EDIPO AL MUSEO

 

Dall'Etruria, in particolare da Chiusi e da Vulci, provengono parecchi vasi con pitture relative al ciclo tebano, al quale appartiene il celebre mito di Edipo. E proprio da Vulci proviene il più celebre di tali dipinti, quell'Edipo e la Sfinge che è diventato l'emblema universale dell'enigmistica.

Ma quanti - anche tra i nipoti di Edipo - ne hanno ammirato l'originale o quanto meno lo hanno esaminato con attenzione?

Si tratta di una tazza o kylix attica a figure rosse del V sec. a.C. attribuita alla scuola del ceramografo Duride e custodita in Vaticano, nell'emiciclo inferiore del museo gregoriano etrusco (inventariata col n.16541). Malgrado alcune fratture, ha conservato intatta nei secoli la segreta suggestione.

Che essa raffiguri Edipo lo si inferisce dal nome, sia pure deformato, che si legge sul bordo esterno, OIDIPODES; mentre invece dalla bocca della Sfinge escono, come in un fumetto, le lettere KAITPI scritte a rovescio da destra a sinistra. Ricordando che la P maiuscola greca corrisponde alla R dell'alfabeto latino, è immediato risalire al secondo versetto del testo greco dell'enigma, che inizia appunto con kai tripon (si veda per esempio la hypothesis del grammatico Aristofane all'Edipo Re di Sofocle, ricordando però che la esegesi del testo dell'enigma è molto ardua e rileggendo quanto scrive in proposito Magopide nel Labirinto 9/82).

Esaminando ancora la pittura notiamo Edipo che, ignaro del fato che lo farà parricida, ostenta disinvoltura tenendo le gambe accavallate (e con in mezzo un bastone, evidente allusione ai tre piedi). La Sfinge da parte sua appare sorridente e maestosa su una forse troppo enfatizzata colonna ionica (anche qui c'è riferimento al piede-stallo?).

Fin qui le osservazioni oggettive; per parte mia posso aggiungere l'impressione che le parole KAI TRI possono essere circolarmente agganciate a un OIDIPODES che dilogisticamente può pensarsi OI-DIPODES, in maniera che la didascalia omogenea suoni: i bipedi e ...tripodi! Una gustosa satira sul famoso enigma dei piedi da parte di un Forattini d'annata.

Chi eventualmente veda in ciò dissacrazione, provi a dare uno sguardo nella parte esterna della kylix. Troverà delle farse grottesche con satiri e sileni, a conferma che anche nell'antichità il buon umore poteva sposarsi con le cose 'serie'.

Un'altra prova di ciò si può avere salendo all'emiciclo superiore dello stesso museo per osservare un'altra tazza attica a figure rosse della stessa epoca raffigurante uno strano omone zazzeruto, in pallio o calzamaglia, senza braccia, posto dinanzi ad una volpe che gesticola. L'opera (inventariata col n.16552) è di dubbia interpretazione, secondo il Becatti rappresenta la caricatura di Esopo e la volpe.

Le analogie con la pittura precedente a me paiono evidenti. Qui potrebbe essere preso in giro Edipo, nell'altra invece la Sfinge. Si pensi infatti che uno scoliasta racconta che Edipo non sconfisse solo la Sfinge, ma anche la volpe Taumessa; inoltre la forma dell'omone fa pensare a Edipo, il piede-gonfio. Certo sono ipotesi, ma è bello fantasticare dinanzi a questi misteriosi veicoli pubblicitari d'altri tempi, specie per noi che amiamo l'enigma e ne cerchiamo le radici.

A questo punto devo avvertire il lettore che volesse seguire l'itinerario descritto che la tazza con Edipo e la Sfinge si trova in prestito da circa un anno al Metropolitan Museum of Art di New York, ma dovrebbe rientrare in Italia dentro l'83. Potrebbe perciò fare un viaggio a vuoto, anche se ai musei vaticani non mancano certo cose da vedere. Per restare al nostro tema, potrebbe per esempio sorbirsi Sfingi di tutti i tipi e in tutte le salse, e potrebbe anche, prima di uscire dai musei, fare una capatina al gregoriano profano ad ammirare un coperchio di sarcofago del III sec. d.C. (inventario n.10408) che è l'unico che contiene la storia completa del mito di Edipo. Si tratta di 7 bassorilievi, tra i quali, oltre alla solita scena di Edipo e la Sfinge, colpisce quella del neonato Edipo abbandonato mostruosamente dal padre Laio nei boschi del Citerone, allattato da una capretta e poi salvato da un pastore.

Ser Dante