2 - Una tastiera immaginaria

 

Verso il 1950 era in vendita a Livorno, alla Casa Musicale Pietro Napoli, la “tastiera rigida portatile Lojero” che consentiva una preparazione tecnica e artistica per suonare il pianoforte a poco prezzo e “in qualsiasi ora e in qualsiasi ambiente senza arrecare disturbo ad alcuno”.

Aveva la stessa configurazione della normale tastiera di 88 note, solo che era costituita da una tavola di legno di 123 x 19 cm, dello spessore di 2 cm, su cui era incollata una sottile lastra di galatite (color latte) con i 52 tasti bianchi semplicemente segnati e i 36 tasti neri (di ebano) incollati al loro posto. Era facilmente portatile perché si poteva smontare in tre pezzi, del peso complessivo di 2,5 kg.

Il concertista e lo studioso che preparano pezzi nuovi alla tastiera Lojero possono sedere sicuri al pianoforte, padroni delle più ardue esigenze e garantiti dal controllo di ogni particolare interessante la tecnica, i suoni, il tocco e l’interpretazione. I vantaggi sono:

1)    scioglimento rapido dei fasci muscolari, per imprimere alle dita ogni singola indipendenza;

2)    facile dominio sopra tutte le tastiere, con precisione della sicurezza dei suoni e di esecuzione dei pezzi musicali:

3)    legatura polifonica dei suoni, sensibilità per una estesa gradazione di tocco e per le sfumature ed i coloriti.”

L’inventore, il colonnello Giuseppe Lojero, che l’aveva ideata dopo aver dormito nei giacigli di fortuna dei campi di prigionia dell’India, sostiene che “le mani del pianista esercitate sulla tastiera molleggiata non conquisteranno in pieno la padronanza di dominare - senza sforzo dei muscoli e senza danno per la delicatezza del tocco e la nitidezza dei suoni - tutte le tastiere dei vari strumenti di fronte ai quali siederanno.  Le mani del pianista esercitate con continuità sulla tastiera a sistema rigido, viceversa, avranno il dominio assoluto, con azioni muscolari che sfuggono all’occhio attento di chi segue con lo sguardo le mani stesse, su qualsiasi tipo di tastiera provvista di congegni a molla”.

L’interessantissimo opuscolo del Lojero (scovato anni fa al Conservatorio S. Cecilia di Roma) continua dicendo che lo scopo della tastiera rigida e muta è quello di “abituare le dita a dare ai tasti l’esatto impulso” ed “imprimere alle dita la giusta dose muscolare da scaricare sui tasti sì che da un preciso impulso delle dita si ottengano suoni pure precisi”, al fine di fornire un’agilità virtuosistica a pianisti, organisti e fisarmonicisti (in questo caso per la sola mano destra).

Questa forza muscolare non è a detrimento del bel suono, ma è “un’energia invisibile e potente, quasi magica, come quella di una corrente elettrica, che permette alle mani di scorrere sui tasti con estrema leggerezza e di realizzare, con movimenti naturali e sicuri delle dita, suoni selezionati, dolci, tenui e possenti”.

“Dai lunghi esperimenti effettuati si è riscontrato che un pezzo eseguito bene sulla tastiera Lojero, ripetuto poi sul pianoforte è apparso perfetto. La spiegazione del fenomeno è data dal fatto che studiando i pezzi sul pianoforte, anche se l’impulso di un dito (il quarto, per esempio) è difettoso, una nota giunge comunque all’orecchio! Sarà una nota certamente difettosa e diversa, per volume di suono, dalle altre. Ma se l’impulso del dito scaricato sul tasto rigido sarà altrettanto difettoso, il difetto si rileverà istintivamente ed immediatamente e verrà così corretto fino a far percepire dall’orecchio lo stesso battito preciso degli altri tasti. Sì, le dita che scaricano l’impulso sui tasti rigidi provocano dei colpettini che uniti poi tra di loro secondo il singolo valore indicato dalle note musicali, dalle pause, dalle legature, ecc. e mosse mutando i tempi ed i ritmi determinano i veri motivi e gli accordi esatti delle composizioni musicali”.

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