ME 7 – Il bacio elettrico (14.1.2007)

 

Dal 1868 al 1869 nel Bullettino Telegrafico dell’Amministrazione postale italiana apparvero delle appendici con la traduzione dei capitoli di Telegrafia elettrica de Les merveilles de la science del celebre Figuier. Ne riporto un brano perché, come allora per gli impiegati postali così oggi per i lettori delle mie News, può risultare non solo di gradevole lettura, ma anche e soprattutto didattico circa i melloniani fenomeni di induzione (ritardo segnali, disturbi, ecc.) di cui ci occupiamo nelle nostre ricostruzioni storico-scientifiche (il libro è su Gallica, il passo è a p. 251-252).

“Il cavo atlantico è ben lungi, come ognun sa, dal trovarsi nelle condizioni d’un filo telegrafico aereo: non ha sostegni isolanti che lo sorreggano. Ben al contrario, esso è immerso in un mezzo eminentemente conduttore dell’elettricità, nell’acqua del mare che conduce perfettamente il fluido elettrico, come tutte le soluzioni saline. Il denso strato di gutta-percha che l’involge, per isolarlo da questo mezzo conduttore e prevenire il disperdimento dell’elettricità, non è dotato d’una proprietà assolutamente isolante; è infatti constatato che la gutta-percha lascia sfuggire più di un terzo dell’elettricità inviata nei conduttori che ella inviluppa. Onde emerge una prima causa di perdita o d’affievolimento della corrente elettrica.

Ma una seconda difficoltà, per la certezza della trasmissione, risulta dalla struttura e dalla composizione del cordone.

Un cavo sottomarino consta generalmente d’un filo di rame avvolto da uno strato di gutta-percha e da un altro di canapa; esso è infine accerchiato da un certo numero di fili di ferro che gli dànno sufficiente peso per soggiornare al fondo dell’acqua, e bastevole resistenza perché non si spezzi durante l’operazione della posa. Ora, quest’armatura esterna, questi fili di ferro rafforzanti l’involucro, producono un dannosissimo effetto al punto di vista fisico. Così ravvolto da una corda metallica, il cavo si trova nelle condizioni d’una vera bottiglia di Leyda.

Esso si compone infatti di due superficie metalliche, cioè: il filo di rame interno per cui passa la corrente elettrica, e i fili di ferro che compongono la sua armatura esterna; il tutto separato da una sostanza coibente, la gutta-percha. Epperò, nel mentre che il filo di rame interno è percorso da una corrente di elettricità positiva, per esempio, i fili di ferro esterni si caricano di elettricità negativa. La corrente d’elettricità positiva che traversa il filo scompone per influenza il fluido naturale dell’armatura metallica esterna: il fluido positivo ne è respinto e si perde nell’acqua del mare che gli offre un comodo passaggio, mentre il negativo vi resta allo stato di libertà.

Così si spiega, se l’aneddoto è vero, l’avventura di quell’amatore che, in presenza di Faraday, volle in un accesso di entusiasmo dar un bacio al telegrafo atlantico. Aveva egli appena posato le sue labbra all’estremità del cordone che, mettendo in comunicazione le due superficie differentemente elettrizzate, fu rovesciato da una vera commozione simile a quella che fa risentire la bottiglia di Leyda.

Checchè ne sia dell’autenticità dell’aneddoto, si capisce come la corrente inversa, che percorre i fili di ferro dell’armatura esterna del cordone atlantico, eserciti un’azione nociva sulla corrente principale che cammina pel filo interno: ritardi la sua corsa; la paralizzi, neutralizzandola”.

Tempo fa, convinto di aver visto da qualche parte, tra le mie carte o in rete, una incisione ottocentesca di questo famoso e, ripeto, “didatticobacio elettrico, e non riuscendola a ritrovare, chiesi aiuto agli amici radioamatori. Non seppero darmelo …ma almeno mi risposero! (Intelligenti pauca). Di conseguenza l’immagine di questa News è un mio “falso”.

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