59 – La penna Edison

   

Non è un ricalco, ma una riproduzione fedelissima, un fac-simile”. Così veniva pubblicizzata, verso la fine dell’800, la “penna elettrica” inventata da Edison (immagine a sinistra), il prototipo del ciclostile, con cui si potevano produrre migliaia di copie da un solo originale, manoscritto o disegno.

In un normale astuccio o portapenna c’era un sottilissimo ago di acciaio che, grazie ad un eccentrico collegato ad un minuscolo motore elettrico sulla sommità della penna, oscillava con “rapidità meravigliosa” (circa 100 Hz) producendo una fitta serie di buchi su un adatto foglio di carta o cartoncino (matrice). Nella News successiva vedremo degli esempi di questa particolare scrittura, e soprattutto la sua importanza in psicologia sperimentale; qui basterà dire che le copie si ottenevano, una alla volta, mettendo la matrice o “foglio traforato a giorno” sopra un normale foglio bianco e passandovi sopra un rullo inchiostrato.

Malgrado le copie fossero perfette la penna elettrica non ebbe molto successo per il prezzo eccessivo, per l’elevato consumo di pile (richiedeva grande forza motrice) e soprattutto per il peso (120 grammi) e il tremito che “snervava” e affaticava la mano.

A quest’ultimo inconveniente si cercò di porre rimedio con un altro “foracarta”, un “moltigrafo” non più elettromeccanico ma solo elettrico. Con un rocchetto di Ruhmkorff  si applicavano impulsi di tensione (di migliaia di volt) tra uno scrittoio di materiale conduttore e una leggerissima “matita voltaica” (immagine a destra). Interponendo un sottile foglio di carta questo veniva forato ogni volta che scoccava una scintilla.

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