DA 11 – L’altro voto (22.2.2013)

Mi sono occupato attivamente di politica, precisamente di politica scolastica, una sola volta, trent’anni fa, quando, col mio programma elettorale sintetizzato nel motto “Una scuola dal volto umano”, fui eletto “Collaboratore del Preside” (vedi RE 49). Mi lusingo di credere che i voti da me raccolti furono ben ponderati perché dati da colleghi che non solo conoscevano bene me e le mie idee, ma erano, per così dire, “professionisti del voto” perché per mestiere, come professori, erano abituati a dare il “vero” voto, cioè a giudicare, con le interrogazioni, la preparazione e la capacità dei singoli alunni.

Ora, forse per la mia deformazione professionale di insegnante, io posso e so dare solo giudizi di merito e quindi “non sono in grado” (come Lucio Battistivedi DA 7) di dare un voto consapevole e responsabile a politici-alunni che non conosco. È per questo che lascio in bianco il mio registro (vedi sopra), resistendo a fatica alla tentazione di inzepparlo di insufficienze e votacci.

Ma come, da due mesi siamo bombardati (televisioni generaliste, televisioni locali, comizi, stampa, manifesti, email, facebook, ecc.) da immagini e programmi di tutti i politici in lizza e io dico che non li conosco? Ebbene sì, non li conosco e, da buon siciliano, non mi fido di quello che vanno eternamente ripetendo, come i pappagalli o gli altoparlanti degli arrotini. Per dare il mio “voto” – o, se si vuole, “l’altro voto” – avrei bisogno di “interrogare” uno per uno i candidati e da poche battute capirei subito se e quanto sono “preparatiper l’alto compito che li aspetta e, soprattutto, se e quanto sono affidabili, cioè se dicono la verità o hanno imparato la lezione a memoria.

Ovviamente sarebbe impossibile improvvisare “professori” sessanta milioni di italiani e far loro esaminare decine di “allievi”, ma ciò è o sarebbe tecnicamente attuabile delegando questo compito ad alcuni giornalisti accreditati, preparati e super partes, come credo avvenga nelle nazioni veramente democratiche, come l’America. In Italia invece, in un clima elettorale che non è né sereno né gioioso (come dovrebbe essere), tutto ciò è delegato a giornalisti più o meno compiacenti o più o meno aggressivi, bravi solo a blandire o linciare il candidato di turno.

Infine, cosa essenzialissima, poiché dall’agone deve uscire un solo vincitore, per un giudizio il più equo possibile sarebbe necessario che i contendenti fossero messi “sotto torchio” in contemporanea, per modo che, anche al di là del video, ci si possa formare un giudizio scevro da oscillazioni contingenti e il più equo possibile. Ma, ahinoi, anche a questi “confronti” i nostri politicanti sembrano allergici.

 

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