ME 29 – L’esperimento di Guillemin (21.2.2007)

Se la fisica deve buona parte dei suoi progressi al concorso delle scienze matematiche, l’onore di aver fatto le prime e principali scoperte va di diritto all’esperienza”. Con queste parole, che io sottoscrivo in pieno, il già citato Guillemin (vedi ME 18) concluse la replica ai suoi detrattori, come il Marié-Davy e, soprattutto, il Gounelle, che lo accusavano di aver contestato la dottrina di Ohm (vedi Annales Télégraphiques 1863 e 1864).

Guillemin, ricercatore sperimentale, già dal 1849 – almeno dieci anni prima, si badi, che venissero i teorici, come ad esempio l’italiano F. Keller (vedi Annali di Matematica pura e applicata, 1859) – aveva studiato la “condensazione” elettrostatica e la corrente a filo interrotto (cioè la maxwelliana “corrente di spostamento”), in pratica la velocissima carica-scarica del condensatore, con un semplice e geniale dispositivo (vedi figura e schema elettrico), descritto nei Comptes Rendus dell’Accademia di Francia (1849, XXIX, p. 521).

Azionando il deviatore R, ossia girando velocemente il commutatore circolare costituito dalle due ruote R e R', con eguali numero di denti o meglio “piazzole” conduttrici sfalsate tra di loro in modo che le interruzione di una ruota si alternavano con quelle dell’altra, si ottenevano fino a 100 cariche e scariche al secondo del condensatore C e una corrente costante, apparentemente “continua”, erogata dalla pila P e rivelata dal galvanometro G.

Da questa ingegnosa esperienza Guillemin stabilì che il caucciù, pur isolando meglio, “condensa” meno della guttaperca e che l’esperimento riusciva anche sostituendo il filo di “ritorno” con la terra. Di conseguenza era inesatto dire che la corrente dopo aver attraversato il filo telegrafico è ricondotta alla pila per mezzo della terra agente da conduttore ordinario. La terra invece poteva fungere da “serbatoio comune” (vedi ME 23 e ME 26).

Con successive esperienze, sempre sperimentali e sempre geniali, Guillemin apportò altri decisivi contributi alla telegrafia (di cui è probabile sia stato defraudato): il numero massimo trasmissibile di segnali Morse (con un manipolatore automatico che lanciava sulla linea da Parigi a Nancy le parole statisticamente medie PARIS e FRANCE); il rapporto tra la durata e l’intervallo dei contatti; che la scarica completa della linea, contrariamente alla credenza generale, nuoceva alla rapidità della trasmissione, ecc.

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