Cristina Vallini – La scrittura

Momenti teorici e metodologici nel pensiero di De Saussure

 

Istituto Universitario Orientale, Napoli 1983

(Selezione antologica. Il numero rimanda alla pagina)

 

Ben più regolari e sistematici appaiono, d’altro canto, i richiami del Maestro ginevrino a “lasciare la lettera” per assumere come oggetto dello studio linguistico soltanto la lingua parlata: in tal senso i testi che stanno alla base del VI capitolo dell’“Introduzione”  sembrano potersi riassumere nell’invito rivolto ai linguisti ad un’attenta critica delle testimonianze della scrittura o, in senso ancor più generale,ad un apprezzamento del dato scritto che non vada oltre la sua funzione di documento, di strumento talora buono, ma più spesso cattivo e capace di tendere insidie e di suscitare errori. (23).

L’evolution fatale fa sì che l’istituzione semiologia sfugga ad ogni forma di controllo da parte dell’individuo e della società. Come principio generale questa legge (che Saussure riconosce come secondo carattere estrinseco) riguarda la lingua, la scrittura e gli altri sistemi di segni convenzionali: sul piano concreto essa viene esemplificata col ricorso al confronto fra l’evoluzione fonetica e lo scolorirsi delle bandierine utilizzate nelle segnalazioni marittime. (29).

Une différence entre l’écriture et l’orthographe c’est que cette dernière a un caractère officiel, est reconnue par l’usage commun ; l’étude de l’orthographe serait donc une étude sociale en même temps que sémiologique. (31).

L’orthographe, dans son sens usuel, est plutôt liée au mot qu’au son (manière juste d’écrire un mot) et l’on se démande non de son à son, mais de mot à mot comment il faut écrire. (37).

Nell’uso sociale dell’orthographe si determinano alcune esitazioni che di solito restano circoscritte al piano grafico: tali gli errori degli illetterati (orthographes fausses), o le varianti denominate graphies da Gaston Paris, tipiche di contesti culturali di scarsa tradizione grafica o di particolari periodi della storia ortografica (orthographes fluctuantes). (38).

Nous nous en tiendrons aux écritures phonétiques, et au système grec, que nous avons aujourd’hui, où l’on distingue éléments irréductibles du son. (41).

À tout son simple, un seul signe graphique, invariable pour le même son. Réciproquement, pas de signe simple valant deux sons consécutifs. Ce principe est nécessaire et suffisant pour une bonne écriture phonétique. (43).

La nozione di « tempo omogeneo » definisce l’identità fonica solo riguardo alla qualità, e non alla durata : l’homogénéité ne dèpend pas de la durée des sons en croches et doubles croches (crome e semicrome), mais il s’agit de savoir si l’impression acoustique est la même pendant toute la durée du son, et il faut introduire des notations différentes aussitôt que le son change. Les Grecs seuls ont trouvé cette notation véritablement géniale des temps homogènes. (44).

I brani che abbiamo citato rivelano già con sufficiente evidenza l’importanza attribuita da Saussure al principio del rispetto della successione lineare, della consécution dei suoni. Lo stesso valore può essere attribuito alla figura rappresentante una linea divisa in segmenti uguali, che Saussure utilizza a più riprese nei contesti in cui illustra la “scoperta” del tempo omogeneo da parte dei creatori dell’alfabeto, i Greci. Le unità grafiche, corrispondenti ai segmenti di questa linea, pur essendo entità visive traggono il loro carattere dalla dimensione del tempo che sono chiamate a rappresentare, e la loro identità emerge all’interno di una successione lineare: come i phonèmes, le lettere sono entità astratte finché non vengono considerate come gli chaînons di una catena.

Nella scrittura può essere riconosciuta la trasposizione spaziale della dimensione temporale del discorso: la linearità del significante fonico può essere misurata nella sua manifestazione grafica. È quanto si legge nel CLG in un luogo che risulta essere l’esplicitazione di un passo piuttosto ermetico della fonte. Ma in un altro luogo “autentico” troviamo un chiaro riferimento alla capacità di un testo scritto di rendere iconicamente la continuité du discours: si tratta di un brano del secondo corso nel quale si fa l’esempio di una iscrizione greca che, con la sua scriptio continua, fornisce del discorso un’immagine per così dire fotografica. (53).

Il carattere inanalizzabile del phonème è esplicitamente dichiarato da Saussure nei testi nei quali sia afferma che l’analyse acoustique permette di “distinguere” i suoni della catena parlata, ma non di descriverli; quest’ultima operazione è possibile solo con l’analisi articolatoria. Nel terzo corso questa inanalizzabilità è motivata con l’affermazione che l’impressione acustica non rientra nella fisiologia, in quanto fatto “psichico”. (57).

Saussure era particolarmente avverso ad una riforma ortografica (della lingua francese). A questo proposito è anzi da segnalare la presenza nei testi di esplicite dichiarazioni circa l’uso esclusivamente scientifico di una scrittura “fonetica”: nel terzo corso si evoca l’impression desolante che darebbe una pagina scritta con un’écriture phonétique rationnelle d’après un système comprenant toutes les langues. (67).

La Lautphysiologie, scienza non linguistica della parole, è la porta obbligata che permette l’accesso al dominio linguistico della phonétique, scienza della trasformazione dei suoni. (71).

In un gran numero di casi la scrittura arriva a velare quello che esiste nella lingua. Da ausiliaria per lo studio della lingua essa diviene un nemico. Il carattere particolarmente insidioso e ingannatore della scrittura per il linguista, consiste nel suo offrirsi a prima vista come una preziosa alleata grazie a due specifici tratti formali che si configurano senz’altro come vantaggi. Il primo è riscontrabile nel fatto che il testo scritto si presenta come già articolato, e grazie al suo carattere “visivo” rivela immediatamente le unità irriducibili. (…) Il secondo vantaggio, che deriva dal carattere tenacemente conservativo del significante grafico, consiste nel fatto che l’unità irriducibile appare facilmente riconoscibile anche attraverso il tempo; ma (…) i due “vantaggi” si risolvono di fatto in pericolosi trabocchetti per il linguista malaccorto. (74)

Il “velo” della scrittura è particolarmente fuorviante, giacché si presenta come un guscio, una struttura esterna che riproduce esattamente la forma di ciò che contiene, ma non lo è. Infatti, come afferma Saussure con un’espressione colorita, la scrittura non è una coquille, ma una guenille, che bisogna avere il coraggio di strappare via anche se le conseguenze potranno apparire immediatamente negative: quand on supprime l’écriture par la pensée, il arrive que celui à qui on a retiré cette image sensible et familière n’aperçoit plus au premier moment qu’une masse informe, qu’il ne sait comment aborder (Comme si on retire la cinture de liège à l’appenti nageur). Liberarsi della scrittura è però il primo ed inevitabile passo del linguista che voglia divenire un esperto “nuotatore”: l’abbandono della comoda cintura di salvataggio gli frutterà la possibilità di rendere omogeneo il dato di studio… (76).

La carenza di nozioni fonologiche è la causa, secondo Saussure, degli errori della prima linguistica che è rimasta totalmente impaniata nelle false realtà suggerite dalla grafia: lâcher la lettre c’était pour elle perdre pied, tandis que pour nous c’est prendre pied. (77).

Per essere linguisti non è necessario essere fonologi o fisiologi come Sweet, Bell e compagni; al contrario il risultato dei loro studi lascia insoddisfatti perché trascura le modalità di combinazione delle specie fonologiche così ben classificate: Cette classification infinie n’est pas aussi importante pour la linguistique que la synthèse des phonèmes en chaîne parlées et c’est cette synthèse qui a été le moins travaillée. (79).