si è pervenuti ad una casualità, non metodologica,
cioè a cui si possono applicare le leggi della statistica, che risolverebbero
il problema, ma ad una casualità essenzialmente imprevedibile.
Ed
allora: cercavamo l’intima essenza dei fenomeni e perveniamo ad un’indeterminazione
ossia, giocando con le parole, per scoprire la causalità siamo
pervenuti alla casualità.
Restano
due possibilità: o si accettano le teorie classiche che ci permettono una
evidenza palmare dei fenomeni, oppure si deve rinunciare a tale evidenza sostituendo alla meccanica classica la matematica e solo con essa andare in cerca dell’intima
essenza delle cose.
Ma,
ammesso che la si trovi, quest’essenza, l’uomo sarà soddisfatto oppure vorrà
ancora sfidare la natura e ancora e ancora e ancora?
Io
penso che arriverà al punto di partenza perché ha osato troppo, ha cercato di
penetrare il mistero della sua stessa vita, che solo l’intelligenza Superiore
può immaginare e predisporre.