PO 25 – La trazione idrica (1.1.2011)

Gli storici della scienza Galluzzi e Maffioli, ai quali mi prendo la libertà di dedicare (e quindi legittimamente indirizzare) questa News, conoscono bene Raffaello Magiotti, scienziato dell’entourage galileiano romano (vedi PO 5) inventore del “diavoletto di Cartesio” (ludione) e molti altri “scherzi”. Per i profani basterà dire che a lui si deve la dimostrazione della “renitenza certissima dell’acqua alla compressione” (vedi su Google), cioè di quella magia o “virtù” per la quale una minima forza, impressa ad una massa d’acqua opportunamente intubata, o in un pozzo senza fine, si trasmette integralmente e istantaneamente anche al centro della terra o a distanza infinita.

L’acqua però, a ben riflettere, non solo non si può comprimere, ma non si può neanche “tendere” o, per meglio dire, non si può deformare né per compressione né per trazione. Questo in pratica significa che una massa d’acqua, in condizioni opportune, si può usare sia per comprimere (torchio idraulico) che per “tirare” altra acqua. Quest’ultimo principio di “traibilità idrica”, a prima vista forse ostico, non è altro che quello su cui funzionano i sifoni di cui ci siamo spesso occupati, sia nelle Caverni News che in queste Poleni News.

La forza peso si può equilibrare con la forza muscolare, e a volte, sfruttando una corda, una carrucola e il gioco delle leve del corpo umano, si può anche vincere, come lascia intuire il disegno, tratto dal testo del 1741 del Poleni sugli argani (purtroppo, ahimè, anche questo in latino!). Ebbene, con un tocco di bacchetta, come abbiamo recentemente visto nelle deliziose fiabe disneyane, la corda di canapa si può tramutare in una corda d’acqua e, voilà, ecco il sifone!

Dalla fantasia passiamo alla realtà: è fuor di dubbio che l’acqua aspirata in un tubo ha gli strati saldissimamente incollati l’un l’altro e che la fune idraulica non si può “allungare”. Ma c’è di più: questo fenomeno della “trazione idrica” non si manifesta solo nei tubi a tenuta stagna, ma anche, si badi, nei canali a pelo libero, perché in un fiume (a corso omogeneo) ogni strato verticale d’acqua, come rilevato da Beccaria o da Poleni (vedi Maffioli, p. 360, citato in PO 1), agisce non solo su quello che ha a valle (downstream), ma reagisce anche su quello immediatamente a monte (upstream).

D’altronde, da migliaia di anni i mugnai non hanno forse “tirato” l’acqua al proprio mulino?

 

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