75 – Il virus semantico

 

Già nella Lucidi News 44 mi ero occupato degli errori e pregiudizi che, appunto, “pregiudicano” le comunicazioni umane ben più dei disturbi puramente fisici dei “canali” di trasmissione. Sbrigativamente mi limitavo a dire che, così come questi si combattono con la “codificazione efficiente” di Shannon e della teoria dell’informazione, analogamente il rimedio alle “interferenze neuronali consiste nell’usare una codifica linguistica altrettanto “efficiente”. Cerco ora di approfondire il problema con l’aiuto del saussuriano “circuito della parola” (vedi schema) e con un esempio che avrà il doppio vantaggio di illustrare la teoria gettando luce anche su un fatto concreto che mi sta particolarmente a cuore.

Si tratta del colloquio Gaeta-Luccio cui accenno, in particolare, nella Lucidi News 86. L’argomento doveva vertere sul cronoscopio di Hipp, da tradurre in inglese, e sul Bitnick “incompreso”, in particolare negli aspetti psicologici, ma buona parte della conversazione riguardò, direttamente o indirettamente, consciamente o inconsciamente, quello che allora consideravo il “veto De Mauro” (vedi AG 13) e che oggi invece, più maturamente e di certo più scientificamente, definisco “disturbo De Mauro”.

La differenza di approccio è abissale perché l’ostinazione nella ricerca delle “responsabilità”, le mie pagelle “morali” o i tentativi per risalire a “focolai diffamatori” non potevano che portare al “nulla”, mentre invece la soluzione del problema sgorga spontanea, e quasi magicamente, vedendo e studiando il tutto alla Buccola, e cioè come nient’altro che un “fenomeno” naturale.

Prescindendo dalla sua genesi o da ogni sciagurato tentativo di interpretazione rimane il “fatto” riassunto nella News precedente, il quale fa allignare nella testa dell’interlocutore Gaeta un “disturbo De Mauro”. Ebbene, questo “virus” o “rumore semantico” infetta la conversazione e si trasmette, parassitariamente, all’interlocutore Luccio. Non solo, ma ogni comunicazione proveniente da Gaeta – nel canale fonico ma anche, si badi, in quello grafico – propaga poi questo virus sovrapposto o mimetizzato nelle parole, nelle “more” o nel “tono” generale del discorso. In altri termini Gaeta, più o meno consapevolmente, anche se non lo dice o non lo scrive, lascia “intendere” all’ascoltatore e ai lettori (ecco la strabiliante forza della scrittura!) qualche cosa sui suoi veri pensieri, il suo tarlo, la sua radicata convinzione circa il De Mauro. Chiaramente il Luccio e tutti gli altri interlocutori del Gaeta, pur supposti “ideali”, cioè “virus esenti”, rimangono impaniati nell’errore e “contagiati” dall’agente patogeno, che a loro volta, inevitabilmente, poi inietteranno anche ad altri.

Gradualmente (vedi Morse News 80, Morse News 95, Lucidi News 9, Lucidi News 35, ecc.) chi scrive è guarito dalla sua “iperestesia morale” e ora guarda le cose con distacco scientifico. L’Accademia non gli appare più “antropomorfizzata”, ma la vede per quello che realmente è: una gigantesca e disumana “macchina” burocratica, con le sue regole, le sue prassi, i suoi tempi. Le pubblicazioni che “produce”, lungi dall’essere eticamente finalizzate al progresso delle Scienze o cose simili, sono più prosaicamente funzionali alle carriere individuali. In tale contesto utilizzare i lavori di Gaeta – su Buccola o su Lucidi – sarebbe non tanto “compromettente”, ma solo inutile e faticoso! In definitiva bisogna “adeguarsi” e prendere atto che l’università italiana è permeata non tanto di “misteri” poco trasparenti, ma solo di evidentissime “contraddizioni” (Buccola docet). Soprattutto è necessario convincersi che è da folli voler cercare le “ragioni” di questo stato di cose, o peggio ancora tentare di moralizzare il “sistema”.

La saggezza invece, tornando al nostro esempio, consiste nell’eliminare la sorgente del rumore, il “virus psicologico”, o “disturbo immaginario” che dir si voglia, dal cervello del Gaeta. Così il “segnale” fonico o grafico immesso nel canale di comunicazione sarà mondato dalle interferenze nocive e giungerà efficacemente “desemantizzato” o “iposemizzato” nella testa del Luccio, o chi per lui. Sarà compito di chi “riceve” ridare autonomamente “significato” al segnale, interpretando e convertendo l’iposema nel sema, vale a dire “frenando” (in senso “frenologico”) il flusso laminare iposemico. Ora la comunicazione è linguisticamente e potenzialmente a posto in quanto “virus esente”, ma per essere efficace e perfetta occorre ovviamente che nel cervello del ricevente non preesistano o pervengano da altre vie disturbi di sorta. Solo in tal caso la comunicazione sarà veramente efficiente e il suo schema si completerà così:

P. S. – Ho scritto questa pagina seguendo il consiglio dell’amico Di Trocchio (vedi Buccola News 72). Più di questo non sono capace di fare, ma confido di aver dato spunti sufficienti per un articolo più sostanzioso, che potrebbe scrivere lo stesso Di Trocchio, eliminando eventualmente i riferimenti personali. Già in altre occasioni infatti l’esimio storico della scienza ha ottimamente saputo interpretare il mio pensiero (il Bitnick è basato su un sistema a “codifica implicita”; De Mauro per Gaeta è il “cardine occulto dello scarso interesse verso i suoi scritti”; ecc.).

Sempre a scanso di equivoci è bene ricapitolare il mio pensiero. Fino a qualche anno fa, anzi per essere un po’ più precisi, circa dal 2003 al 2004, ritenevo De Mauro un nemico che, col peso della sua autorità, aveva posto un tacito “veto” sul mio nome. Non lo scrivevo né lo dicevo, ma i miei scritti e le mie parole lo facevano intendere benissimo a causa, diciamo, di elementi linguistici “extrafunzionali”. Come risultato gli accademici leggevano i miei scritti, come minimo, con disagio, mentre i diretti interessati vi coglievano addirittura “insulti”. Oggi che ho finalmente capito, bene, come funziona l’apparato accademico italiano, ritengo l’atteggiamento del De Mauro perfettamente in linea con tale apparato e, per quanto riguarda il Bitnick, Buccola, Hipp, telelinguistica, ecc. un semplice “elemento di disturbo”, un intralcio diciamo “fisiologico”. È più che evidente, spero, che eliminare questo intralcio non significa che De Mauro deve togliere il disturbo, ma che gli accademici potenzialmente interessati alle mie cose, De Mauro eventualmente incluso, dopo averne preso atto, devono togliere il disturbo De Mauro.

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