41 – La fisiologia dei tedeschi

 

Il professor F. Gaule di Zurigo, in un suo scritto del 1891 sulla Fisiologia come scienza educativa, faceva notare come si possa avere una dimostrazione della maggiore rapidità dei riflessi nei popoli più a lungo inciviliti osservando gli aggregati umani, le folle. Tutti gli stranieri, egli dice, si lamentano di noi tedeschi  e vantano il contegno del popolo latino che anche nella ressa più fitta non urta mai nessuno.

Il popolo tedesco invece non vi cansa, non perché non voglia, ma perché non può: i suoi nervi non lavorano abbastanza rapidamente per sentir tosto gli ostacoli che gli si fanno improvvisamente innanzi, per poter dare un comando pronto e acconcio ai muscoli: non può cambiare con lestezza la direzione, cosa che invece riesce facile al latino.

Le grandi città tedesche colla loro folla sono un prodotto dei tempi moderni; da poco il popolo viene giù dalle montagne e dalle colline lontane, ove la turba non è stretta e pigiata in piccolo spazio.

Il latino invece ereditò una cultura che fiorisce da migliaia di anni, sviluppatasi nelle città; da secoli è assueto alla vita delle piazze, dei Fôri; possiede i nervi dei suoi progenitori ed è adatto a rapidi cambiamenti, perché il suo tessuto nervoso lavora da più tempo e più presto.

La stessa causa fisiologica contribuisce al fenomeno – già da altri messo in luce – che alcuni mestieri, o professioni o virtuosità meccaniche, legate a celerità e rapidità di una serie di movimenti riflessi, ad esempio la danza, la scherma, la trattazione del violino, il canto, ecc. hanno in genere i latini tra i più celebri campioni.

Il parlare – intendo l’atto, per così dire esteriore, dell’incatenamento delle sillabe, non la formulazione del pensiero – è una successione di movimenti riflessi secondari, ai quali presiedono centri nervosi collocati più in basso della corteccia cerebrale. Perché difficilmente tra i nordici si rinviene la vertiginosa rapidità di loquela dei meridionali? Perché non fu tedesco Bernardino Grimaldi che, stando ai conti del senatore Mariotti, pronunciava la bellezza di 193 parole al minuto, il che approssimativamente dà 386 sillabe corrispondenti ad altrettanti atti muscolari?...

 

Questa pagina di M. L. Patrizi, La fisiologia del XIX secolo e la misura del pensiero, Modena, 1901 riprende uno dei temi della celeberrima opera di A. Mosso, La Fatica, dal 1891 ad oggi continuamente ristampata e tradotta in molte lingue (vedi frontespizio). L’ho riportata perché credo possa spiegare, almeno in parte, l’adozione dei silenziosi tasti tedeschi coi finecorsa “ammortizzati” (vedi Morse News 123) e, più in generale, perché può portare un altro po’ di luce sulla discriminazione dei movimenti discontinui o scanditi da quelli continui o indugiati (vedi Buccola News 25). Con l’ovvia riserva che la parola definitiva sul problema può venire solo da  accuratissime verifiche sperimentali di manipolazione o “articolazione” Morse.

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